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L’Estetista Cinica: «Ho imparato anche a tacere»

«Chi ha un vasto seguito deve capire e sapere cosa può dire, e cosa no». Cristina Fogazzi sulle ultime gogne mediatiche, i social che sono popolati da «bambini con il bazooka» e Chiara Ferragni: «Tutti le danno addosso, non vedo perché debba farlo anch’io»

Foto: Pietro D’Aprano/Getty Images

«Chi ha un vasto seguito deve capire e sapere cosa può dire, e cosa no. Ci sono limiti e confini». Insomma, un piccolo manuale su come risparmiarsi una shitstorm da parte di chi, le shitstorm, ha il potere di alimentarle e di subirle. A parlare in un momento così delicato è Cristina Fogazzi, cioè l’Estetista Cinica, cinquant’anni, un milione di follower su Instagram, un’azienda di cosmetici da 70 milioni di fatturato e un posto al sole sui social, dov’è a tutti gli effetti un’influencer (per cui c’è chi la ama e chi la odia). Finora era finita sui giornali soprattutto per le cosiddette «storie di successo», oggi è stata intervistata da Repubblica sul ruolo suo e dei colleghi.

Il tema è: come nasce una gogna mediatica? Lei parte dal pubblico che le alimenta. «La grande popolarità può generare traffico anche da una semplice frase, specialmente se contro qualcuno», dice. «Da qui al gioco al massacro il passo è breve». Insomma, i famosi come vittime: «Molti odiatori sono persone normali con una gigantesca rabbia esistenziale da sfogare. A volte vado a vedere i loro profili, e magari scopro una tranquilla signora col cagnolino. Chi si libera in questo modo del proprio malessere non pensa che anche noi nel web siamo umani: veniamo visti quasi come creature di fantasia. Quando rispondo a qualche odiatore, provando a spiegare che pure io la sera ceno a casa e guardo la tivù con mio marito, capiscono e a volte si scusano». Secondo lei, la responsabilità è del modo in cui vengono «rilanciate» le notizie da media e semplici utenti, nonché della «scarsa qualità della nostra tv, che da molti anni punta sulla cultura della rissa, ben prima di internet». Risultato: «Ho paura di sbagliare, perché non sono una santa. Paura di quello che mi cadrebbe addosso, di quello che potrebbe capitare alla mia azienda». Il riferimento è a Chiara Ferragni e alla faccenda del pandoro: «Ma lei è un’amica, ciò che le è successo e ha fatto è risaputo e ne pagherà le conseguenze. Tutti le danno addosso, non vedo perché debba farlo anch’io».

Chiaramente, però, non può essere neanche tutto qui: anche gli influencer hanno delle responsabilità sulle gogne mediatiche, se parlano a sproposito e soprattutto se indirizzano odio verso determinati obiettivi. Sono anche loro ad alimentarle. «Io all’inizio intervenivo come se fossi al bar con le amiche», ora «ho imparato anche a tacere: se aspetto un’ora che mi servano a ristorante, poi non ci faccio un post», dice. Il riferimento è al caso Pedretti e al ruolo assai dibattuto della giornalista Selvaggia Lucarelli e dal compagno Lorenzo Biagiarelli nello smascherare (forse) la verità, che poi avrebbe portato al suicidio la ristoratrice. Su questo caso specifico, però, Fogazzi preferisce concentrarsi sul modo in cui è stata trattata la notizia: «Però non si può ridurre tutto a Selvaggia Lucarelli, non le si può addebitare ogni responsabilità per quanto accaduto. Chiediamoci cosa si era messo in moto dopo quel messaggio. Io reagisco all’ansia con le goccine calmanti, ma altre persone che tipo di risposta emotiva possono avere, con un microfono sotto il naso e una telecamera puntata addosso? Anche chi riprende una notizia, dev’essere responsabile».

Infine, sollecitata su come sui social siamo tutti «bambini con il bazooka», sempre pronti all’attacco sconsiderato, ammette: «A volte ho sbagliato anch’io». Poi resta vaga. Peccato però, perché magari era l’occasione per ritornare a quando, nel 2021, era stata lei ad alimentare una shitstorm nei confronti di un giornalista del Foglio, Michele Masneri, dove aveva commentato ironicamente la presenza di lei alla presentazione di una mostra d’arte a Roma, dicendo come un’influencer della cosmesi – e che varie volte si era dichiarata appassionata d’arte – stonasse con il parterre di critici bolsi e attempati che s’incontrano a eventi del genere (e quella volta non facevano eccezione). Lei non la prese bene, sui social reagì in maniera accesa e «i suoi milioni di follower, che sono anche acquirenti» fecero passare un brutto quarto d’ora a Masneri.

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