Elon Musk ci ha abituati a ogni tipo di follia, dalle scelte sconclusionate che hanno accompagnato la gestione di X (l’ex Twitter) alla tragicommedia del tentato scontro con Mark Zuckerberg in salsa peplum, ma l’ultima in ordine cronologico è particolarmente problematica.
Poche settimane fa, la CNN ha diffuso un episodio raccontato nella nuova biografia sul magnate di Tesla che lo vede sabotare attivamente l’esercito ucraino durante le fasi iniziali del conflitto.
Come riportato dal giornalista Walter Isaacson, Musk ha negato a Kyiv l’accesso a Starlink – sistema di satelliti di comunicazione di sua proprietà – impedendo un attacco di droni contro la flotta russa nel mar Nero.
La storia, apparentemente surreale, è stata confermata da i suoi protagonisti. Il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak ha commentato duramente l’indiscrezione della CNN sostenendo che “Negando ai droni ucraini di distruggere parte della flotta militare russa tramite Starlink, Elon Musk ha permesso a questa stessa flotta di lanciare missili Kalbir contro le città ucraine, che hanno provocato la morte di bambini e civili” accusando il tycoon per la sua “ignoranza e sconfinato ego”.
Musk non ha smentito nulla, anzi, ha rivendicato la sua decisione una volta resa pubblica: “Starlink è nato per cose pacifiche” sostiene il miliardario “non per condurre attacchi con i droni”. Da dove iniziare? La faccenda in sé si commenta da sola. Il potere decisionale di un singolo individuo su uno scenario bellico è un problema enorme, se poi si tratta di un miliardario influencer che ha più volte dimostrato di agire in base all’impulso del momento lo è ancora di più. La cosa su cui tutti si stanno interrogando è se Elon Musk sia effettivamente filorusso e le ragioni non mancano. Il caso Starlink è solo l’ultimo, il più grave, di una lunga serie di episodi che coinvolgono Musk e il Cremlino: poco tempo fa il proprietario di Tesla si è espresso sulla guerra avanzando una “proposta di pace” riassumibile con la cessione alla Russia di tutti i territori ucraini rivendicati da Vladimir Putin.
Sono seguite ovvie polemiche ma Musk, non pago, nello stesso periodo ha diffuso le teorie più popolari della propaganda russa su una piattaforma, X, che in seguito al cambio delle linee guida sul contrasto alle fake news è invasa da bot filorussi e dal materiale prodotto da quest’area. Elon Musk ha sempre glissato sull’argomento ricorrendo a un’ipocrita ammissione d’ignoranza e, sulla diffusione di bufale sul social, riproponendo il solito discorso sulla libertà di pensiero.
È questa la chiave di lettura per capire perché il miliardario si sia prestato, conscio o meno, alla macchina propagandistica di Putin ed è forse più pericolosa di una seria volontà politica: Elon Musk si lascia influenzare da qualsiasi cosa gli capiti sotto tiro, si interessa, fa danni e infine passa a un altro argomento.
Abbiamo visto questo meccanismo con l’invasione russa, ma sono molti gli esempi in questo senso. In principio è stata la lotta ai “media democratici”, CNN in primis, perché a suo dire soffocavano la libertà di pensiero, così per un periodo si avvicina all’opposizione trumpiana e dopo aver riportato online gli account dell’ex presidente statunitense (bannato da Twitter durante i fatti di Capitol Hill) e dei principali troll dell’Alt-Right lascia la nuova piattaforma libertaria in preda al caos dovuto a una mancata moderazione.
Quando finisce l’interesse per la politica americana e il flirt con il movimento MAGA, Musk passa al problema della denatalità e tira in mezzo l’Italia di cui vaticina la “scomparsa” in assenza di nascite, riuscendo a invadere il dibattito politico nostrano – molti politici italiani di primo piano citano il tweet di Musk conferendogli un’autorevolezza ridicola – per poi stancarsene subito dopo pochi commenti online.
Dopo tutti questi episodi viene nuovamente da chiedersi: Elon Musk è filorusso? Forse. Magari pensa di esserlo perché, come qualsiasi cosa che faccia, è un argomento che per il momento gli interessa senza preoccuparsi delle conseguenze, mediatiche e non. Musk è lo stesso che nel marzo del 2022 ha sfidato Vladimir Putin a “giocarsi l’Ucraina in un incontro di arti marziali”. In altre parole, un troll vivente.
Per il proprietario di SpaceX è tutto un meme, le reazioni sdegnate dell’opinione pubblica semplici incomprensioni dello scherzo perenne e la scelta di sposare le più becere teorie del complotto è solo “interesse” o tutela del libero pensiero. I danni che lascia sulla strada sono solo un dettaglio trascurabile.