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Davvero l’Unione Europea vuole censurare il Natale?

Lo stanno dicendo da ieri giornali e politici di destra, parlando di un fantomatico "documento segreto" della Commissione Europea

Foto via Unsplash/Twitter

Sta per cominciare dicembre, Natale si avvicina, la destra italiana ha finito gli argomenti e ne cerca disperatamente di nuovi. È in questo contesto che è nata una vicenda surreale, rilanciata ieri dai principali quotidiani e da esponenti politici di primo piano, che solo a nominarla ad alta voce viene quasi da ridere: la notizia secondo cui l’Unione Europea ci vorrebbe vietare di usare la parola “Natale”.

Un piccolo riepilogo per chi si fosse perso i fatti delle ultime ore. Ieri la Commissione Europea ha diffuso un documento – che alcuni giornali hanno etichettato come “segreto”, ma che non è affatto segreto – contenente un “aggiornamento delle linee guida per una comunicazione corretta e inclusiva”. Il protocollo, denominato “Union of Equality”, era già stato redatto in passato ma durante la scorsa settimana è stato riveduto, corretto e trasmesso internamente al personale europeo. Il suo scopo è incentivare l’impiego di un linguaggio più inclusivo, sulla base del principio secondo cui “ogni persona in UE ha il diritto di essere trattata in maniera eguale”, senza riferimenti a “genere, etnia, razza, religione, disabilità e orientamento sessuale”.

Si tratta di semplici principi di buonsenso, di una lista di buone pratiche che in un paese normale non dovrebbe suscitare alcun tipo di polemica. Per fare qualche esempio: la Commissione Europea afferma che “sono preferibili” i nomi e i pronomi neutri, che è meglio dire “dear colleagues” e non “ladies and gentlemen”, che è meglio usare “they” invece di “he” o “she”.

E poi c’è un altro punto, quello che ha fatto divampare la polemica: il protocollo raccoglie alcuni esempi che dovrebbero aiutare a sviluppare un linguaggio più inclusivo anche da punto di vista religioso. Idealmente, dice il documento, le festività dovrebbero essere indicate senza connotazioni religiose, ma in maniera quanto più possibile generica. Ad esempio sarebbe meglio dire “le festività sono stressanti”, rispetto a “il Natale è stressante”. E da qui lo scandalo: la Commissione Europea sta minacciando le radici cristiane dell’Europa vietandoci di chiamare “Natale” il Natale.

Ovviamente, come ha spiegato Tommaso Coluzzi su Fanpage, non si tratta di un tentativo di censura ma di un semplice consiglio e non di un attacco ai valori cristiani ma di un’indicazione di buonsenso per “evitare di dare per scontato che tutti siano cristiani”. Ma niente, per la destra italiana – e non solo quella italiana – l’Unione Europea vorrebbe “cancellare il Natale”. Una carrellata di titoli di giornale al riguardo mostra bene le dimensioni di questa follia: In Europa vietato dire Natale e perfino chiamarsi Maria (Il Giornale)” a Mai dire Natale: il decalogo UE che vuole dettare le parole corrette (Repubblica), L’Unione Europea vuole ‘cancellare’ il Natale (La Gazzetta di Parma).

Ovviamente reazioni ugualmente folli sono arrivate dalla politica. Per Giorgia Meloni il documento vuole “sopprimere la cultura di un popolo”, Antonio Tajani e altri europarlamentari di Forza Italia hanno annunciato che presenteranno un’interrogazione scritta alla Commissione Europea – per un documento che, è bene ricordarlo, non è una direttiva ma un semplice vademecum che dà consigli di buone maniere. E poi c’è come al solito Matteo Salvini:

Intervistato dall’AGI, un portavoce della Commissione Europea ha provato a spegnere il fuoco prima che divampasse troppo, spiegando che “come molte altre organizzazioni, prepariamo regolarmente guide di stile interne su diverse aree. Quelle linee guida sono raccomandazioni al personale per il proprio lavoro quotidiano”. Insomma, oltre a non essere prescrittivo, il documento non era nemmeno rivolto a quelli che si sono indignati ma solo a chi lavora per la Commissione Europea.

Ancora una volta, quindi, la polemica nasce dal nulla. Per rimanere in tema è una polemica-Babbo Natale – nel senso che non esiste, anche se la destra italiana vuole crederci.

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