Rolling Stone Italia

Rovazzi sta facendo inca**are Milano

Lui stesso ammette che «la “rovazzata” è un po' sfuggita di mano». Ma ora il finto furto che si è scoperto essere una mossa per promuovere il nuovo singolo ‘Maranza’ fa arrabbiare tutti: il sindaco Sala lo bacchetta per la pubblicità negativa alla città, l’assessore Maran lo vuole addirittura denunciare. Ecco cosa sta succedendo

Foto da Instagram Rovazzi

Nel comunicato stampa che ha svelava il (ehm) mistero, si legge che è stata «una burla scherzosa». Fabio Rovazzi «ne ha combinata un’altra delle sue», ha finto il furto del proprio telefono mandando «in cortocircuito Milano» (leggo sempre dal comunicato, il cortocircuito in questione è ovviamente figurato), «ma l’obiettivo era promuovere Maranza», il nuovo pezzo con Il Pagante che dovrebbe diventare una delle prossime hit estive, o almeno così si augurano gli autori.

Fa sorridere che si parli di un’operazione del genere con un linguaggio così, diciamo, desueto, non perché non si possa, ma perché fuori di lì la trovata è stata interpretata semplicemente come il frutto malato dei tempi che corrono, un segno del futuro distopico in cui non vorremmo trovarci ma che viviamo già: è un oltraggio, è un paraculo, ai tempi gli artisti non si comportavano mica in questo modo, signora mia. Non è vero: Gabriele D’Annunzio da giovane aveva diffuso la notizia falsa della sua morte, «cadendo da cavallo sulla strada di Francavilla», si leggeva sui giornali, ed era tutta una strategia di marketing primordiale per far sì che la raccolta di poesie con cui aveva appena debuttato venisse notata. Nessuno paragona D’Annunzio a Rovazzi, ma la verità sta in mezzo.

Riavvolgiamo il nastro. Rovazzi va in diretta sul proprio profilo Instagram, su un tavolo all’aperto, (s’intuisce) a Milano. Dopo poco, il telefono gli viene sottratto da un ragazzo che cammina alle sue spalle; la corsa del fuggitivo dura una manciata di secondi, non si capisce niente se non che scappa, poi le trasmissioni s’interrompono. La notizia va ovunque, figurarsi, finché non è lo stesso cantante a smentire l’accaduto in un altro video insieme all’attore che si è prestato per fare il ladro, «che è un bravissimo ragazzo». «Volevo ringraziare tutti per i messaggi che mi avete mandato», aggiunge Rovazzi. Poi dice che «lato stampa la cosa è un po’ sfuggita di mano», e non è chiaro cosa intenda: che si aspettava? «Però ci tenevo a tranquillizzarvi: era finto». A Repubblica Milano ha ammesso di non pentirsi: «Ho fatto una rovazzata, non un errore. La rovazzata è una trovata pubblicitaria, di marketing, con una bufala fatta passare per verità. In passato mi sono inventato un video con Will Smith e uno con Robert Downey Jr. Maranza parla dell’aumento dei furti a Milano, cosa meglio di inventarne uno? Lo dico nel testo: “Mi hanno pulappato in corso Como”, cioè appunto derubato». Apriti cielo.

A prenderla peggio è l’amministrazione della città. Pierfrancesco Maran, assessore alla Casa, ha minacciato di fargli causa «per danni di immagine e simulazione di reato», «perché troppi “vip” ultimamente si stanno facendo pubblicità simulando reati qua». Il sindaco Beppe Sala ha vestito invece i panni del buon padre di famiglia, ma non è stato più tenero: «Se noi vogliamo una società in cui chi ha un minimo di visibilità può permettersi di non rispettare le regole e gli altri poveri diavoli devono farlo, questa non è la società che voglio io, quella in cui voglio vivere». Rovazzi si è scusato, dicendo che la cosa gli è sfuggita di mano, che a lui Milano sta a cuore «quanto sta a cuore a voi», e che comunque nella diretta non aveva mai detto esplicitamente di trovarsi in città. Certo è che se, come ha spiegato alla stessa Repubblica, voleva parlare dei furti a Milano, l’associazione era implicita prima di tutto per lui ‒ e comunque è il posto dove vive, e da dove trasmette più spesso. Infine, ha raccontato di essere dispiaciuto per le parole di Sala, che per i Club Dogo si era prestato a un video promozionale «dove Milano sembra Gotham City», come se adottasse due pesi e due misure.

Ora: al di là del fatto che le operazioni di marketing sono diverse ‒ l’una è palesemente una messa in scena, l’altra, sarà contento lui, una rovazzata ‒ e non ha senso fare paragoni, questa storia si porta dietro diversi spunti. Fare causa è una mossa bacchettona, ma ci sta che la politica s’innervosisca: Milano e la sua periferia sono il Bronx in metà delle canzoni rap o trap che vengono da lì, a ragione o a torto, ma le canzoni restano canzoni e non c’è da metterci bocca in quel senso lì, come non c’è da mettere bocca eventualmente sul contenuto di Maranza, non da parte di un assessore; però farsi pubblicità su Milano è un altro conto. Senza poi tenere conto degli stereotipi su cui scherza un video del genere: e se il video fosse stato ambientato a Napoli?

La sensazione è che a Rovazzi comunque sia sfuggito davvero tutto di mano, in buona fede. Forse non aveva messo in conto che qualcuno si potesse offendere, tra chi non ha il tempo, la voglia e l’età di scherzare con le dinamiche di lancio di una hit estiva ‒ e comunque è strano, considerando che negli ultimi anni abbia cercato di ripulirsi dall’immagine di cantante-youtuber per una più adulta, buona soprattutto per il pubblico più adulto e nazionalpopolare. Allo stesso modo, già in passato operazioni così, che tirano per il collo gli utenti, avevano dato segni di stanchezza, come quando lo scorso anno Highsnob aveva annunciato il ritiro dopo aver perso una causa, non fosse che era una gag e due giorni dopo sarebbe uscito il suo nuovo singolo. Anche lì: in pochi avevano riso, alla fine. Ed è particolare che uno come Rovazzi, che certe dinamiche le mangia a colazione, abbia adottato una strategia così ingenua, e non avesse messo in conto neanche la grande attenzione che è arrivata subito dopo (di nuovo: a che puntava allora?).

Forse, ecco, si è fatto prendere dall’ansia di doverla sparare più grossa di tutti, per farsi notare tra i miliardi di tormentoni pronti per l’estate. L’inventore delle canzoni-meme, come la stessa Andiamo a comandare, si è trovato a dover rendere se stesso un meme, pur di farsi notare. E di nuovo, anche qui, non c’è niente di nuovo in senso assoluto, ma il fatto che la comunicazione e le dinamiche dei social oggi siano così preponderanti sui pezzi stessi ‒ e questo anche a causa dello stesso Rovazzi, in passato ‒ spinge gli artisti a prendersi dei rischi in quel senso. Rischi, s’intende, spesso gratuiti, visto che in sé vederlo mentre gli viene rubato il cellulare non aggiunge niente, fa solo chiasso, e va a discapito del suo stesso lavoro, sempre ammesso che in questo caso sia scrivere canzoni e non andare virale per due giorni con una diretta. Perché, insomma, in quanti adesso avranno voglia di sentirsi ’sta benedetta Maranza?

Iscriviti