Ieri pomeriggio nella cittadina di Przewodów, a circa sei chilometri dalla frontiera con l’Ucraina, un’esplosione ha ucciso due persone. A caldo alcune fonti di intelligence americane hanno parlato all’Associated Press, spiegando che l’esplosione sarebbe stata causata da due missili di marca russa, non si sa se lanciati intenzionalmente o meno verso la Polonia.
Qualche ora prima ZET, una radio polacca, aveva invece parlato di “incidente di confine”, spiegando che potrebbe trattarsi dei resti di due missili russi abbattuti dalle forze armate ucraine.
Durante la notte il governo polacco ha confermato che i resti dei missili trovati sono di «fabbricazione russa» – questa informazione, però, lascia il tempo che trova, dato che anche l’Ucraina ne ha in dotazione – e ha convocato Sergei Andreyev, l’ambasciatore russo a Varsavia, per ottenere delle delucidazioni sulla dinamica dei fatti.
L’atteggiamento del governo polacco è apparso sin da subito abbastanza cauto: nel comunicato diffuso per rendere pubblica l’audizione con Andreyev, infatti, ha evitato di incolpare formalmente la Russia, pronunciandosi soltanto sui collegamenti tra l’esplosione di Przewodów e i bombardamenti russi verso alcune città ucraine della giornata di ieri.
Intanto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha pubblicato un video in cui dà per certo che si tratti di missili russi, parlando di «significativa escalation» – ovviamente, anche in questo caso, il metro da attuare è lo stesso: sono dichiarazioni da prendere con le pinze, che potrebbero essere lette anche come un tentativo di presentare l’accaduto come un attacco intenzionale della Russia per spingere la NATO a intervenire in difesa di Kiev.
Se la notizia ha catalizzato così tanto l’attenzione mediatica è perché un eventuale accertamento delle responsabilità russe allargherebbe il teatro della guerra e aprirebbe un fronte inedito dal punto di vista delle alleanze: a differenza dell’Ucraina, infatti, la Polonia è un paese membro della NATO. L’articolo 5 del Patto Atlantico, il trattato che ha istituito l’alleanza, specifica che «Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall’ari. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente». In breve: si tratta di un meccanismo automatico di difesa basato sul principio secondo cui, se uno stato membro viene attaccato, tutti gli altri sono obbligati a intervenire in sua difesa.
L’altro articolo citatissimo nelle ultime ore è il 4, dato che Piotr Müller, portavoce del governo polacco, ha fatto sapere che il presidente Andrzej Duda potrebbe invocarlo: prevede che ciascuno dei paesi membri possa convocare una riunione d’urgenza fra tutti gli associati «ogni volta che l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti fosse minacciata». Nelle ultime ore, anche Biden ha invece invitato alla moderazione, dichiarando “improbabile” l’ipotesi che i missili siano stati lanciati dalla Russia in maniera intenzionale.