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Come l’industria dei videogiochi ha reagito alla guerra in Ucraina

Le azioni di ostracismo e di estromissione commerciale che l’Occidente ha intrapreso contro Mosca hanno avuto riverbero anche nell’intrattenimento digitale, trovando il supporto delle multinazionali legate a questo settore

Foto di Joan Cros/NurPhoto via Getty Images

Da una parte gli autori di mondi immaginari sempre più complessi, dall’altra la recrudescenza di una guerra fin troppo tangibile e insensata. All’appello internazionale per il blocco delle attività economiche in Russia dopo l’invasione in Ucraina, anche il mondo dei videogiochi ha risposto presente. Le azioni di ostracismo e di estromissione commerciale che l’Occidente ha intrapreso contro Mosca hanno avuto riverbero anche nell’ambito dell’intrattenimento digitale e hanno trovato il supporto delle multinazionali legate a questo settore. Una presa di posizione in linea con quanto richiesto dal governo ucraino stesso.

Lo scorso 2 marzo infatti, dopo poco più di una settimana dall’invasione russa, il vice primo ministro Mykhailo Fedorov (che ricopre anche il ruolo di ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale) aveva pubblicato su Twitter una lettera-appello rivolta a tutte le aziende che operano nell’industria dei videogiochi, citando in particolare PlayStation e Xbox. Lo scopo era convincere i principali attori del mercato videoludico a interrompere ogni attività in Russia e Bielorussia.

La risposta è stata pressoché unanime. Dopo l’uscita della divisione Xbox di Microsoft dal mercato locale, anche Sony (proprietaria del brand PlayStation) ha fatto sapere di aver sospeso la spedizione delle sue console e di aver bloccato ogni operazione sul suo store digitale in Russia, in concomitanza con la campagna di lancio del nuovo titolo di punta, Gran Turismo 7. Per motivare il suo blocco, Nintendo ha invece fatto riferimento alla «notevole volatilità» legata alla logistica di spedizione di beni fisici nel Paese, fornendo quindi motivazioni ufficiali avulse dalla solidarietà nei confronti del popolo ucraino. Al momento però, anche l’eShop dell’azienda giapponese con sede a Kyoto è in fase di manutenzione e non è accessibile agli utenti russi. La compagnia ha anche annunciato di aver posticipato l’uscita su Nintendo Switch di Advance Wars 1+2: Re-Boot Camp, gioco di strategia a tema militare, a causa dei «recenti eventi mondiali».

In seguito alla richiesta di Fedorov e sulla scia della mobilitazione generale, Take-Two – tra gli editori di videogiochi più grandi al mondo, celebri per la serie Grand Theft Auto – si è accodata all’embargo volontario, così come i colossi Activision Blizzard (Call of Duty, StarCraft) ed Epic Games, gli ideatori di Fortnite che hanno scelto però di far rimanere accessibile la loro piattaforma, per permettere ai giocatori in Russia di comunicare con il resto del mondo. Ubisoft (Assassin’s Creed, Far Cry) aveva iniziato ad anticipare gli stipendi dei dipendenti dei suoi studi in Ucraina già a febbraio, in previsione delle eventuali interruzioni economiche provocate da un conflitto. Il publisher francese si è successivamente mobilitato mettendo a disposizione alloggi abitativi e donando oltre 200mila dollari alla Croce Rossa ucraina e alla Ong Save the Children. Anche la software house polacca CD Projekt RED (The Witcher e Cyberpunk 2077) ha annunciato una donazione di 240mila dollari per sostenere gli aiuti umanitari destinati al Paese limitrofo.

EA Sports, casa sviluppatrice della serie FIFA, ha fatto di più: oltre a interrompere la vendita di alcuni contenuti virtuali, ha simbolicamente rimosso la nazionale e tutti i club del campionato russo dal gioco a tema calcistico. Stessa sorte per le squadre legate a Mosca nel gioco di simulazione di hockey su ghiaccio NHL. La controffensiva del Cremlino al blocco generale del mercato occidentale dell’intrattenimento – che riguarda anche il mondo della musica e del cinema – è stata perentoria. Citando il quotidiano statale Rossijskaja Gazeta, City AM ha riferito che il governo russo avrebbe già modificato alcune regole nazionali legate alla proprietà intellettuale, al fine di aggirare i diritti detenuti dai titolari di brevetti occidentali. Stando al rapporto, lo staff di Putin avrebbe «legalizzato in modo efficace la pirateria», introducendo nuove leggi che consentono alle aziende di utilizzare prodotti tutelati da I.p. provenienti da Paesi «ostili», senza pagare. Una misura drastica che potrebbe essere estesa fino a consentire l’utilizzo senza licenza di tutti i software americani ed europei.

Sul fronte interno, la vicenda di GSC Game World – casa di sviluppo nata a Kiev e conosciuta per la serie S.T.A.L.K.E.R. – racconta invece il dramma umano ed economico di chi è stato colpito in maniera più diretta. Dopo aver inizialmente chiesto ai fan e agli sviluppatori di giochi di fornire supporto finanziario alle forze armate ucraine, l’azienda si è vista costretta a sospendere completamente lo sviluppo dei suoi giochi, per concentrarsi sulla sicurezza dei propri dipendenti. Anche il mondo degli eSport (le competizioni di videogiochi) non è rimasto indifferente e si è mosso di pari passo con la controparte rappresentata dagli sport tradizionali. L’Esl (Electronic Sports League, il più importante organizzatore di tornei a livello mondiale) ha estromesso tutti i team russi dalla propria competizione, iniziando con l’esclusione dalle gare del titolo sparatutto Counter-Strike: GO le squadre Gambit Gaming e Virtus Pro, vicine al governo russo. Discorso simile per la Pro League del videogioco Quake Champions, gestita da Bethesda Softworks.

Sebbene la Russia sia un mercato in crescita per i principali editori di videogiochi, stando a un rapporto NewZoo del 2021 il Paese non raggiunge nemmeno le prime dieci nazioni per ricavi generati dall’industria videoludica nel mondo. Su piattaforme di gioco come Steam, la comunità russa è però estremamente numerosa ed è cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni; ciò suggerisce quanto il malcontento legato alle restrizioni di questo settore potrebbe intaccare una porzione consistente di popolazione, soprattutto i giovani. La piattaforma gestita dalla compagnia statunitense Valve Corporation, ad ogni modo, non ha preso provvedimenti in chiave anti-russa a seguito dell’exploit bellico, anche se l’utilizzo dell’applicazione è stato complicato dalla sospensione dei servizi di pagamento da parte di fornitori come PayPal.

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