Per qualsiasi persona (non per forza) single è impossibile non essersi registrati almeno una volta su una dating app. Da Tinder a Badoo, da Bumble a Meeting, che sia per curiosità o per istinto di sopravvivenza (sessuale o sentimentale) il ditino si mette a scorrere a destra e a sinistra sullo schermo, apprezzando o rifiutando profili che l’algoritmo delle case madri sceglie di far comparire.
Per cui, dati alla mano, non è da ipocriti dire che la percentuale di persone che utilizza le dating app, queste versioni 2.0 dei vecchi siti d’incontri, è altissima. Tinder è fra le app di dating la più scaricata con 64 milioni di download in tutto il mondo e, nel 2021, secondo Business of Apps, ha registrato un totale di 75 milioni di utenti attivi. E stiamo parlando della principale fonte di incontri online, meritevole di una serie tv su Netflix (ricordate The Tinder Swindler?) e definita per antonomasia la dating app.
Fondata nel 2012, ai tempi era un ecosistema di incontri poco regolamentato, sicuramente meno conosciuto in Italia; nel 2015 è arrivata l’introduzione dell’abbonamento, il cui prezzo negli anni è aumentato fino ad arrivare agli attuali 27,49 euro italiani (ma attenzione, anche qui c’è un caso: un report pubblicato sul sito britannico Engagdet ha rivelato che in alcuni Paesi, fra cui Paesi Bassi e Stati Uniti, Tinder offriva prezzi diversi in base all’età e all’orientamento sessuale – della serie: i prezzi in esposizione potrebbero variare).
A cifre troppo alte molti e molte hanno detto: ok, mi accontento della formula base, che per chi non lo sapesse, indica il piano con like limitati, impossibilità di utilizzare un boost che metta in evidenza il tuo profilo, e oscuramento dei profili che hanno messo un cuoricino al tuo profilo, e lascerò che qualcun altro paghi per scopare o trovare il partner della vita – o, come molto spesso succede, giusto per il tempo di far ingelosire l’ex. Ma andiamo avanti.
Match, la società che controlla Tinder e altre dating app più vari media, quotata in Borsa al Nasdaq (come lo è Grindr, la società che ha fondato l’omonima app per appuntamenti bisessuali), ha annunciato che una sua altra app, Hitch, arriverà al massimo della sua estensione. Hitch non è, almeno in Europa, una delle app di incontri più note, ma i suoi utenti sono cresciuti di molto durante il 2022 e, come rilevato da Bloomberg, Match potrebbe portare il prezzo di un abbonamento mensile a circa sessanta dollari.
L’app infatti è ritenuta una delle più serie in termini di relazioni, nata nel 2012 proprio come succursale di Tinder per quello che riguarda gli incontri profondi. In altre parole, gli utenti che sono molto determinati scelgono Hitch, pagano di più e quindi l’algoritmo trova loro soluzioni ad altissima probabilità di matching con i profili migliori per questi utenti “fortemente motivati”.
Nello stesso articolo, Bloomberg parla di un possibile abbonamento a 500 dollari al mese e 6000 per quello annuale. Cifre marziane, ma si capisce che se i businessman dietro queste app sciorinano prezzi così alti è perché sanno che il pubblico pagante c’è.
Non esistono dati pubblici su quante persone abbiano effettivamente completato un processo sentimentale grazie a una dating app, ma è certo – anzi, è logico – che non tutti i match siano un incontro certo. Però la gente si iscrive, la curiosità sale, e il pagamento che va giù deve essere giustificato. Per fortuna, almeno, ci sono le categorie: in base a quanto paghi sblocchi diverse possibilità di azione, ma mettere un’app di incontri a sessanta dollari al mese (figurati 500) vuol dire toccare il classisimo puro. Più paghi più ricevi. E se non hai abbastanza soldi, non ti resta che fare come qualcuno che ancora va a rimorchiare nei locali.
Se creare volontariamente un abbonamento da sessanta dollari al mese per il popolo – perché esistono app come Luxy che sono fatte esclusivamente per un pubblico che vuole spendere, diciamo pure per un pubblico da “match di lusso” – ci fa capire che c’è prima ancora di un amore (o di una scopata) un business dietro, questo è anche un segnale per dire che tutti hanno un prezzo. In un mondo in cui il dating online ha smesso di essere stigmatizzato e flotte di viaggiatori ormai appena mettono piedi in un Paese nuovo iniziano subito a scorrere e matchare, l’aumento dei prezzi degli abbonamenti di queste app segna un cambiamento sociale.
Non pensate al vostro amico studente che ogni venerdì rimorchia cinque persone in Piazza Leonardo con la scusa dell’accendino; non pensate alla collega che con nonchalance riesce a trovare un partner a ogni uscita post lavoro. Pensa invece agli States, agli spagnoli, alle migliaia di Erasmus in Germania. La gente ormai scopa e si fidanza su Tinder ed è normalissimo avere un abbonamento a una dating app, quantomeno all’estero. Ed è pure normale spendere tanto se gli si dedica tempo. Sentire il prezzo di un abbonamento a sessanta o venti o quindici dollari/euro al mese per avere un appuntamento manda certa gente ai matti. Ma a quanto pare funziona, almeno per le tasche degli sviluppatori delle varie app.
Accettiamo che il sistema pago dunque rimorchio nella società funziona, e accettiamo che ci sono persone che sono disposte a pagare anche sessanta dollari al mese per farlo. Sembra esagerato? No. Come c’è chi spende centinaia di euro su Vinted per vestiti o scarpe usate, ugualmente c’è chi investe nelle relazioni tramite internet. È consumistico, lo so, ma l’amore liquido è anche questo, anzi, meglio stare su Tinder che farsi vedere dall’ex in piazza – non ci sorprendiamo se il corteggiamento è finito. O magari no ed è pronto a tornare. D’altronde con i prezzi che ci sono, un mazzo di fiori per rimorchiare la collega sarà comunque più economico dell’account Premium.