L’Italia è un parco giochi, o meglio, un ring. L’incontro di arti marziali tra Elon Musk e Mark Zuckerberg al Colosseo è una notizia così ridicola che per mesi non è riuscita ad interessare l’opinione pubblica più di quanto i personaggi coinvolti si aspettassero, ma la situazione è cambiata ieri, dopo un frenetico susseguirsi di anticipazioni, smentite e conferme da parte del miliardario e del governo italiano (sì, l’esecutivo è diventato parte attiva di questa storia).
Per i pochi che non hanno seguito, un breve riassunto: questo venerdì il presidente della UFC, Dana White, ha raccontato ai giornali di aver incontrato lo staff del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano per organizzare il match di MMA dentro il monumento simbolo della capitale italiana, smentendo le precedenti dichiarazioni dello stesso Sangiuliano che aveva bollato come “fake news” qualsiasi coinvolgimento del suo ministero nella faccenda pur mantenendo un atteggiamento aperturista (avrebbe dato l’ok solo se il ricavato fosse stato destinato alla ricostruzione dell’Emilia colpita dall’alluvione) arrivando ad ipotizzare una “sfida non violenta […] magari una sorta di certamen, un duello a colpi di versi in latino”, giusto per restare in tema con la natura macchiettistica delle sue più recenti dichiarazioni.
Poche ore dopo è Elon Musk a chiarire la questione: la UFC non è coinvolta, ma l’incontro si farà e sarà gestito dalle fondazioni dei due lottatori improvvisati che pubblicheranno la diretta streaming contemporaneamente su Twitter/X e su Meta, il tutto in una non meglio precisata “location epica” del nostro paese e il ricavato sarà devoluto ai “veterani”. Inutile dire che il post di poche righe fa il giro del mondo e i giornali italiani impazziscono di fronte alla notizia: potrebbe essere vera così come potrebbe essere l’ennesimo troll del fondatore di Tesla, pronto a rimangiarsi la dichiarazione una volta che la battuta è diventata più grande di lui. Non è così. Nemmeno mezz’ora dopo è il ministro a prendere la parola sui social: “Lunga e amichevole conversazione con Elon Musk su un grande evento di evocazione storica”, scrive Sangiuliano. “Non si terrà a Roma. Ci sarà una ingente donazione a due importanti ospedali pediatrici italiani per il potenziamento delle strutture e la ricerca scientifica per combattere malattie”. Bene. A questo punto mancano all’appello solo Giorgia Meloni e la Commissione europea per dare la loro benedizione all’incontro e, magari, suggerirci per chi tifare.
Fatto sta che quello che sembrava uno dei tanti deliri estivi si è trasformato in un fatto reale, tuttavia è più che lecito avere ancora qualche dubbio. Mai come in questo periodo il proprietario di SpaceX sta facendo di tutto per parlare di sé e per quanto questa ennesima sparata ci coinvolga direttamente non dobbiamo dimenticare con chi abbiamo a che fare. Dopo la disastrosa gestione di Twitter, la diffusione social di propaganda russa giustificata dall’ignoranza sull’argomento, il caos generato dal cambio di policy sugli account verificati (basta un abbonamento di centoquindici euro all’anno perché l’account parodia di una testata internazionale abbia il profilo istituzionale e l’originale no) Elon Musk rilancia e nel farlo chiama in causa il suo rivale numero uno, Zuckerberg, per superare, ancora una volta, i confini del ridicolo.
L’annuncio è così esagerato che non sorprenderebbe una smentita lampo, magari a ridosso dell’evento stesso, o una rettifica tardiva. Del resto, Musk ci ha abituato che “per il meme” è in grado di fare questo ed altro. Non sappiamo come si evolverà questo remake di Rocky in salsa Big Tech, ma la cautela, visti i precedenti, è d’obbligo. Meglio concentrarsi sul vero protagonista della storia, quello che per ovvi motivi ci interessa di più: Gennaro Sangiuliano.
Il coinvolgimento del ministro intellettuale, uno dei rappresentanti governativi più chiacchierati sulle testate, non poteva capitare in un momento migliore: nel periodo che ha preceduto l’annuncio, Sangiuliano aveva annunciato propagandisticamente la tutela dei beni culturali italiani, pugno duro sui vandali e divieto retroattivo di saltare al concerto di Travis Scott al Circo Massimo. La formula legge e ordine tanto cara agli italici patrioti della maggioranza. Due giorni dopo la polemica esplosa per la serata del rapper texano, lo stesso ministro affitta il nostro patrimonio archeologico per la maxirissa tra i due imprenditori influencer. Attenzione però, in questo caso è più che giustificato perché “il ricavato andrà agli ospedali pediatrici”. Qualcuno pensi ai bambini direbbe la signora Lovejoy dei Simpson. Una storia arci-italiana che in fin dei conti fa sorridere più che indignare. La vera domanda da porsi di fronte a tutta questa faccenda è un’altra: l’Italia ha bisogno di rendersi appetibile all’estero, siamo tutti d’accordo, ma è questo il modo con cui speriamo di farlo? Ovviamente, in tempo zero, la notizia ha generato il solito dibattito ultra-polarizzato tra chi vede questa iniziativa come uno sfregio e chi come un’occasione irrinunciabile per pubblicizzare il nostro patrimonio storico e artistico (del resto l’antica Roma è uno dei tanti tormentoni insieme al buon cibo con il quale ci facciamo conoscere nel mondo), ma in assenza di una vera strategia che vada oltre il turismo occasionale, vale la pena investire risorse, prestando i beni millenari del paese come arena, per un’iniziativa di cui smetteremo di parlare due settimane dopo la sua conclusione? Intanto che si decide sul da farsi, dibattiamo sull’ennesimo capriccio di Musk. Agli italiani piace sempre dibattere, dibattere e ancora dibattere.