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Come Alexey Navalny vuole sfidare Putin per il potere

Il dissidente avvelenato quest'estate non è solo tornato in Russia, ma è tornato con un piano preciso per sfidare Putin. E la prima mossa è una video inchiesta sulla sua megavilla da 1 miliardo di dollari sul Mar Nero, "la più grande tangente della storia"

ALEXANDER NEMENOV/AFP via Getty Images

“Il nonno se ne sta nel bunker, ha così paura che ha disintegrato il sistema processuale russo”, ha detto Alexei Navalny lunedì, poco prima di ricevere una nuova condanna a 30 giorni di carcere per avere violato i termini della libertà condizionata. Il “nonno”, è chiaro a tutti, è Vladimir Putin, che siede da 20 al Cremlino e potrebbe continuare a farlo per i prossimi 15 sulla base di una recente riforma della Costituzione.

Ma quel che Navalny intendeva con il termine “bunker” si è capito sino in fondo soltanto ieri pomeriggio, quando il suo team ha pubblicato la spettacolare video inchiesta sulla lussuosa proprietà del presidente poco lontano da Gelendzhik, sulle coste del Mar Nero: 7.500 ettari di terreno coperti da una no-fly zone; una villa in stile neoclassico con teatro personale e sala per lap dance; un costo di un miliardo di euro che, secondo Navalny, rappresentano “la più grande tangente della storia”.

Da una decina di anni il “palazzo di Putin” passa per le cronache della stampa russa ed europea. Alla costruzione avrebbero preso parte anche imprese italiane. Nessuno, però, era ancora riuscito a mettere insieme un resoconto così dettagliato, tanto che il video una volta su YouTube ha raccolto venti milioni di click in un solo giorno.

“Questa non è soltanto un’inchiesta: è un ritratto psicologico che serve a capire come un ordinario funzionario sovietico sia diventato un folle con l’ossessione del denaro e del lusso, pronto a tutto per il suo scrigno d’oro, anche a uccidere il nostro Paese”, dice Navalny nella prima parte del lavoro, girata a Dresda, in Germania – la città in cui Putin ha prestato servizio 40 anni fa, quand’era un ufficiale dei servizi segreti, e in cui Navalny ha passato una parte della convalescenza dopo l’avvelenamento che sostiene di avere subito in Russia l’estate scorsa.

Questo attacco diretto a Putin segna una nuova fase nella strategia di Navalny. Il suo team anti corruzione aveva già chiuso inchieste su figure di primo piano dell’entourage presidenziale, come l’ex premier Dmitri Medvedev o l’ex procuratore generale Yuri Chaika. Ma mai prima d’ora si era spinto oltre le porte del Cremlino. Il fatto che avvenga adesso non è casuale: Navalny non ha alcuna intenzione di diventare il “Nelson Mandela russo”, come lo hanno chiamato alcuni quotidiani in Europa. È tornato a Mosca con un piano preciso per assumere la guida dell’opposizione russa e per contendere il potere a Putin.

L’indagine sul palazzo del presidente – una storia datata ma comunque appetibile, soprattutto in questo momento – è la sua prima mossa. La seconda è già nota: è l’appello ai russi a scendere in piazza sabato contro il Cremlino, che accompagna la video inchiesta e che il portavoce di Putin ha definito “allarmante”. Anche perché gli apparati di sicurezza ormai ritengono Navalny un “agente esterno”, pesantemente influenzato da istituzioni e governi stranieri.

È lecito supporre che le sue mosse successive siano già stabilite: tutto quello che accadrà nell’arco dei prossimi giorni andrà considerato come la parte di una strategia che Navalny e i suoi hanno studiato a lungo e che è diventata possibile da alcuni mesi, grazie anche alla popolarità che l’attivista ha ottenuto in patria dopo il caso dell’avvelenamento.

“Io non ho paura e neppure voi dovete averne”, ha dichiarato domenica, una volta all’aeroporto Sheremetevo. Parole che, alla luce degli eventi di questa settimana, assumono un significato ben preciso e se vogliamo minaccioso per gli equilibri interni della Russia – soprattutto in vista della manifestazione prevista per sabato, che potrebbe essere l’inizio di una inedita stagione politica.

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