Stiamo per celebrare un anniversario a suo modo storico: tra pochi giorni festeggeremo il primo 25 aprile con un governo di destra (il più a destra della storia repubblicana) pronto a fare di tutto per creare ambiguità su questa data e sui valori della Resistenza.
Lo hanno dimostrato i rimpastoni storici cui abbiamo assistito nelle scorse settimane, da Meloni che fa volutamente confusione tra “italiani” e “antifascisti” al revisionismo di La Russa su Via Rasella e la sua assurda affermazione secondo cui «I partigiani uccisero una banda di semi-pensionati, non di nazisti delle SS».
Oggi il presidente del Senato ha rincarato la dose in un’intervista a Repubblica. Rispondendo alle domande di Emanuele Lauria, La Russa ha messo in scena la solita ambiguità da guinness dei primati. Da una parte, infatti, ha spiegato di «condividere appieno i valori della Resistenza, vista come superamento di una dittatura», premurandosi di sottolineare che «Il problema è che di quei valori si sono appropriati il Pci e poi la sinistra. Questo è un fatto storico. E a questo mi sono sempre opposto».
Poi, però, arriva il momento della farneticazione: «Nella Costituzione non c’è alcun riferimento all’antifascismo. Credo che ciò accadde sotto la spinta dei partiti moderati che non volevano fare questo regalo al Pci e all’Urss», ha detto il presidente.
Ora: se è vero che il testo della Costituzione italiana non fa riferimenti espliciti all’antifascismo, è anche vero che nelle disposizioni transitorie e finali lo condanna in maniera piuttosto netta, quando dice che «è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista» e quando nomina a senatori i componenti dell’Assemblea costituente che sono stati in carcere per almeno cinque anni «in seguito a condanna del tribunale speciale fascista per la difesa dello Stato» (già questo dovrebbe bastare). Ma la verità è che la natura assolutamente antifascista della Carta è desumibile implicitamente, semplicemente sfogliandola un attimino: ogni singolo articolo della Costituzione, soprattutto nella parte in cui si dichiarano i principi fondamentali sui quali si regge la Repubblica, è scritto in modo trasparente in antitesi con la teoria e la prassi del fascismo.
Sembra assurdo anche soltanto doverlo ricordare, ma in una società fascista la sovranità non appartiene al popolo, la libertà personale non è inviolabile, non ci si associa liberamente, non si manifesta il proprio pensiero e la stampa è sottoposta a censura: tutte aberrazioni che, fortunatamente la Costituzione (antifascista per definizione) disconosce.
Insomma: l’ennesima, triste farneticazione di parte. Prepariamoci: sarà un 25 aprile fantastico.