Da ore tutti (ma tutti chi?) non fanno che parlare della nuova – secondo alcuni, addirittura famigerata – pubblicità di Esselunga.
La catena di supermercati lombarda ha infatti realizzato uno spot che una parte di opinione pubblica ha giudicato, come dire, un po’ urticante. Il motivo? Ha per protagonista una bambina figlia di genitori separati.
Riassumendo: la bambina si allontana dalla madre per raggiungere il banco frutta e scegliere, con grande attenzione, una pesca. Quando, più tardi, la piccola sale in auto con il padre, decide di regalargli il frutto, fingendo che sia stata la mamma a comprare la pesca per lui – una bugia bianca detta allo scopo di far riavvicinare i genitori.
Schermata in dissolvenza, claim – «Non c’è una spesa che non sia importante» – e sipario.
Se siete riusciti a navigare per ora senza incorrere negli hashtag #Esselunga e #Pesca, be’, ritenetevi fortunati: questi 120 secondi, infatti, hanno scatenato una vera e propria ondata di panico morale, sui social e non solo.
Il “dibattito”, se così possiamo chiamarlo, è incentrato su due opinioni polarizzate: da un lato quella degli entusiasti (una posizione che, grossomodo, potremmo riassumere così: «che bello, mi fa piangere ogni volta che lo vedo»); dall’altro ci sono i portatori sani di indignazione a cui questa storia della pesca non è andata proprio giù (che portano avanti un messaggio che suona come «questo spot è di una violenza inaudita»).
Per la maggior parte degli utenti che hanno visualizzato lo spot, a prevalere sembrerebbe essere la seconda visione: hanno accusato l’azienda di voler speculare sui bimbi che soffrono per la separazione dei propri genitori, di aver restituito un’immagine stereotipata delle famiglie separate e, insomma, di voler celebrare l’unità familiare a ogni costo e demonizzare il divorzio, Pannella, il Partito Radicale, la legge 1º dicembre 1970 e chi più ne ha più ne metta.
Altri, invece, hanno apprezzato la pubblicità per la sua atipicità e per avere abbattuto lo stereotipo opposto: non ci sono papà e mamme felici e spensierati che si salutano al mattino davanti a una caffettiera che ribolle, nonni amorevoli che leggono il giornale al parco mentre i nipoti giocano a pallone e altre pucciosità da Mulino Bianco. Insomma: dal loro punto di vista, questo spot parla al presente.
Cosa impareremo da questa storia? Assolutamente nulla, è solo un pretesto come un altro per indignarsi, indignarsi all’infinito.