Da qualche tempo Barbie, la bambola più famosa del mondo e il prodotto di punta di casa Mattel, è al centro di un dibattito che ha a che fare con gli stereotipi associati alla bellezza femminile.
A detta dei critici, per anni le Barbie hanno restituito un’immagine distorta che allontanava molto dal vero corpo femminile, inducendo le bambine di tutto il mondo ad ambire a una silhouette magra e “perfetta”. Per questo motivo l’azienda ha provato a diversificare il più possibile il prodotto, introducendo dei cambiamenti rispetto alle proporzioni adottate in passato e dando il via a quella che in tanti hanno definito come una piccola rivoluzione culturale.
Per rendere Barbara Millicent Roberts – questo il nome della bambola – più inclusiva e realistica, Mattel ha deciso di tagliare i ponti con gambe chilometriche e forme longilinee per lanciare sul mercato diversi modelli, come ad esempio la celebre Barbie Curvy, cui sono seguite altre bambole con varie tonalità della pelle per rappresentare etnie diverse.
Continuando a seguire questa linea ieri l’azienda ha lanciato sul mercato la prima Barbie Down, nell’ottica di consentire a bambine e bambini con la sindrome di «giocare con una Barbie che gli assomigli». A dirlo è stato Kandi Pickard, presidente e CEO di National Down Syndrome Society (NDSS), che ha supportato il gigante del giocattoli nella realizzazione la nuova bambola. «Questa Barbie – ha aggiunto – ci ricorda che non dovremmo mai sottovalutare il potere della rappresentazione. È un enorme passo avanti per l’inclusione».
Commentando la vicenda Ellie Goldstein, una modella britannica affetta da sindrome di down, ha scritto su Instagram che: «Quando ho visto la bambola, mi sono sentita così emozionata e orgogliosa», per poi aggiungere: «Per me significa molto che i bambini potranno giocare con la bambola e imparare che ognuno è diverso. Sono orgogliosa che Barbie abbia scelto me per mostrare le bambole al mondo». «La diversità è importante perché la gente ha bisogno di vedere più persone come me nel mondo e non nascoste, Barbie contribuirà a far sì che questo accada», ha aggiunto.
Come accade spesso in questi casi, sui social i pigiatasti incattiviti hanno deciso (e quando mai) di dire la loro. Ad esempio, nei commenti al post Twitter dell’Ansa è partita una specie di gara alla grettezza. «Chissà come mai ancora non hanno fatto la prima Barbie transgender? Magari di colore», scrive un fine statista, «In omaggio la tessera della CGIL», commenta un altro. Che dire: c’era da aspettarselo.