L’ossessione per Veronica Lario, la seconda moglie di Berlusconi, nasce negli anni Ottanta, un’epoca di – è stato detto milioni di volte – edonismo in cui essere schifosamente ricchi non era un peccato o, soprattutto, una minaccia, ma un modello a cui ambire. Non che non sia ancora così, bastano le pagine di guru su Instagram su come diventare la miglior versione di sé (= fare i soldi) a dirlo, ma ce ne passa dai vestiti casual di Musk e Zuckerberg e quel senso di inquietudine che trasmettono al doppio petto di Berlusconi, all’epoca ancora solo Sua Emittenza, proprietario di tre reti televisive, del Milan più vincente di sempre, di case e quartieri residenziali. «Uno ricco come Berlusconi non può essere antipatico», scriveva (?) nel 1989 Jovanotti in Yo! Siamo o non siamo un bel movimento, instant-book redatto da chissà chi che oggi starebbe bene a un influencer. In quel momento Lario era già la sua compagna, presto sua moglie, un matrimonio al miele che testimonia come Berlusconi vivesse, e avesse sempre vissuto, in un eterno tempo delle mele.
Il punto d’arrivo di quella stagione è il 1994, quando Forza Italia vince le elezioni in pochi mesi e lui diventa Presidente del Consiglio, dimostrando che in tanti la pensavano come Jovanotti (che nel frattempo, però, era passato «tra Che Guevara e Madre Teresa», giusto per rendere giustizia). Lario è ancora lì, ancora entusiasta («Di una donna abbondante si dice che è “tanta”. Bene, mio marito è “tanto”»), anche se gli alti prelati della comunicazione della Fininvest lavorano già ai fianchi per trasformarla in un oggetto buono a un certo tipo di narrazione politica e di famiglia, quella appunto per cui l’amore vince sempre: un tornaconto di voti, ecco.
Nell’opuscolo Una storia italiana, che milioni di italiani si ritroveranno a casa per le elezioni del 2001, Berlusconi racconterà il colpo di fulmine con lei – vent’anni più giovane, conosciuta nel 1980 dopo uno spettacolo al Teatro Manzoni di cui era proprietario e in cui lei recitava – e di come la loro relazione, prima clandestina e poi ufficiale, avesse trasformato il matrimonio con la prima moglie in una «sincera amicizia». A lei il privilegio dell’ossessione, per fortuna, non era toccato: non ha fatto in tempo. In mezzo, tre figli (più i primi due) e l’impressione che Lario ci stesse: bellissima e neanche soprammobile, per un po’ si presta al sistema di valori del mondo del marito, in cui si vendono sogni; una moglie da sogno, un matrimonio da sogno, una vita da sogno. Se ce l’hanno fatta loro, ce la possiamo fare anche noi: il senso della prima campagna elettorale di Forza Italia è tutto qui. Poi a un certo punto anche lei comincia a dare segni d’insofferenza.
È quello che più o meno racconterà stasera ospite di A cena da Maria Latella, il talk di Sky TG24 in onda alle 21. Tipo che: «Non ho mai pensato di trovarmi un mio spazio nei salotti di Berlusconi. Io ero li perché rispettavo un ruolo, cercavo di farlo al meglio e per me significava fare un passo indietro»; o che «sono passata dall’essere “una velina ingrata” al tribunale di Milano che mi ha negato ogni diritto», riferendosi a come la magistratura le avesse tolto l’assegno di mantenimento da parte del marito nel 2017, e d’altronde «è difficile combattere contro il potere e la stampa soprattutto quando la stampa è piegata al potere».
Sì perché il loro rapporto, a un certo punto, è ovviamente diventato una guerra, e non solo perché si sono prima separati (2009) e poi hanno divorziato (2014). Il giocattolo, infatti, si era inceppato già a inizio anni duemila, quando il marito era odiatissimo e lei aveva cominciato a prendere posizioni su temi come la guerra in Iraq (le piacevano e non poco i pacifisti) e il referendum sulla fecondazione assistita (che paragonava a quello sull’aborto, decisivo); temi su cui, s’intende, il marito, perlomeno nella vita pubblica, era di tutt’altra opinione. E certo, in un paese normale sarebbe stato quasi un punto d’onore, avere una moglie che la pensa diversamente e che, paradossalmente, fa simpatia alla sinistra: un modo per dar voce al «pluralismo» che aveva sempre rivendicato da d’editore, e pure un pretesto per combattere, con una donna così emancipata, il maschilismo dei suoi partiti e delle sue reti; invece, siccome la realtà è evidentemente un’altra, a lui non stava bene e stampa e politica ne avrebbero approfittato, trasformandola in un’arma. L’ossessione, insomma, aveva cambiato pelle, ma era diventata ancora più forte.
La usano e la riusano anche di là, quindi, per esempio invitandola in maniera non si sa quanto provocatoria nel PD (Veltroni, 2009) oppure ospitando una sua lettera in cui pretendeva le scuse dal marito per una serie di uscite pessime (primi veri scricchiolii) sulle donne ai Telegatti del 2007 («All’uomo pubblico chiedo quindi pubbliche scuse», da Repubblica, giornale ammiraglio dell’anti-berlusconismo in un’epoca in cui i quotidiani facevano comunità). Poi lo scandalo delle olgettine, i bunga-bunga e la vita extra-coniugale di Berlusconi si mangiano la loro relazione, che comunque continua a far parlare per avvocati, udienze e appunto assegni di mantenimento. I due, che non per forza devono recitare la parte degli innocenti, provano a seppellire tutto, ma un gorgo li riporta sempre lì, sempre in auge, perfino quando lui si risposerà – ma sarà solo un matrimonio simbolico, pare per imposizione dei figli – con Marta Fascina. Anche la sua presenza al funerale dell’ex marito è stata una notizia.
Virtù private e pubblici vizi, verrebbe da dire. Di come fossero a casa Berlusconi e Lario, di che padre, per esempio, fosse lui o di che madre fosse lei, di cosa facessero nel tempo libero e il resto, abbiamo saputo poco, e neanche ci è interessato. In Loro, il film di Paolo Sorrentino su Berlusconi, con Elena Sofia Ricci nella parte di Lario, lei è un po’ la sua voce della coscienza, sempre un po’ infelice, colta alla fine del loro rapporto, comunque la sola in grado di guardarlo dentro, dirgli chi è davvero (spoiler: un misero venditore di illusioni, con tutto il rispetto, o almeno così sostiene il film), ma anche questa è una narrazione assoggettata a Berlusconi, a ciò che ci interessava sapere. Il fatto è che il berlusconismo e l’anti-berlusconismo si sono presi lui, lei e la loro relazione, prima con la loro connivenza e poi, magari, controvoglia. La sfida, ammesso che lo voglia, da stasera sarà dimostrare se e come esistere alla fine di tutto questo.