Tra le tante, la dichiarazione che fa più rumore è quella sulla maternità surrogata, per cui Bergoglio si augura «un impegno della Comunità internazionale per proibirla a livello universale». Ma anche le altre non scherzano: la coppia formata da uomo e donna è «non solo la più grande immaginabile, ma è anche la più bella e la più potente» (le altre, viene da sé, in fila dietro); all’aborto corrisponde «l’uccisione deliberata e diretta, comunque venga attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza», ed è di nuovo Vaticano contro diritti civili che diamo per assodati; e poi diverse sparate sui diritti («una moltiplicazione arbitraria», come fosse lui a stabilire quali sì e quali no), gli interventi di cambio di sesso che «minacciano la dignità unica che la persona ha ricevuto fin dal momento del concepimento» e fritti misti – a volte suggeriti dal Papa, altre in riflessioni che lui ha comunque riletto e approvato – con cui sembra che la Chiesa cattolica non abbia (o non voglia, o non possa avere) contezza di dove va una certa parte di mondo.
Perché, sorpresa, questi passaggi non sono degli estratti da un opuscolo di una qualche associazione estremista pro-vita, ma dalla nuova dichiarazione apostolica, Dignitas infinita, con cui il Vaticano vorrebbe tutelare «l’imprescindibilità del concetto di dignità della persone umana» in tutte le sue sfaccettature. Ci sono voluti cinque anni per scriverla, sotto il coordinamento del cardinale Víctor Manuel Fernández, un pezzo grosso, prefetto dell’ex Sant’Uffizio. Il risultato è un documento che denuncia «tutto ciò che è contro la vita stessa», mettendo sullo stesso piano «il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario».
Certo, la Chiesa sostiene anche di «decriminalizzare l’omosessualità nei Paesi in cui è considerata un reato», e rilancia prendendosela con «le condizioni di vita subumana, le incarcerazioni arbitrarie, le deportazioni, la schiavitù, la prostituzione, il mercato delle donne e dei giovani, o ancora le ignominiose condizioni di lavoro con le quali i lavoratori sono trattati come semplici strumenti di guadagno». Ma in parecchi comunque sono rimasti delusi da una presa di posizione del genere: al di là di alcune sfumature di metodo (ci sta che il Vaticano, vista l’età di chi ci lavora, non sia aggiornato alle ultime sensibilità), fa strano che nel difendere la «dignità umana» ci sia tanto accanimento nei confronti di diritti civili che l’Occidente ha dato per assodato – o se non l’ha ancora fatto è anche a causa delle pressioni della Santa Sede – e si finga di non vedere situazioni delicate, come i sempreverdi abusi sessuali della Chiesa (su cui il documento resta vago) e le discriminazioni della comunità lgbtq+: non sono violenze, quelle? Non è a rischio anche la loro dignità?
Insomma, ciò che ne esce è una visione parziale del mondo, abbastanza selettiva e contraddittoria, se non direttamente piegata verso i proprio interessi. Niente di nuovo, ecco, non fosse che da più fronti (laici e non) c’è chi da decenni invoca un rinnovamento del Vaticano e non una battaglia reazionaria e oltranzista contro i tempi che corrono, e questa era l’occasione per un passo avanti. I segnali, per quanto pochi e contraddittori, c’erano stati, venivano proprio da Bergoglio. Un Papa, cioè, che da altri punti di vista sta rinnovando davvero l’istituzione millenaria di cui è a capo, come quando smorza il tono austero delle comunicazioni ponendosi uomo tra uomini, «e quindi peccatore come gli altri», raccontandosi come persona prima ancora che per il suo ruolo, e il resto. In più, per l’attenzione sincera a questioni come le migrazioni e la povertà, è vicino a una parte della sinistra (è stato ospite da Fabio Fazio a Che tempo che fa, per esempio), e su temi come la guerra a Gaza o in Ucraina ha mostrato un gusto per il parere complesso, oltre gli slogan, non da poco, con frasi anche scomode, specie contando che la sua Chiesa al netto di tutto questo non ha una collocazione politica precisa come in passato – potrebbe essere a favore della Palestina e della «pace» in Ucraina, qualsiasi cosa voglia dire, ma poi vediamo che posizioni ha sui diritti e, per dire, la libertà sessuale.
Eppure, al momento clou si fa sempre indietro anche lui. Parla molto, ma nei fatti è sempre fermo a cinquant’anni fa. È difficile anche capire cos’è che pensi davvero, visto che, nonostante i tentativi di portare il discorso su un piano più personale, i suoi non sono mai pareri ma indicazioni del Papa, e che quindi hanno un altro peso. Sui diritti civili, che al momento sono la questione più delicata, è spesso contraddittorio, come testimoniano le varie retromarce sulla questione della benedizione alle coppie omosessuali, o le aperture sul tema seguite, poi, da documenti come questo Dignitas infinita.
La verità, forse, è che il Papa deve fare il Papa e non il rivoluzionario, a lui è richiesto di rispondere prima di tutto alle istanze interne alla Chiesa, di vescovi e cardinali, le quali sono ancora molto reazionarie, altroché. Il punto, semmai, riguarda il rapporto con i fedeli e la società civile: con questo continuo contraddirsi, restare a metà, gestire pesi e contrappesi, da una parte scontenta, sì, chi viene sedotto da una svolta più moderna, e poi resta puntualmente deluso; ma anche i più estremisti, quelli che comunque non gli perdonano niente e che in questi anni, tra le varie cose, hanno continuato a ritenere Ratzinger il vero Papa legittimo. Una posizione a metà, ecco, buona solo a dimostrare, sulla pelle di Bergoglio, quanto per la Chiesa sia difficile cambiare.