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Come gli orsi sono diventati i nuovi nemici della Nazione

L'ha detto anche la madre di Andrea Papi, il ragazzo ucciso dall'orsa JJ4 in Trentino: «Non è colpa dell'orsa né di mio figlio». E invece, nella lunga lista di nemici che la destra sta compilando da qualche mese, gli orsi sono entrati di gran carriera, accanto ai raver, agli imbrattatori e alle Ong. Sembra assurdo doverlo ribadire, ma abbattere un plantigrado non darà giustizia a nessuno

Foto via Unsplash

È un tribunale amministrativo quello che dovrà decidere se condannare a morte o meno l’orsa Jj4, il pericolo pubblico numero uno della primavera del 2023. L’hanno presa nei pressi di un torrente della Val Meledrio, in Trentino, la sera di lunedì 17 aprile, era con i suoi cuccioli non lontana dal luogo dove, il 5 aprile scorso, ha ucciso Andrea Papi, che correva nei boschi.

Le cronache dicono che Jj4 ha mostrato comportamenti aggressivi anche di recente, distruggendo alcune fototrappole piazzate qua e là dai forestali. Questo sarebbe un motivo in più per abbatterla, decisione fortemente sponsorizzata dal presidente della provincia autonoma di Trento, il leghista Maurizio Fugatti, e da buona parte del governo di Giorgia Meloni.

Non si capisce come tutto questo possa contribuire a risolvere il problema – se di problema si tratta – né perché si ritenga che la sua morte possa ristabilire un po’ di giustizia. L’ha detto anche la madre della vittima: «Non è colpa dell’orsa né di mio figlio». Del resto è una conclusione abbastanza ovvia: l’orso fa l’orso e non occorre essere dei ferventi animalisti per constatare l’evidente assurdità della situazione.

È come se, nella lunga lista di nemici della Nazione che in questi mesi il governo appare impegnatissimo a compilare, gli orsi siano entrati di gran carriera, tra i raver e gli anarchici, tra gli imbrattatori e le Ong. Un caso mediatico, insomma, uno di quelli che, a pensarci bene, non dovrebbe nemmeno essere materia di dibattito politico, e che però diventa un’ottima occasione per rilasciare dichiarazioni alle agenzie, rubare pagine ai giornali, occupare minuti in televisione. Tutto sempre per lo stesso motivo: evitare le faccende che possono oscurare la narrazione governativa, tipo il fatto che stiamo sostanzialmente perdendo i fondi del Pnrr o che il Def ricorda i rigori mortuari di Mario Monti per austerità delle misure e completa assenza di ogni trattativa con le aree più vampiresche e frugali dell’Unione Europea.

Jj4 allora diventa una salvatrice della patria, suo malgrado. Spingere per la sua esecuzione – «l’orsa assassina» la chiamano i giornali di destra – vuol dire dividere il dibattito pubblico in due metà, quella dei favorevoli all’esecuzione e quella dei contrari. Non fa niente se decine di esperti espongono le proprie soluzioni alternative alla pena di morte: l’orsa ha ucciso e deve pagare. Il resto conta poco o nulla: sottolineare il numero degli incidenti di caccia non serve ad aprire una discussione sul tema, tanto per fare un esempio.

I due pesi e le due misure sono la norma, anche perché dalle parti del governo hanno capito benissimo la psicologia della maggioranza degli italiani. Buttare via la chiave è la più alta forma di giustizia che si riesce a concepire, che si tratti di esseri umani o di altre specie. Lo stupore può arrivare fino a un certo punto, dunque, perché parliamo di gente che si è inventata un reato da sei anni di reclusione dopo una festa (il famigerato decreto rave), che ha dichiarato guerra senza quartiere a un gruppo di ragazzi che imbratta di vernice i beni artistici per ricordarci che la catastrofe climatica è prossima a venire, che si accanisce sui detenuti e viene smentita dalla Corte Costituzionale (il caso Cospito), che dà la caccia agli scafisti ignorando completamente il funzionamento dei processi migratori, le sue dinamiche, le sue tragedie.

È così che Jj4 finisce al centro Casteller di Trento, posto contestatissimo dagli animalisti per la (presunta) durezza con cui vengono trattati i suoi ospiti e lì attende il suo destino. La sorveglianza fuori dalla struttura, apprendiamo, è stata anche rafforzata, perché si temono azioni di chissà quale genere da parte degli animalisti. Il Tar trentino aspetta della documentazione per poter decidere al meglio il da farsi, mentre i presidi, le visite e le manifestazioni si moltiplicano, pur mantenendo toni tutto sommato civili e comprensibilmente perplessi dalla situazione. Fugatti però tira dritto, non solo sostiene di aver fornito ai giudici amministrativi tutta la documentazione necessaria a giustificare l’esecuzione, ma pare intenzionato a portare avanti una vera e propria caccia all’orso. «Abbiamo individuato altri tre casi problematici», ha detto ai margini di un incontro «sull’ordine e la sicurezza» convocato proprio per discutere del caso.

E pensare che l’emergenza orsi nasce da un preciso progetto tutto umano di ripopolamento della fauna in Trentino. La storia comincia negli anni ’90 con l’operazione «Life Ursus», ovvero il rilascio di alcuni esemplari provenienti dalla Slovenia meridionale. Negli ultimi anni, secondo il «Rapporto sui grandi carnivori» compilato dalla provincia autonoma gli orsi sarebbero aumentati del 10% e adesso, su tutte le Alpi, ce ne sarebbe almeno un centinaio. Calcoli sbagliati? Non si sa, ma è indubitabile che questa invasione non solo era stata messa in preventivo, ma addirittura incentivata da politiche molto precise. Ha importanza a questo punto? Ovviamente no. La Nazione ha bisogno di un nemico. Adesso è il turno degli orsi. La settimana prossima chissà.

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