Martedì la Lega ha celebrato quello che – almeno nella sua visione delle cose – dovrebbe rappresentare un traguardo di civiltà: l’approvazione, nelle nelle commissioni affari costituzionali e lavoro, di un emendamento al decreto legge n.113/2018, che darà in dotazione il taser – un dispositivo, classificato come arma non letale, che fa uso dell’elettricità per impedire il movimento dei soggetti considerati pericolosi – agli agenti della polizia locale in tutti i Comuni che hanno più di 20mila abitanti in Italia.
«Grazie al lavoro della Lega – hanno scritto in un comunicato i leghisti – anche i Comuni con una popolazione residente superiore ai 20mila abitanti potranno dotare le forze dell’ordine di armi ad impulso elettrico, i taser, precedentemente previsti, grazie sempre a una norma voluta da Matteo Salvini e dalla Lega, solo per capoluoghi di provincia o amministrazioni con più di 100mila abitanti. Ancora una volta il nostro impegno porta a risultati tangibili per tutelare i cittadini e garantire sicurezza nelle nostre città».
Questi dispositivi, ideati per la prima volta nel 1969 dall’azienda Thomas A. Swift’s Electronic Rifle, che un anno fa ha cambiato il suo nome in un più innocuo Axon, utilizzano l’elettricità (fino a 50mila volt) per paralizzare i movimenti della persona colpita, in modo da renderlo innocuo. In Italia il suo utilizzo è stato sdoganato nel 2018, ai tempi del governo gialloverde, grazie al summenzionato decreto legge n.112/2018, che ha autorizzato questo strumento alle polizie locali dei capoluoghi di provincia o dei comuni al di sopra dei 100.000 abitanti. L’emendamento, insomma, non farà altro che estendere la platea dei possessori.
Ai tempi Salvini – ministro dell’Interno e cosplayer perennemente in divisa – salutò l’impiego del taser come una sua personalissima vittoria politica, presentandolo come uno strumento ideale per garantire più sicurezza. Fuori dai nostri confini, però, questo strumento è da anni al centro di un dibattito internazionale. L’arma spara due piccoli dardi collegati a cavi che trasmettono una scossa paralizzante a una distanza di circa dieci metri. Molti studi scientifici sostengono che l’effetto possa essere letale, soprattutto quando viene utilizzato contro soggetti con problemi cardiaci: una diagnosi che gli agenti alle prese con un’emergenza non sono in grado di formulare. Nel 2018 negli Stati Uniti 49 persone sarebbero morte a causa dell’impiego della “pistola elettrica”, spingendo molte amministrazioni a rivedere le regole di ingaggio. Ma negli Usa la diffusione è capillare, così come nelle polizie statali tedesche e in quelle britanniche dove – prima degli anni del terrorismo jihadista – compensava l’assenza di armi da fuoco.
Il dibattito tiene banco anche alle Nazioni Unite: il taser è classificato come strumento di tortura dall’Onu da più di dieci anni, e da sempre condannato da Amnesty International, secondo cui l’elettroshock può avere conseguenze letali soprattutto su soggetti cardiopatici o con problemi di salute.
Secondo un’inchiesta del 2017 di Reuters, più di mille persone negli Stati Uniti sono morti dal 2000 a oggi a causa di un incontro con un agente armato di taser, in dotazione in oltre 100 Paesi nel mondo, tra cui Canada, Regno Unito, Francia, Germania, Israele, Brasile, Grecia. In nove casi su dieci le vittime sarebbero state disarmate e in un caso su quattro sofferenti di malattie mentali o disagi psichici.
Alcuni episodi al di là dell’oceano hanno fatto particolarmente scalpore. Su tutti quello di Israel Hernandez, writer 18enne ucciso a Miami Beach dalla polizia con una “taserata” al petto nel 2013, mentre stava facendo un graffito. O quello del 20enne Jarrell Grey, che nel Maryland rimase a terra dopo una rissa per via di una scarica elettrica da parte del locale sceriffo.