Una legge non scritta postula che, quando a Sanremo un artista scoperchia l’antico vaso di Pandora della legalizzazione della cannabis, la reazione della destra italiana sarà veemente. Più in generale, nelle liturgie del festival, l’indignazione per le cannette rappresenta un vero e proprio archetipo narrativo: è successo l’anno scorso, quando Ornella Muti si è ritrovata a subire il fuoco incrociato della parte più bigotta, bacchettona e benpensante del Paese a causa di un ciondolo a forma di foglia di Marijuana.
Ma siccome la storia si ripete due volte, la prima come tragedia e la seconda come farsa, nelle ultime ore stiamo assistendo a un refrain dello scontro tra queste due antiche forze primordiali (i cantanti pro legalizzazione e i politici conservatori). I protagonisti del siparietto sono Fedez e gli Articolo 31: ieri, durante le serata delle cover, si sono esibiti in un medley che ha ripercorso i brani più celebri della produzione di J–Ax e Dj Jad, da Domani Smetto e Volume, fino a Tranqi Funky e Gente che spera. Tra le canzoni ripescate dal repertorio, ovviamente, non poteva mancare Ohi Maria, sulle cui note i tre hanno urlato ironicamente: «Giorgia, legalizzala!».
GIORGIA LEGALIZZALA 🍃@Fedez @SanremoRai #legalizzala #sanremo23 pic.twitter.com/Fx0RoyG3HX
— J-Ax (@jaxofficial) February 10, 2023
Ora: è tutto normalissimo. La serata delle cover è congegnata per sfruttare nel migliore dei modi la limitata finestra di attenzione che un artista ha disposizione: sul palco dell’Ariston, ogni esibizione è paragonabile all’elevator pitch con cui i fondatori di una startup devono convincere gli investitori a dargli i soldi nel corso di un viaggio in ascensore. Il principio è lo stesso: in poche centinaia di secondi, l’artista di turno deve inventarsi qualcosa per cui far discutere, dare ai giornali qualcosa di cui scrivere e, ovviamente, consegnare a una parte politica qualcosa di cui lamentarsi. Da questo punto di vista, chiamare in causa un tropo consolidato come la legalizzazione della cannabis è l’espediente perfetto: è uno specchietto per le allodole logoro, vecchio e anche sempliciotto, ma che funziona sempre.
E infatti, come una profezia che si autoadempie, chi di dovere è passato all’incasso. «Il nostro governo non legalizzerà mai la cannabis e nessun tipo di droga», ha affermato al Corriere Alfredo Antoniozzi, vice capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera. «Riteniamo che la cannabis sia una droga a tutti gli effetti e che possa provocare seri problemi a chi la consuma. Troppi ragazzi la usano abitualmente – ha continuato Antoniozzi – persuasi da un mondo culturale e artistico che la dipinge ingiustamente come una sostanza innocua». «Molti esponenti della nostra maggioranza, come Maurizio Gasparri, sono impegnati anche con associazioni che si battono contro ogni dipendenza. Non regge nemmeno il discorso della sottrazione di un business alle mafie – ha aggiunto – sia perché esse sono attive soprattutto nel mercato della cocaina e delle droghe sintetiche, sia perché le organizzazioni criminali sarebbero pronte ad abbassare i prezzi in qualsiasi momento. Il costo delle droghe è diminuito tristemente nel tempo e le mafie hanno operato scelte strategiche soprattutto sulla cocaina». «Il nostro compito è difendere i giovani da queste sostanze che sono nocive, mentre ovviamente altro aspetto è il loro uso terapeutico che è già presente, come nel caso degli oppiacei, in medicina». Insomma: tutto come da copione.
Oltre al solito trito e ritrito affaire cannabis, Sanremo sta aprendo per Viale Mazzini un altro fronte spinoso. Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, ha chiesto infatti le dimissioni di chi in Rai era a conoscenza del contenuto dell’esibizione sulla Costa Smeralda, in cui il rapper ha approfittato appieno del proprio tempo per togliersi qualche sassolino dalla scarpa, dal viceministro delle Infrastrutture Galeazzo Bignami e la ministra per le Pari opportunità Roccella di Fratelli d’Italia (“Se va a Sanremo Rosa Chemical scoppia la lite, forse è meglio il viceministro vestito da Hitler / Purtroppo l’aborto è un diritto, sì ma non l’ho detto io, l’ha detto un ministro”) al Codacons (“A volte anche io sparo cazzate ai quattro venti, ma non lo faccio a spese dei contribuenti / Perché a pestarne di merde sono un esperto: ciao Codacons, guarda come mi diverto”), dalla scena rap al sistema musica (“Frate non sei primo in niente / sei primo in Fimi / che nella vita tutto ha un prezzo, pure gli streaming”).
«In Rai sapevano ma nessuno ha fatto nulla — ha detto Foti —, rendendosi di fatto complici del soliloquio politico di Fedez e del suo attacco a un viceministro della Repubblica». Foti ha citato anche un articolo pubblicato questa mattina da La Verità , che ha sottolineato come il freestyle di Fedez sarebbe stato provato prima della messa in onda. «Dettagli inquietanti che stanno venendo fuori e che, se confermati o meglio non smentiti, dovranno necessariamente portare a un immediato chiarimento. Allo stato, emerge che il palco dell’Ariston si è trasformato, con il consenso e beneplacito proprio della Rai, in una tribuna elettorale», ha proseguito Foti, chiedendo che «i vertici di Viale Mazzini spieghino esattamente le dinamiche della vicenda e agiscano di conseguenza con la massima tempestività. Altrimenti, è evidente che qualcuno, incapace di garantire la pluralità del servizio pubblico, dovrà lasciare quanto prima il suo incarico».
Che dire: tra la strage di rose di Blanco e la verve polemica di Fedez, anche quest’anno abbiamo avuto tutti qualcosa di cui parlare.