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Martiri della fallocrazia

Dal 2014, gli attacchi ispirati dal 'movimento Incel' hanno provocato decine di morti. Stragi accomunate da un retroterra comune: misoginia, volontà di restaurare l’antico ordine patriarcale e nostalgia per un mondo tradizionale che l’emancipazione femminile ha messo in discussione

Alle 18:11 del 12 agosto 2021 Jake Davison, un operaio 22enne, ha fatto irruzione in un appartamento di Plymouth, in Inghilterra, e ha aperto il fuoco contro sua madre, la 51enne Maxine Chapman; successivamente è uscito dal condominio e ha iniziato a sparare all’esterno del caseggiato, uccidendo sul colpo altre tre persone: Sophie Martyn, una bambina di tre anni, suo padre Lee e il 59enne Stephen Washington. Una quinta vittima, la pittrice 66enne Kate Sherpard, ha trovato la morte poche ore dopo nel vicino ospedale di Derriford dopo essere stata colpita all’addome. Dopo aver portato a compimento le esecuzioni, Davison si è suicidato con un colpo alla tempia, iscrivendosi nell’ormai foltissima lista dei “celibi involontari”, divenuti martiri per una “giusta causa”.

Nei giorni che hanno seguito quella che è stata definita come «la più grave sparatoria di massa» che il Regno Unito abbia sperimentato negli ultimi dieci anni, diversi giornali hanno provato a tracciare un profilo psicologico attendibile dell’autore del massacro: le prime ricostruzioni hanno messo in luce il ritratto di una persona sola, violenta e insoddisfatta, animata da una passione viscerale per le armi da fuoco – resa evidente anche da una playlist di video preferiti che annoverava al proprio interno canali come “God family and guns” e “The Gun Collective”; un serbatoio di frustrazione, rabbia sociale e rancore pronto ad esplodere da un momento all’altro.

Sul suo canale YouTube, chiamato “Professor Waffle” e soppresso dalla piattaforma subito dopo la sparatoria, Davison era abituato a postare lunghi sfoghi caratterizzati da una narrazione comune: si lamentava della sua verginità, del suo status sociale poco elevato e dettato da condizioni estranee alla sua volontà, di un’obesità invincibile che gli alienava ogni possibilità di interazione sociale, dell’impossibilità di trovare una partner stabile in un mondo dominato da standard estetici e di status riservati soltanto a una ristrettissima cerchia di maschi alpha, conformandosi ai dettami delle varie teorie LMS (Look, Money, Status) che da anni spopolano nei vari sottoboschi alt-right che affollano Internet.

Un retroterra ideologico pericolosamente vicino a quella galassia che, da qualche anno, è conosciuta come “Incel” (crasi inventata da un blogger canadese nel 2003 e che nasce dalla fusione delle parole involuntary e celibate). Più nello specifico, il termine si riferisce a un movimento di estrema destra piuttosto composito, sviluppatosi principalmente negli spazi digitali abitati dagli ambienti neo-reazionari americani (imageboard come 4chan e Futaba Channel, svariati subreddit, forum di discussione e altri spazi dedicati) e legato ad alcuni fatti di cronaca nera. Uno dei più celebri è quello che coinvolse lo studente universitario Elliot Rodger, autore del massacro di Isla Vista, che il 23 maggio del 2014 uccise 6 persone e ne ferì 14 per poi suicidarsi.

Anche nel caso di Rodger, la decisione affondava le radici nell’insoddisfazione per una vita sessuale mai sbocciata, come dimostrano alcuni aneddoti contenuti nella sua autobiografia, pubblicata poche ore prime della strage e intitolata My Twisted World, trasformatasi rapidamente in una sorta di manifesto della sottocultura Incel. In breve tempo, Rodger si è trasformato in una figura quasi messianica per tutti i “celibi involontari” del mondo, e il suo precedente ha fornito il pretesto per una lunga serie di atti di emulazione che hanno scosso fortemente l’opinione pubblica occidentale: nell’ottobre del 2015 Chris Harper-Mercer, uno studente di 26 anni, uccise 9 persone e ne ferì 8 in una sparatoria nell’Umpqua Community College a Roseburg, in Oregon, per poi togliersi la vita, come una sorta di martire della fallocrazia; prima di compiere il gesto estremo, pubblicò online un breve manifesto in cui espresse la sua venerazione per Rodger, etichettandolo come «Supreme gentleman»; il 23 aprile di tre anni dopo fu il turno di Alek Minassian, un cittadino canadese di origini armene, che si lanciò con un furgone contro un gruppo di persone che passeggiava nel centro di Toronto, uccidendo 10 persone e ferendone 16. Prima di mettersi alla guida, Alek pubblicò un post sul suo profilo di Facebook in cui inneggiava alla ribellione degli incel, elogiando esplicitamente il “gentiluomo” Rodger. Il 22 luglio dello stesso anno, il 29enne Faisal Hussain uccise una coppia in seguito a una lite con i suoi genitori, che poche ore prima gli avevano intimato di lasciare casa e “trovarsi una moglie”; nel suo smartphone è stata ritrovata una copia integrale di My Twisted World.

A novembre il 40enne Scott Beierle uccise 2 persone e ne ferì 4 durante un attentato in piena regola all’interno di una palestra di Tallahassee, in Florida, per poi suicidarsi. Nelle settimane che precedettero la strage, Beierle aveva pubblicato alcuni video online in cui si rivendicava la sua appartenenza al movimento incel e il risentimento covato per i troppi rifiuti che riceveva dalle donne che importunava online. Un fil rouge sanguinolento che è arrivato fino al 24 febbraio del 2020 anno quando, di nuovo a Toronto, un 17enne ha ucciso a colpi di machete una donna all’interno di una spa. L’identità del minore non è mai stata rivelata, ma la polizia ha compiuto un passo in avanti importante, classificando il caso come atto di terrorismo strettamente legato al movimento incel, suggerendo un precedente che avrebbe dovuto orientare l’operato dei giudici chiamati a pronunciarsi su casi simili.

La decisione canadese è stata salutata come uno spartiacque decisivo, che avrebbe prodotto riverberi anche al di fuori dei confini nazionali. Tuttavia, ciò non è accaduto nel caso di Plymouth: la polizia ha infatti deciso di non classificare la strage del 12 agosto come un atto terroristico in senso stretto, anche se imputabile a quel novero di ideologie che il programma anti-terrorismo Prevent definisce come “miste, mutevoli o poco chiare” e che, tra il 2019 e il 2020, sono state la fonte di più della metà degli interventi del programma, segnando un aumento rispetto all’11% rispetto a tre anni fa. Si tratta di una categoria ufficiale che gli specialisti dell’antiterrorismo inglesi impiegano per descrivere un individuo che si radicalizza senza una dottrina specifica di riferimento; eppure, in tutti i casi sopracitati, la misoginia, la volontà di restaurare l’antico ordine patriarcale e la nostalgia per un mondo tradizionale che l’emancipazione femminile ha messo in discussione rappresentano dei collanti peculiari, che non possono più essere ignorati.

Allo stato attuale, però, il retroterra che accomuna le stragi di questo tipo non sembra integrare i requisiti indispensabili per configurare il reato di terrorismo fissati dal Terrorism Act del Duemila – ossia l’uso o la minaccia di violenza volti a influenzare il governo, un’organizzazione governativa internazionale o a intimidire il pubblico o una parte di esso; l’uso o la minaccia della violenza allo “scopo di promuovere una causa politica, religiosa, razziale o ideologica”; l’impiego di una “violenza grave” o di azioni che potrebbero mettere in pericolo la vita di qualcuno o causare gravi danni alla proprietà. Nel frattempo, l’esercito “degli infelici” aumenta i suoi proseliti in ogni parte del mondo, Italia compresa; nel nostro Paese, spazi come il Forum dei brutti o il Redpillatore, di manifesta ispirazione Incel, sono più partecipati e in salute che mai, e non sono mancati neppure gli emulatori di Rodger: nel settembre dello scorso anno Antonio De Marco, un infermiere tirocinante di 21 anni, ha acquisito il poco invidiabile status di primo “gentiluomo” italiano esplicitamente riconosciuto, uccidendo Daniele De Santis e la sua compagna Eleonora Manta perché, nel suo bizzarro orizzonte concettuale, «erano troppo felici».

L’aumento di episodi di questo tipo dovrebbe far suonare un campanello d’allarme rimandato per troppo tempo; nel frattempo, come ha scritto sul Guardian Mark Townsend, non possiamo fare altro che augurarci che «Il prossimo Davison molto probabilmente sarà riconosciuto come un terrorista».

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