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Ho visto lei che vota lei: quanto funzionano gli endorsement delle celeb?

Da Beyoncé e Taylor Swift per Kamala Harris a Elon Musk e Hulk Hogan per Trump, sono tanti i personaggi famosi che si sono esposti per i loro candidati preferiti. Ma quanto spostano in termini di voti? Abbiamo cercato di capirlo

Foto: Angela Weiss/AFP via Getty Images (1), Justin Sullivan/Getty Images (2), press (3)

Nel 1974 Gigliola Cinquetti rappresentò l’Italia all’Eurovision Song Contest con un brano chiamato . A maggio dello stesso anno ci fu il referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio. I vertici Rai, spaventati che il titolo della canzone e quel “sì” ripetuto ben 14 volte potessero influenzare il voto, rimandarono la messa in onda dell’esibizione di Gigliola di un mese. Finì comunque bene per tutti: per la democrazia, perché vinse il no con il 59,26% dei consensi (divorzio salvo, fiuuu), ma finì bene pure per Gigliola: il brano raggiunse la top 10 UK nella sua versione inglese Go e grazie a un lavoro fonetico niente male furono incise altre versioni in spagnolo (), francese (Lui) e tedesco (Ja). Quello che sarebbe successo se Gigliola Cinquetti avesse veramente sostenuto una posizione sul referendum non lo sapremo mai, ma oggi è il 2024, in America si avvicina la settimana elettorale e le celebrities si sono schierate eccome.

L’ultima in ordine di tempo è stata la più grande di tutte, Beyoncé, che insieme a Kelly Rowland (dove diavolo era Michelle Williams?) si è presentata per dare il suo sostegno alla candidata democratica Kamala Harris durante un comizio nella sua Houston. Il suo discorso, chiaramente, è già storia: «Non sono qui come celebrity, sono qui come madre». Per poi continuare: «Harris sta lavorando per ciò di cui il Paese ha bisogno, ma adesso dobbiamo votare», ha detto la popstar. «L’America ha bisogno di una nuova canzone: la canzone della dignità». Parole e video che hanno fatto il giro del mondo e che arrivano dopo quelle di Taylor Swift, che qualche settimana fa pubblicava un post piuttosto epico in cui si firmava “gattara senza figli” (in riferimento alle dichiarazioni di J.D. Vance, candidato di Trump alla vicepresidenza che ha chiamato appunto «childless cat ladies» Kamala Harris, Alexandria Ocasio-Cortez e altre esponenti democratiche).

Ma gli endorsement delle celeb non sono mica una novità negli States. Frank Sinatra andò a cantare alla Casa Bianca durante la campagna di rielezione di Franklin D. Roosevelt del 1944. Judy Garland invece era super amica di JFK e gli sedette di fianco alla Democratic National Convention del 1960. Ma ci sono pure i casi più recenti tipo Barbra Streisand, gran sostenitrice della campagna prima di Bill e poi di Hillary Clinton.

Venendo ai giorni nostri, la campagna Harris vs Trump è stata costellata di interventi famosi. Per Harris sono intervenuti Charlie XCX (che l’ha definita una Brat), ma anche Bad Bunny, Ariana Grande, Bruce Springsteen, Anne Hathaway, Chappell Roan, Megan Thee Stallion, Billie Eilish e molti altri. Per Trump ci sono stati Elon Musk, Amber Rose, Hulk Hogan, Kid Rock, eccetera. Ma la domanda è: questi endorsement funzionano? Gli esperti di politica se lo chiedono da anni, e finalmente pare esserci qualche risposta.

Tutti o quasi concordano sul fatto che questi sostegni famosi abbiano perlomeno effetti sul fattore entusiasmo: vedere, chessò, Beyoncé che dice di votare il tuo candidato preferito fa aumentare la tua vicinanza emotiva al candidato stesso, può farti appassionare di più alla campagna in generale ed è un fattore che diventa misurabile anche sul web, tra commenti, condivisioni e cuoricini. In alcuni casi tutto questo può trasformarsi in aumenti di fondi per le campagne. Insomma, fa pubblicità e ne aumenta la (pardon) coolness. Poi, chiaro, dipende da chi lo fa: un conto è avere Beyoncé, un altro è avere Hulk Hogan, perché chi si espone dev’essere qualcuno che in qualche modo comunque stimiamo o di cui rispettiamo l’opinione (meglio la musicista nera più famosa del secolo o uno che si strappa le t-shirt di dosso per lavoro? Chiediamo senza vena polemica).

Ma parlando di voti, che alla fine contan quelli, questi endorsement spostano qualcosa? I pareri sono sempre stati molto, molto cauti. Per riassumere: se il tuo cantante preferito si fa vedere con un candidato che ti piace, è probabile che aumenti la tua convinzione di votarlo. Difficilmente però cambierai partito solo perché le Destiny’s Child si riuniscono. Le cose però sono un po’ cambiate con gli anni, perché pare che queste mosse siano invece utili ad attrarre una fascia ben precisa: la Gen Z. Che sì, è famosa perché si interessa di temi sociali e civili, ma è anche famosa perché è meglio se si può fare tutto dal divano di casa (boomer alert).

«I candidati si affidano molto alle celebrità come meccanismo per attirare l’attenzione della fascia demografica più giovane», ha detto al magazine Vox Melvin Williams, professore di Comunicazione e studi sui media alla Pace University, che ricorda che la Generazione Z è stata molto importante nell’elezione di Biden. «Più che un voto per Biden, il loro è stato un voto contro Trump», afferma Karlyn Bowman, ricercatrice senior presso l’American Enterprise Institute. Insomma, non si spostano i voti ma si convincono i giovani a votare. Ed è già qualcosa. Per esempio, sempre citando Vox: «Un endorsement di Megan Thee Stallion potrebbe rafforzare la credibilità di Harris tra i suoi ascoltatori e accrescere il suo appeal. Un fan che era già incline al Partito Democratico potrebbe anche essere motivato a registrarsi per votare o a partecipare a un comizio». Della serie: tutto fa.

Un nuovo studio rafforza il concetto: secondo la ricerca dell’Ash Center for Democratic Governance and Innovation dell’Università di Harvard, non proprio l’università telematica, vi sono «prove rigorose che le voci [delle celebrità] siano incredibilmente potenti nel promuovere l’impegno civico e modificare i numeri dei sondaggi». «Al momento, i giovani elettori hanno livelli di fiducia relativamente bassi in molti leader e istituzioni, compresi i media tradizionali, ma le celebrità rappresentano spesso una rara eccezione», ha detto a ABC News Ashley Spillane, autrice dello studio ed esperta di impegno civico e politica. Si torna sempre ai membri della Gen Z, quindi, al loro interesse per i temi sociali che va di pari passo con la mancanza di motivazione nei confronti della classe politica (non ci sentiamo di biasimarli). Ecco perché le celeb potrebbero avere un ruolo fondamentale: «Votare dovrebbe essere la cosa trendy e cool da fare», ha detto Spillane, «e lo studio dimostra che quando le persone hanno questa sensazione riguardo al voto, partecipano».

Lo studio fa emergere inoltre che se le celeb condividono dei link (come quelli utili per le registrazioni al voto), l’impatto eccome se si vede. Un esempio è Taylor Swift, che nel 2018 aveva incoraggiato i suoi fan a registrarsi pubblicando una semplice storia su Instagram, ottenendo 250mila nuovi iscritti su Vote.org in 72 ore.

«È difficile guardare alle elezioni e dire: oh, il 3% degli elettori totali si è presentato perché Taylor Swift glielo ha detto», ha dichiarato la professoressa di Scienze politiche dell’Università del New Mexico Jessica Feezell, «ma ci sono diversi punti chiave, in termini di meccanismi, affinché un endorsement possa influenzare un elettore specifico. Innanzitutto, la persona che sostiene un candidato deve avere familiarità con il pubblico, dobbiamo sapere chi è questa persona. In secondo luogo, deve essere vista favorevolmente. Dobbiamo apprezzare o rispettare la sua opinione. L’influenza di Taylor Swift dipende davvero dalla sua popolarità e dalla sua simpatia e, secondo me, dalla sua capacità di accedere a una parte dell’elettorato che si sta avvicinando alla politica, ovvero i giovani elettori alle prime armi che devono registrarsi», ha affermato. «Sappiamo attraverso molte ricerche sulla comunicazione politica che i messaggi sono più efficaci sulle persone con bassi livelli di interesse politico».

Riassumendo: gli endorsement funzionano solo se le celeb sono percepite come autentiche nel loro impegno civile. Quindi devono occuparsi di temi sociali un po’ tutto l’anno e in maniera credibile. E siamo sicuri che sia proprio il caso di Hulk Hogan.

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