Possiamo dirlo senza timore di smentita: la morte di Silvio Berlusconi, lasciando da parte tutti i giudizi politici del caso, segna la fine di un ventennio irripetibile per la cultura pop nostrana.
Mai si era vista, alle nostre latitudini, una personalità talmente magnetica, naturalmente invadente ed egemone da riuscire a plasmare nel profondo l’intero novero delle prassi e delle consuetidini sociali. Prima di Berlusconi comunicavamo in maniera diversa, guardavamo il calcio in maniera diversa, ci informavamo in maniera diversa, ci concentravamo su consumi culturali diversi, partecipavamo alla politica e alla vita civile in maniera diversa, eravamo cittadini e cittadine diversi.
L’impatto di quel terremoto giudiziario e mediatico chiamato Tangentopoli ci ha lasciato in dote questo imprenditore pronto a diffondere il verbo della Milano pragmatica, quella che bada al sodo, a un’intera nazione, importando nel contesto nostrano l’archetipo narrativo del Self Made Man, l’uomo forte che come i padri pellegrini partendo dal basso raggiunge il successo, la ricchezza e la celebrità da solo, contando unicamente sulle proprie forze. Nel corso degli anni, il Cavaliere si è consacrato come vero e proprio fenomeno di costume: la sua figura è stata rivisitata molto spesso nella cultura di massa da registi, cantanti, fumettisti, scrittori e comici.
Se Berlusconi è diventato un’icona pop è stato soprattutto grazie alla sua capacità di anticipare le tendenze: è stato l’antesignano di un populismo recente – il primo in assoluto fu Mussolini – fondato sull’intreccio spudorato tra politica e comunicazione; è stato l’imprenditore capace di raggiungere la guida del governo di un Paese occidentale vent’anni prima di Trump, maestro assoluto nell’arte di sedurre e rassicurare le folle con formule semplici, contenuti accondiscendenti e azioni pervasive. Un’analisi del berlusconismo come congiuntura psichica capace di mutare i convincimenti di un’intera nazione richiederebbe anni di dibattito e un intero team di ricerca dedicato: è difficile separare il politico dall’imprenditore, il cristallizzatore di nuove tendenze dal prodigio comunicativo, l’uomo detestato da una parte di Paese e idolatrato a livello di fanatismo religiosa dall’altra. Per rendersi conto di come il fenomeno Berlusconi travalichi ampiamente lo spazio del politico, basta sbirciare il titolo che il New York Times ha scelto per tributare il Cavaliere con l’ultimo saluto: Silvio Berlusconi, Showman Who Upended Italian Politics and Culture, Dies at 86.
Ripercorriamo, quindi, i momenti che hanno contrassegnato le sue tre anime: quella più scanzonata e popolare, quella “di lotta” e quella “di governo”.
La discesa in campo
Non potevamo che iniziare dal momento simbolicamente più rilevante, per distacco l’istantanea più celebre del Berlusconi: la discesa in campo, l’atto di fondazione del mito. Una sequenza che, ormai, potremmo ripetere a memoria, un po’ come si fa con le litanie, e abbiamo ben chiari anche gli elementi scenografici, dalla vista sulla libreria (sì vent’anni prima dell’emorragia da call pandemica) all’immancabile foglio di carta a corredo dell’esposizione. Era il 26 gennaio del 1994: a partire da quel momento, grazie all’uso di un linguaggio figurato e diretto, con riferimenti al mondo del calcio o della guerra, è cambiata non solo la comunicazione politica.
Il contratto con gli italiani
Nel 1999, Berlusconi prepara il terreno per il suo ritorno al governo. I numeri sono dalla sua parte: alle elezioni europee Forza Italia sfiora il 30% e stravince anche alle Regionali. Comincia così la campagna elettorale per le politiche del 2001, caratterizzata per Berlusconi dallo slogan “meno tasse per tutti”. Il Cavaliere ricuce con la Lega e consolida l’alleanza con Fini fino alla nascita della Casa delle Libertà. Martedì 8 maggio, a pochi giorni dalle elezioni, a Porta a Porta il candidato premier del centrodestra sottoscrive un “contratto con gli italiani” in 5 punti, tra i quali il taglio delle tasse e la creazione di un milione e mezzo di nuovi posti di lavoro. Un coup de théâtre che, ai tempi, sembrava una novità assoluta, ma che in realtà Berlusconi aveva semplicemente importato dagli states: la reference, infatti, era il Contratto con l’America del 1994 di Newt Gingrich, che portò alla Rivoluzione Repubblicana alle elezioni di midterm di quell’anno.
L'acquisto del Milan
L’altra abilità innata di Berlusconi è stata quella di cavalcare passioni nazionalpopolari e viscerali: da questo punto di vista, l’acquisto del Milan nel 1986 rappresenta l’esempio più riuscito. L’acquisizione del club, rilevato da un indebitato Giussy Farina, peraltro non fu affatto un corollario rispetto alla rivoluzione messa in atto nel sistema televisivo dal Cavaliere, che intuì prima degli altri quanto potesse essere redditizia la sinergia tra calcio e tv grazie all’innesco delle réclame – già nel 1980, infatti, aveva comprato i diritti del Mundialito, competizione per Nazionali disputata a Montevideo per celebrare il cinquantenario della Coppa del 1930. Così, da affermato imprenditore , “Sua Emittenza” acquistò il Milan per renderlo «la squadra più forte del mondo», come ripeteva agli attoniti giocatori, da Franco Baresi in giù, che fin lì avevano vissuto salvezze affannose o al massimo la Coppa Uefa. Invece andò come profetizzava Silvio, le cui intuizioni calcistiche furono formidabili. I risultati li conosciamo: otto scudetti tra il 1987 e il 2011, cinque Champions League, una coppa Italia, sei supercoppe italiane, due coppe intercontinentali e una coppa del mondo per club.
Le barzellette
L’ampio campionario di barzellette lasciatoci in eredità da Berlusconi meriterebbe un capitolo a parte. Sono state recepite in maniera diversissima dall’opinione pubblica: da un lato, c’era chi le apprezzava per il dono di restituire un’immagine ultraterrena del leader maximo; dall’altra c’era chi si indignava, concependole come dimostrazioni di maschilismo e pressapochismo. Lui si è sempre difeso spiegando che, dal suo punto di vista, raccontare una barzelletta fosse un canale di comunicazione perfetto per entrare in sintonia con le masse (dategli torto, se ci riuscite).
L'amicizia con Putin
Cosa hanno in comune un ex agente del Kgb nato a Leningrado e un imprenditore brianzolo amante della bella vita? Goethe coniò il concetto di «affinità elettive» partendo da una questione chimica, ovvero dalla tendenza di alcuni elementi a legarsi ad alcune sostanze e non ad altre. Per le persone vale la stessa cosa: tutti conosciamo coppie solidissime composte da persone all’apparenza molto diverse tra di loro. Non si sa mai bene perché, ma certe cose funzionano a prescindere da tutto il resto, semplicemente a volte la vita va così. Silvio Berlusconi e Vladimir Putin, è evidente da un ventennio, si sono piaciuti moltissimo e questo, più che dalle dichiarazioni incrociate che si sono susseguite nel tempo, si capisce benissimo dagli sguardi immortalati nelle centinaia di foto scattate alla coppia. Gli sguardi sono quelli degli innamorati immersi in un qualcosa che va oltre la politica e, forse, anche oltre l’umana comprensione. Di momenti da citare ce ne sarebbero tanti (dei più significativi avevamo scritto qui), ma come dimenticare quella volta in cui il leader del Cremlino suggerì che Berlusconi fosse perseguitato in quanto non omosessuale?
La sedia di Travaglio
Forse il momento più celebre del Berlusconi “di lotta”, famosissimo anche in quanto canto del cigno del momento in cui la televisione ha contato di più nel Paese che guarda più televisione al mondo. La dinamica, ormai, la conosciamo: dopo una furibonda lite verbale con Michele Santoro, il Cavaliere che fa cenno a Marco Travaglio di alzarsi dal suo posto. Prima con il discorso incriminato, che stringe tra le mani, e poi con il fazzoletto, il Cavaliere pulisce la postazione su cui era accomodato il giornalista che più di ogni altro ha rappresentato la sua antitesi.
Il matrimonio con Marta Fascina e l'amore che vince su tutto
«Il nostro amore non ha bisogno di essere formalizzato». Sembra passata un’eternità da quando Silvio Berlusconi pronunciò queste parole, quasi a voler fugare ogni dietrologia relativa a un suo possibile matrimonio con Marta Fascina, la sua attuale compagna. Le condizioni di salute del premier sembravano aver riposto ogni disio di “E vissero per sempre felici contenti” nell’armadio e, insomma, quel matrimonio non si aveva proprio da fare. E invece no; proprio come nel discusso finale di Interstellar, alla fine l’amore ha vinto su tutto, anche sulla scienza e sulla finitezza tipica della nostra specie. L’anno scorso, a Lesmo, nella suggestiva location di Villa Gernetto, è stato celebrato un matrimonio “simbolico” per suggellare la corrispondenza d’amorosi sensi che lega la deputata 34enne calabrese e l’ex presidente del Consiglio. Gli anni passavano, le maggioranze cambiavano, ma per Berlusconi la vita ha continuato a rappresentare, prima di ogni altra cosa, un tempo delle mele senza soluzione di continuità.
Le canzoni con Apicella
Come non citare il sodalizio che ha legato il Cavaliere a Mariano Apicella, il suo chansonnier personale? Nell’elenco delle tante attività svolte nella sua vita da Silvio Berlusconi, c’è anche l’attività da paroliere. Amante della musica, per il suo musicista e amico ha scritto i testi (rigorosamente) in napoletano di alcune canzoni, poi raccolte in un CD della SAIFAM nel 2006.
Le gaffe
Le raccolte di gaffe berlusconiane che tutti i quotidiani italiani stanno rilanciando senza sosta rappresentano, ormai, un genere giornalistico a parte. Potremmo citarne parecchie (il Time in tempi non sospetti ha pubblicato una classifica), ma per semplicità di analisi ci limitiamo alla sua particolare descrizione di Barack Obama, primo presidente afroamericano nella storia degli Stati Uniti ma soprattutto leader «Giovane, bello e abbronzato».
Il buon senso sui vaccini
Durante la pandemia, in un momento in cui l’opposizione cavalcava l’onda lunga dello scetticismo vaccinale, Berlusconi decise di distaccarsi e di sposare la linea del buon senso: vedere il video della sua terza dose per credere.
I vaccini sono lo strumento che abbiamo per sconfiggere il Covid e limitare i suoi effetti sulla salute e sull’economia. Dobbiamo evitare nuovi lutti e lockdown. Tocca a voi: chi non si è ancora vaccinato lo faccia senza al più presto, chi può farlo si prenoti per la terza dose. pic.twitter.com/ADbwDGsCTM
— Silvio Berlusconi (@berlusconi) November 20, 2021
Le canzoni con Confalonieri sulle navi da crociera
Nella sconfinata aneddotica berlusconiana, l’esperienza da animatore sulle navi da crociera in compagnia dell’amico Felice Confalonieri occupa un posto di assoluto rilievo: l’ex premier ha citato questa esperienza di gioventù in più occasioni. Mimmo Calopresti, regista passato dalla militanza in Lotta Continua («Una banda di stronzi che mi faceva perdere solo tempo») al cinema d’autore, ha raccontato questa epopea in maniera un po’ più estesa: «Berlusconi è un uomo di teatro, non riconoscergli un’eccezionalità storica è un errore. Ho conosciuto molto bene e amato alla follia De André che con Berlusconi, Paolo Villaggio e Fedele Confalonieri aveva condiviso l’esperienza sulle navi fa crociera. Secondo Fabrizio, Berlusconi era un animatore straordinario. Travolgeva i vecchietti, faceva casino, coinvolgeva chiunque». Poi un giorno, stando al racconto di De André, il futuro fondatore di Fininvest decide di dare una svolta a quella brigata di chansonnier e artisti da crociera. Calopresti la riassume così: «Un giorno Berlusconi si ruppe i coglioni e riunì il gruppo: Ragazzi, Fabrizio, da oggi per me basta navi, basta serate e basta viaggi. Avete bisogno di qualcuno che vi organizzi la vita. Vi farò da manager. In poco tempo, mi raccontò De André, iniziarono a guadagnare il doppio».