Nelle ultime settimane, in particolare dopo il pomeriggio di accoltellamenti e rapine in viale Brianza, si è discusso moltissimo del tema della sicurezza a Milano. La cittadinanza sembra spaccata in due: c’è chi rivendica di essere razionale, di andare oltre tutti i bias e le falle percettive del caso e chi, al contrario, ha calato la Meneghina nei panni di un posto pericolosissimo e ai limiti dell’invivibilità – negli ultimi anni, un’associazione abusatissima e un po’ populista ha suggerito a più riprese un parallelismo tra la città ambrosiana e le atmosfere cupe e angosciose tipiche di Gotham City, la metropoli di elezione di Batman, caratterizzata da vistose ineguaglianze, da un pesante degrado e da un tasso di criminalità dilagante.
Che una porzione di meneghini avverta la sicurezza come una problematica di primissimo piano è dimostrato anche da una sempre più visibile riscossa del giustizialismo fai da te. Su YouTube, Instagram e TikTok la rincorsa alle borseggiatrici nelle metro è diventata un sottogenere a tutti gli effetti: esistono canali interamente consacrati al rito delle ronde volontarie, che mettono in mostra cittadini comuni pronti a sacrificare il proprio tempo libero per dare la caccia alle compagini di ladruncole che affollano le stazioni.
Ieri è intervenuta sul tema anche Monica Romano, consigliera comunale del Pd, che in un post su Facebook ha preso posizione contro queste forme di giustizia privata. «Quest’abitudine di filmare persone sorprese a rubare sui mezzi Atm e di diffondere i video su pagine Instagram con centinaia di migliaia di follower è violenza, ed è molto preoccupante. La smettano, sia quelli che realizzano i video, sia chi gestisce i canali Instagram che li rendono virali, di spacciare la loro violenza per senso civico. Non è così, trasformando le persone in bersagli, che si ottiene giustizia», ha scritto, portando al centro del dibattito un fenomeno che dilaga nei nostri feed ma che non ha mai ricevuto la giusta attenzione.
Sì, basta con questa violenza del filmare le rom borseggiatrici, cittadine europee che chiedono solo rispetto e tranquillità. Grazie @monica_romano vicepresidentessa della Commissione Pari Opportunità e Diritti Civili presso il Comune di Milano per questa grandiosa stronzata pic.twitter.com/lXVg4UarZX
— Rocco Tanica (@rocco_tanica) March 12, 2023
Romano fa riferimento, in particolare, alla pagina Instagram @milanobelladadio; seguendo la filosofia di fondo tipica di alcuni illustri predecessori (su tutti la celebre pagina Facebook “Roma fa schifo”), l’account intende restituire il senso di un decadimento valoriale e civile irreversibile che avrebbe investito Milano da tempi non sospetti. Il feed mette in fila una sequela interminabile di scene indecorose: vigili del fuoco che recuperano un motorino nella darsena, topi che sfilano fuori dai ristoranti del centro, maranza che impennano in autostrada, ladri di orologi, gli “attentati” a colpi di vernice di Ultima Generazione e, ovviamente, il vero e proprio core business: le borseggiatrici, antitesi numero uno di questi vigilantes part time.
Il tema della pericolosità all’ombra della Madonnina aveva catalizzato l’attenzione mediatica anche in estate, quando Chiara Ferragni – con una storia Instagram, of course, e senza rifarsi ad alcun tipo di dato – indirizzò un incomprensibile appello a Beppe Sala pregandolo di attivarsi per garantire più sicurezza in una città che, a sua detta, sarebbe ormai irrimediabilmente infiltrata dalla microcriminalità.
A questo punto, la domanda sorge spontanea: Milano è davvero la Caracas italiana? La situazione è realmente così “fuori controllo” oppure si tratta di una semplice percezione, ben lontana da qualsiasi fondo di realtà?
I dati a nostra disposizione sembrano andare in direzione della seconda ipotesi; le statistiche fornite dal prefetto di Milano, Renato Saccone, parlano chiaro: negli ultimi dieci anni, il numero di delitti registrati nel territorio cittadino è palesemente diminuito. Il confronto su un orizzonte temporale di dieci anni mostra come, nel 2021 (ultimo anno preso come riferimento), i reati siano calati in totale di quasi il 30% rispetto al 2011: dai 164.569 di dieci anni fa si è passati ai 116.970 del 2021. E anche se si considera come riferimento il periodo immediatamente precedente alla pandemia (i dati del 2020, ovviamente, non fanno testo, essendosi trattato di un anno straordinario e segnato dalla misure restrittive adottate per contenere i contagi), i reati sono in calo: meno 15% (nel 2019 sono stati 137.709).
Ma non finisce qui: nel 2021, i furti in abitazione sono scesi a 3.720 contro i 4.947 del 2019 (un crollo di quasi il 25%), con buona pace degli aneddoti tramandati dagli amici di Chiara Ferragni. Inoltre, sempre secondo la prefettura, Milano è una delle grandi città con il tasso di omicidi volontari più basso al mondo: sono stati “solo” 7 nel 2021, la metà rispetto al 2011 e dieci in meno rispetto al picco del 2014.
Certo, non tutte le statistiche fanno sorridere: altre tipologie di reato hanno conosciuto una crescita, come ad esempio le rapine, che secondo quanto divulgato da Saccone hanno vissuto un lieve aumento – dal 2019 al 2021, sono infatti passate da 2.259 a 2.587. Ad aumentare, purtroppo, sono state anche le violenze sessuali (267 nel 2019 contro le 285 del 2021) e i reati informatici – che, secondo Saccone, sono state interessate da «una terribile ascesa», dato che rappresentano «il 10% del totale delle denunce, con danni patrimoniali superiori a quelli di borseggi e rapine».
Insomma: Milano cozza con tutte le problematiche tipiche delle grandi metropoli europee, ma non è di certo una specie di Gotham City in salsa padana, con buona pace di tutti i vigilantes da marciapiede del caso: parlare di emergenza equivale a legittimare una farsa e, indirettamente, a porre in secondo piano problematiche che richiederebbero davvero il primo posto in agenda (per dirne una: ridare sostanza al diritto all’abitare, in una città in cui gli affitti sono aumentati del 37% rispetto al 2021).