Colin Powell, l’ex Segretario di Stato americano durante la presidenza Bush e una delle figure più importanti dietro la guerra in Iraq, è morto ieri per complicazioni legate al Covid-19. Aveva 84 anni e, pur essendo vaccinato, soffriva da anni di un mieloma, un cancro del sangue che inibisce l’abilità dell’organismo di rispondere alle infezioni. “Abbiamo perso un bravissimo marito, padre, nonno e un grande americano”, ha scritto la famiglia Powell in una dichiarazione pubblicata sulla sua pagina Facebook.
Veterano del Vietnam, la vita di Powell era stata scandita dalla capacità di infrangere le barriere che la società gli metteva davanti. È stato il primo uomo nero a diventare Consigliere per la sicurezza nazionale sotto la presidenza Reagan; il primo Capo di stato maggiore congiunto dell’esercito americano sotto la presidenza Bush sr. e il primo Segretario di stato americano sotto Bush jr. In questo ruolo ha legato il suo nome all’invasione americana dell’Iraq nel 2003: celebre è la foto che lo ritrae all’ONU con in mano una provetta che diceva essere piena di antrace, per dimostrare all’assemblea che Saddam Hussein possedeva armi di distruzione di massa – che poi non sono mai state trovate – e giustificare così l’invasione.
Eppure, riguardo alla guerra in Iraq, almeno all’inizio Colin Powell era esitante e dubbioso. Ma alla fine si era uniformato al desiderio dell’amministrazione Bush di rimuovere dal potere Saddam Hussein e aveva presentato l’idea di invadere l’Iraq alle Nazioni Unite: “Lasciare che Saddam rimanga in possesso di armi di distruzione di massa per altri mesi o anni non è un’opzione, non in un mondo post-Undici Settembre”, aveva detto in quell’occasione. Un mese dopo queste parole, gli Stati Uniti avrebbero invaso l’Iraq – dando inizio a un conflitto catastrofico che ha provocato mezzo milione di morti, la distruzione di un Paese, la destabilizzazione di una regione, l’ascesa dello Stato Islamico.
Nel 2006, Powell si è detto rammaricato per quel discorso e soprattutto per aver presentato di fronte al mondo delle prove rivelatesi poi false. “Sono quello che le ha presentate davanti agli Stati Uniti e al mondo e farà sempre parte della mia storia. È stato doloroso allora ed è doloroso anche oggi”, ha detto nel 2006. Tali ripensamenti l’avevano portato a passare dalla parte dei democratici, votando Obama nel 2008 e supportando Biden nelle elezioni del 2020.
Ma la guerra in Iraq non è stata l’unica guerra combattuta da Powell che, in quanto militare di carriera, ha avuto un ruolo in tutte le operazioni militari americane durante la guerra fredda e dopo. Nel 1969 era stato incaricato di investigare e scrivere un rapporto sul massacro di My Lay, in Vietnam, in cui era rimasti uccisi più di 300 civili: in quell’occasione Powell aveva negato le accuse contro i militari americani sostenendo che “le elazioni tra i soldati americani e il popolo vietnamita sono eccellenti”. Negli anni Settanta, da assistente militare del Segretario alla difesa, aveva coordinato l’invasione di Granada e il bombardamento della Libia; negli anni Ottanta, da Capo di stato maggiore di Bush sr. aveva coordinato l’invasione di Panama e quella della Somalia.
Questo articolo è apparso originariamente su Rolling Stone US