A questo punto le immagini diffuse sabato da Quotidiano Nazionale le saprete già memoria: si vede Matteo Falcinelli, un italiano di 25 anni originario di Foligno ma che studia a Miami, dove è stato girato il video, steso a terra e circondato da quattro agenti della polizia locale, con polsi e caviglie legati con la tecnica del cosiddetto “incaprettamento”, controversa perfino negli Stati Uniti, dove le forze dell’ordine hanno già dato prova di usare, diciamo, le maniere forti; il filmato proviene dalla body-cam di uno dei poliziotti, è del 25 febbraio scorso e l’ipotesi è di un arresto violento, che potrebbe sfociare nell’abuso di potere, per cui la Farnesina ha detto di stare indagando «già da due mesi». Ma ci sono parecchie cose che non tornano, a partire da ciò che si vede in altri due video che ha citato La Stampa, in cui i maltrattamenti degenerano in torture e comportamenti degradanti e la versione dei fatti del resoconto della polizia scricchiola.
Partiamo dai pochi eventi che si possono dare per certi. Tutto comincia la sera del 24, quando Falcinelli ‒ che segue un corso in management alla Florida International University ‒ va al Dean’s Gold, uno strip-club a Nord di Miami. Per la famiglia non sa che si tratta di uno strip-club, ma anche se fosse, non è mica una colpa. Una volta dentro, dopo aver rifiutato l’approccio di alcune spogliarelliste, si accorge di non avere più con sé i suoi due cellulari. Gli viene detto che sono stati ritrovati all’ingresso, lui forse li riprende o forse no; sta di fatto che di lì a poco beve dei drink, e i ricordi si fanno annebbiati. La famiglia dice che può essere stato drogato, il che può giustificare il fatto che, nel video in cui viene arrestato, si presenta fuori dal locale con la camicia insanguinata ‒ come se, insomma, in stato confusionale si fosse ferito.
Qui arrivano le prime crepe. Nel referto della polizia, si legge che avrebbe chiesto indietro ai gestori i 500 euro che aveva speso con per una prestazione all’interno del locale. Lui invece sostiene di aver rifiutato le avances delle sex worker, e di aver continuato a chiedere dei suoi due cellulari, spariti di nuovo. In entrambi i casi, è probabile che in questo momento sia nato un alterco con i buttafuori del posto ‒ un alterco che però, secondo le varie ricostruzioni, è stato solo verbale, non fisico. In ogni caso, uno s’aspetta che in un nightclub di Miami siano abituati a ben altro di un 25enne studente che chiede i propri cellulari o indietro dei soldi, pure stordito che sia. Fatto sta che comunque arriva la polizia, che gli mette le manette pure in maniera violenta. In quel momento (si vede in uno dei video) Falcinelli chiede effettivamente agli agenti dei telefoni, ma loro gli rispondono che dentro al locale non ci sono, e lo arrestano. Problema: poco dopo ‒ e si vede sempre dal filmato ‒ i cellulari effettivamente compaiono, nel senso che un buttafuori li passa a uno degli agenti, che li prende in custodia senza la minima sorpresa; risponde con un semplice «grazie», poi li mette in macchina con gli altri effetti personali di Falcinelli e con lo studente stesso. Che è successo?
Da qui, il filmato dopo arriva che è quasi mattina. Sono le prime ore del 25, siamo nella stazione di polizia, e la scena è quella che ha fatto il giro dei media: quattro agenti gli fanno visita in una cella e lo aggrediscono fino a incaprettarlo, limitandosi a un «ti avevamo avvertito». Falcinelli sembra solo spaventato, chiede per favore («please, please, please») che non gli facciano del male e soprattutto sembra vulnerabile e inoffensivo. Quale minaccia porti la polizia ad agire in quel modo non si sa: lo incaprettano e lo lasciano solo, in quella posizione, per 13 minuti; mentre lo legano, un agente gli mette un piede sul collo, in una mossa simile a quella che aveva ucciso George Floyd. Ma ci sono altri dettagli che puzzano di bruciato: a un certo punto dei video si sentono gli agenti che sembrano mettersi d’accordo su una sorta di versione ufficiale con cui giustificare tutto (la presunta resistenza dello studente, dicono); in un altro punto, l’audio in maniera sorprendente va via, come se dopo un segnale preciso di uno degli agenti fosse stato spento il microfono della body-cam. Anche qui, c’è qualcosa che non torna.
Dopo tre giorni di fermo, comunque, Falcinelli viene liberato su cauzione. Subito dopo, davanti al giudice, accetta una specie di rito abbreviato tipico degli Stati Uniti, grazie al quale cadono tutti i capi d’imputazione in cambio dell’impegno a seguire un programma rieducativo. Sempre secondo la famiglia, avrebbe accettato perché spaventato delle possibile conseguenze di un rifiuto, nonché per mettersi questa pagina brutta alle spalle. Cosa che, effettivamente, non è possibile: la madre ha detto che lui ora soffrirebbe di attacchi di panico e istinti suicidi, oltre a sentire ancora dolore fisico per il pestaggio e ad aver paura di uscire anche solo dal campus. Ma anche qui, comunque, c’è di più: i video che gli avvocati di lui hanno fatto arrivare ai giornali in questi giorni sono stati consegnati solo a metà aprile, quando il processo si era già concluso, ma risalgono a febbraio; come mai questo ritardo?
Per ora, anche la polizia di Miami ha aperto un’indagine interna. Da una parte, infatti, ci sono tante piccoli spaccature tra la versione di lui e quella degli agenti, in parte evidentemente contraddetta dai video, sui cui fare chiarezza. Dall’altra, un dubbio a monte: quale atteggiamento di Falcinelli potrà mai aver giustificato una reazione così violenta da parte della polizia, con tanto di uso di una tecnica già ampiamente sconsigliata nel Paese? Nel verbale, nei video, dovunque, per ora non ce n’è traccia.