La colorazione fluorescente delle acque veneziane è ormai l’argomento politico del momento: da ieri il prefetto di Venezia, Michele Di Bari, ha convocato una riunione urgente con le forze di polizia della città per approfondire la questione, ma non è ancora stata ricostruita una dinamica dei fatti attendibile.
In tanti hanno chiamato in causa una performance realizzata dall’artista e architetto argentino Nicolás García Uriburu che, nel 1968, durante la Biennale “colorò” di verde le acque del Canal Grande utilizzando alcuni secchi pieni di fluoresceina sodica per sensibilizzare l’opinione pubblica occidentale sui temi dell’ambientalismo e dell’ecologia. Nel corso della sua attività Uriburu, morto nel 2016, ha eseguito in seguito altre performance simili, nel 1989 colorando in verde l’acqua di una delle fontane che circondano la piramide del Grand Louvre e l’acqua della fontana del Trocadero, a Parigi, il Rio de la Plata, il Riachuelo di Buenos Aires.
Il precedente di Uriburu è stato preso in considerazione anche dagli investigatori: secondo le analisi dei primi prelievi fatti dall’ARPAV, l’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale, a colorare l’acqua dei canali sarebbe stata proprio la fluoresceina – si tratta di un colorante in polvere che viene solitamente usato come “tracciante” nelle fognature, ovvero per localizzare eventuali perdite d’acqua. La fluorescina non è una sostanza inquinante, ma necessita di alcuni giorni per dissolversi completamente nell’acqua: la scengorafia verde fluo, quindi, potrebbe durare per qualche altra ora.
Dati i consistenti precedenti degli ultimi mesi, in tanti hanno puntato il dito contro gli attivisti di Ultima Generazione, che però ha negato il proprio coinvolgimento. Intervistato dal Corriere della Sera, un gondoliere ha spiegato di aver visto alcuni turisti norvegesi lanciare delle pastiglie nelle acque del Canale, ma ovviamente questa pista, per ora, è poco più di una speculazione.