Alla fine si finisce a dare ragione agli esterofili, a chi dice che fuori dall’Italia è meglio, c’è uno Stato sociale che funziona, la sanità non cade a pezzi, diverse professioni hanno riconoscimenti e tutele che noi neanche conosciamo, e poi i diritti, sapessi i diritti, in Germania, in Olanda, in Francia… in Francia. In Francia il Parlamento in seduta riunita – anche lì, Camera e Senato – ha approvato che il diritto all’aborto venga inserito nella Costituzione, di fatto blindandolo da possibili problemi. È il primo Paese in assoluto a farlo, in un’epoca in cui i diritti civili sono ampiamente in discussione: da noi ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza (che è sancita dalla legge 194 del 1978, comunque anni luce avanti rispetto ad altre parti del mondo) per esempio è una corsa a ostacoli tra obiettori, e in generale in venti nazioni nel mondo è proprio proibito, tra le quali Malta. Per restare in Europa, in Polonia è garantita solo in casi in cui il parto metta a rischio la salute della donna. Per non parlare, appunto, del resto del mondo.
Probabilmente i numeri e le scene che si sono visti in Francia in questi giorni sono la causa, più che la conseguenza, di una scelta del genere, ma osservati dall’Italia fanno comunque impressione. Per dire: su un totale di 925 parlamentari, per esprimersi su questa revisione costituzionale hanno votato in 852; ebbene, i favorevoli sono stati 780 e i contrari appena 72, una maggioranza bulgara ben al di sopra dei tre quinti del totale che servivano per la modifica. Nel frattempo, migliaia di persone erano scese in piazza, a seguire le immagini che arrivavano da Versailles sotto i maxi-schermi (robe da partita di calcio), e quando è arrivata l’ufficialità è partita la festa. La Tour Eiffel s’è illuminata, e c’era scritto: “Mon corps, mon choix“, “mio il corpo e mia la scelta” – riuscite a immaginare una scena così, boh, sul Colosseo? Il premier Attal ha parlato di un «debito morale nei confronti delle donne» e di come «il treno dell’oppressione può sempre ripassare», mentre il presidente della Repubblica Marcon ha citato il «messaggio universale» della riforma, invitando tutti in strada per l’8 marzo. Anche qui: roba da fantascienza.
Non serve andare a rovistare in motivi politici, di schieramenti o di partiti, per capire che non è una questione di destra o di sinistra se la Francia è riuscita a garantire un diritto civile prima degli altri. Cioè: Macron è un progressista, senz’altro, ma è tutt’altro che un uomo di sinistra radicale, anzi, al netto delle sue alleanze è abbastanza al centro, come lo è pure Attal; non bastasse, alle elezioni del 2022 Marine Le Pen, ovvero l’estrema destra, ha ricevuto appena quattro punti in meno del rivale (27% contro 23%), dimostrando di avere il suo bel bacino di affezionati. Eppure, perfino la stessa Le Pen, con tutti i distinguo del caso, ha votato a favore della riforma, così come diversi suoi deputati e senatori. Tradotto: è più che altro una questione culturale, che ha a che fare con la tradizione laica – che, davvero, si perde nei secoli dei secoli – e ostile alle interferenze della religione sul dibatto pubblico della Francia.
Non a caso, le reazioni più accese sono arrivate dal Vaticano («Non può esserci un diritto a sopprimere una vita umana») e dai vescovi francesi, che hanno invitato a «pregare soprattutto affinché i nostri concittadini ritrovino il gusto della vita, di darla, di riceverla, di accompagnarla, di avere e di allevare dei bambini». Ieri pomeriggio, poi, qualche manifestante pro-vita si è comunque fatto sentire, ma i sondaggi dicono che al momento quattro francesi su cinque sono favorevoli alla riforma. Intanto, anche nel resto del mondo è soprattutto la religione, e non solo quella cristiana, a fare barricate al di sopra e all’interno di governi e schieramenti politici: l’aborto è proibito o limitato in molti paesi dove l’impronta cattolica o islamica è forte, e anche in Italia, dove il cattolicesimo è soprattutto questione di retaggio, la legge 194 ha sempre faticato a imporsi, sia che al potere ci fosse la destra e sia che ci fosse la sinistra. Difficile sottovalutare l’influenza e la presenza del Vaticano, che al contrario, ovviamente, ha un rapporto storicamente molto complicato con i francesi.