Nelle ultime settimane la figura di Éric Zemmour ha catalizzato l’attenzione mediatica in Francia per via della sua possibile candidatura alle elezioni presidenziali del 2022, che potrebbe scompaginare gli equilibri di forze all’interno della galassia dell’estrema destra francese. Collaboratore di lunga data del quotidiano conservatore Le Figaro, conduttore televisivo dai toni abrasivi e autore di libri che hanno fatto parecchio discutere – su tutti il fortunato saggio Il suicidio francese, pubblicato nel 2016, in cui puntava il dito contro “le élite politiche e artistiche eredi del ’68”, colpevoli a sua detta di aver frantumato l’unità del popolo francese attraverso continui incentivi all’immigrazione di massa e al multiculturalismo – Zemmour è riuscito a conquistare il proprio posto nel pantheon delle icone dell’universo conservatore francese, acquisendo la fama di paladino del politicamente scorretto e incassando l’endorsement di altre figure di spicco del pensiero reazionario autoctono, come ad esempio lo scrittore Michelle Houellebecq, che lo ha definito “la figura più interessante della contemporaneità tra i cattolici non cristiani”.
Oltre al clamore suscitato dai suoi libri e dalle sue rubriche su Le Figaro, una delle ragioni principali dell’ascesa di Zemmour è il successo riscosso da Face à l’Info, il suo talk show che va in onda tutti i giorni sul canale televisivo CNews (parte di una specie di think tank sovranista che ricorda moltissimo ByoBlu, il blog di controinformazione fondato da Claudio Messora) e che sta registrando ascolti record. Le posizioni di Zemmour sono talmente radicali da riuscire nell’impresa di superare, a destra, quelle del Rassemblement National di Marine Le Pen, e spaziano dalla teoria della sostituzione etnica all’anti-abortismo, fino a sfociare nell’azzeramento dei diritti degli omosessuali e nella nostalgia dell’epoca d’oro del colonialismo francese.
Condannato più volte per istigazione all’odio razziale – l’ultima lo scorso anno, dopo un discorso in cui comparava la tradizionale tunica gellaba, tipica del Maghreb, alle “divise degli eserciti di occupazione”, attaccando direttamente i musulmani che secondo lui “si comportano come colonizzatori” – Zemmour è considerato il principale responsabile della retorica sessista e razzista che si è diffusa nel mainstream televisivo francese. Le sue dichiarazioni sono talmente diffamanti che i suoi spettacoli quotidiani sono pre-registrati e vengono controllati prima di andare in onda – qualche settimana fa, ad esempio, ha paragonato i trattamenti previsti per le persone trans agli esperimenti pseudo-scientifici del medico nazista Josef Mengele.
Tuttavia, queste dichiarazioni parecchio ambigue sembrano aver incontrato il favore di buona parte dell’opinione pubblica francese. La popolarità di Zemmour è in crescita esponenziale: secondo un sondaggio realizzato a febbraio dall’istituto di ricerca IFOP, il 13% dei francesi potrebbe votare per lui alle presidenziali, mentre il 4% degli intervistati ha detto che lo farebbe “sicuramente”.
L’aumento dei consensi di Zemmour – che, pur non avendo ancora presentato una candidatura ufficiale, sta già preparando il terreno per la scalata all’Eliseo, dato che ha avviato le ricerche per individuare uno spin doctor che possa occuparsi della sua futura campagna elettorale, che secondo Politico dovrebbe essere Patrick Stefanini, storico consulente della destra francese – preoccupa moltissimo Marine Le Pen: la sua ascesa in politica in vista delle presidenziali del 2022 potrebbe ridimensionare le ambizioni della leader del Rassemblement National, impedendole di andare al ballottaggio – il sistema elettorale francese prevede un doppio turno per l’elezione del presidente – e favorendo un eventuale candidato di sinistra, come la sindaca di Parigi Anne Hidalgo.
Non a caso, in passato, Le Pen ha provato a cooptare tra le fila del suo partito il conduttore televisivo, proponendogli di presentarsi nelle sue liste per le elezioni europee. In quell’occasione, Zemmour oppose un secco rifiuto, dichiarando che, per il momento, il suo ruolo “gramsciano” fosse più efficace, nella convinzione di guidare la nuova egemonia culturale delle idee dell’estrema destra in Francia.
Anche se comprendere tutte le ragioni che hanno trasformato le giravolte reazionarie di Zemmour in un’investitura credibile non è semplice, una parte di responsabilità è da attribuire all’atteggiamento aperturista di Emmanuel Macron, che nell’ultimo anno non ha perso occasione per strizzare l’occhio all’estrema destra francese, distanziandosi dal socialismo liberale cui veniva spesso associato per adeguarsi all’andamento del dibattito pubblico francese – che si sta spostando sempre di più verso destra – e portare avanti posizioni più prossime alla tradizione neo gollista di Chirac e Sarkozy, annunciando giri di vite sulla sicurezza e norme molto invasive verso il culto islamico, schierandosi apertamente contro la diffusione di video sulle operazioni di polizia e portando avanti una riforma sull’immigrazione particolarmente restrittiva. In questo contesto una figura come quella di Zemmour, da sempre schierata su posizioni iper-conservatrici, finisce per forza di cose per apparire più credibile che mai agli occhi dell’opinione pubblica.