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Come il Portogallo è diventato un modello virtuoso nella lotta al coronavirus

Nonostante il sistema sanitario sia debole e la popolazione sia molto anziana, il Paese è riuscito a contenere in modo estremamente efficace l'epidemia

Pedro Fiúza/NurPhoto via Getty Images

Il Portogallo sta diventando un esempio positivo di risposta al coronavirus. Un caso. Nonostante il sistema sanitario sia stato fortemente colpito dalla crisi del debito e la percentuale di popolazione ultraottantenne sia la più alta in Europa dopo l’Italia e la Grecia. Senza dimenticare che negli ultimi anni moltissimi pensionati si sono trasferiti nel Paese per godere delle condizioni fiscali favorevoli.

Eppure i dati parlano chiaro: al 16 aprile c’erano circa 18mila casi accertati e 629 decessi, con un tasso di letalità che si aggira intorno al 3% e una curva dei contagi che non è mai arrivata ai livelli di Italia, Francia e della vicinissima Spagna, la più colpita in Europa dal COVID-19, l’unico Paese con cui il Portogallo confina e rispetto a cui ha registrato un decimo dei suoi casi.

Le spiegazioni rimbalzate sui quotidiani internazionali per questa anomalia sono molteplici. Una delle più evidenti è la repentina decisione del governo, dal 2015 guidato dal primo ministro socialista Antonio Costa, di attivare il lockdown dappertutto. È accaduto il 18 marzo, due settimane dopo la scoperta dei primi casi e quando i contagi registrati erano solo 448. In Spagna e Italia, la stessa misura è stata adottata quando i contagiati erano già migliaia.

Lo stesso vale per le scuole che si sono fermate il 12 marzo, quando il paese contava circa 200 contagi. Un dato che faceva paura era la disponibilità, bassissima, di posti letti di terapia intensiva: 4,2 ogni 100mila abitanti – per fare un esempio, in Spagna sono 9 ogni 100mila abitanti. “Il Paese era pronto al peggio”, ha spiegato al Guardian il segretario di Stato portoghese responsabile della salute, Antonio Sales. E sicuramente le tre settimane di “ritardo” rispetto a Italia e Spagna nel manifestarsi dei primi casi hanno permesso al governo di preparare una risposta adeguata, avviata quando i malati erano ancora pochi.

Anche la coesione politica ha dato una grossa mano, con l’opposizione che si è da subito dichiarata disposta a collaborare per fronteggiare l’emergenza. Basti pensare che il Portogallo ha attuato un provvedimento impensabile anche solo in Italia: la regolarizzazione di tutti gli immigrati in attesa di permesso di soggiorno, così da permettere anche ai più vulnerabili di avere accesso alla sanità pubblica e all’assistenza adeguata. Nel mentre, nel nostro Paese da giorni associazioni e sindacati si stanno battendo perché venga inserita in un decreto la possibilità di regolarizzazione dei cittadini stranieri non comunitari già presenti sul territorio, a fronte di un contratto di lavoro. Una decisione che potrebbe salvare il settore agricolo.

Un altro possibile motivo del basso tasso d’infezione riscontrato in Portogallo è che qui, nonostante la popolazione anziana sia molto consistente, moltissimi di questi anziani sono stati vaccinati per la tubercolosi. Così come può aver aiutato il comportamento tenuto dagli abitanti in questi ultimi mesi. escono di rado, il 51% solo una volta a settimana o anche meno, nonostante il lockdown permetta lo sport all’aperto e nonostante fabbriche e cantieri siano rimasti aperti.

Resta il fatto che la crisi economica causata dalla pandemia colpirà duramente il Portogallo, dove già Lisbona è in ginocchio a causa del crollo del turismo – motivo per cui sono stati sospesi gli affitti delle case popolari fino a giugno. Secondo quanto riferisce il ministro delle finanze Mario Centeno, la crisi sarà cinque volte più grave di quella dello scorso decennio.

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