Con 7332 nuovi casi ieri l’Italia ha segnato il suo nuovo record per quanto riguarda le infezioni da coronavirus, superando il picco di 6557 casi toccato lo scorso 21 marzo. Certo, oggi la situazione è diversa: il numero dei tamponi è molto più alto (ieri erano ben 150mila) e a differenza di marzo la maggior parte di questi casi sono lievi o asintomatici. Ma se ancora non siamo in una situazione di emergenza, ciò non vuol dire che la seconda ondata non sia qui, che le cose non stiano peggiorando ogni giorno che passa e che l’emergenza potrebbe arrivare presto.
Solo il mese scorso, al festival dell’Economia di Trento, il premier Conte aveva respinto categoricamente l’ipotesi di un secondo lockdown. “Ho escluso pubblicamente un nuovo lockdown, siamo in condizioni diverse dai primi dell’anno”, aveva detto, “per tutta l’estate abbiamo lavorato per rinforzare [il sistema sanitario nazionale]. Nessun altro paese ha un sistema di monitoraggio della curva sofisticato come il nostro”.
Di fronte agli ultimi dati, però, l’umore delle autorità sanitarie e dell’0pinione pubblica sembra essere cambiato. Ieri, subito dopo la pubblicazione del bollettino quotidiano, #Lockdown2 è andato in tendenza su Twitter, a testimonianza di un timore profondo degli italiani per quello che ci aspetta.
In un’intervista su Rainews, il direttore del Laboratorio di Virologia e Microbiologia dell’Università di Padova Andrea Crisanti ha rilanciato ieri l’ipotesi di un secondo lockdown. Parlando della possibilità di un lockdown durante le vacanze di Natale, Crisanti ha detto: Io penso che sia nell’ordine delle cose: un lockdown in quel periodo potrebbe resettare in qualche modo il sistema, abbassare la trasmissione e aumentare il contact tracing, perché con i numeri di ora il sistema è saturato”.
Sulla stessa linea anche altri due esperti: secondo Patrizio Pezzotti, l’epidemiologo dell’Istituto Superiore di Sanità che cura il rapporto mensile sulla mortalità da Covid-19, nel giro di poche settimane arriveremo ad avere 100 morti al giorno. Mentre il virologo e direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi di Milano, Fabrizio Pregliasco, intervistato oggi su Radio2 ha detto che il rischio di un secondo lockdown prima di Natale “c’è, ma se prendiamo provvedimenti credo che potremmo convivere con la presenza del virus. È necessario scovare più positivi possibile, soprattutto gli asintomatici; più li controlliamo e meno contagiano”. A suo dire il punto di non ritorno oltre cui un lockdown è inevitabile si avrà se e quando le terapie intensive vedranno occupati il “50-60% dei posti letto”.
In alcune parti d’Italia la situazione sembra essere già particolarmente problematica – ad esempio in Lombardia, dove ieri sono stati registrati 1844 positivi, di cui 1032 a Milano. “Il numero dei pazienti ricoverati in terapia intensiva sta aumentando in modo esponenziale e, come tutti i matematici sanno, l’esponenziale a un certo punto impazzisce”, ha detto ieri Antonio Pesenti, direttore del Dipartimento di Rianimazione del Policlinico e coordinatore delle terapie intensive dell’Unità di crisi della Regione Lombardia per l’emergenza coronavirus, aggiungendo che, se pensa a quello che potrà succedere nelle prossime settimane “mi tremano i polsi”.
Per ora, spiega Pesenti, in Lombardia si riesce ancora a stare dietro al virus, ma la situazione a Milano specialmente è molto delicata. La Regione sta lavorando per aumentare i posti a disposizione nelle terapie intensive aprendo nuovi reparti in diversi ospedali e la tappa finale sarà la riapertura dell’ospedale realizzato in Fiera per gestire l’emergenza lo scorso marzo.
Riguardo al nuovo Dpcm, Pesenti si è detto dubbioso riguardo alla sua efficacia. “Ho la sensazione che non frenerà la corsa del virus in maniera significativa, che possa essere troppo lieve, poco incisivo”. La sua opinione è condivisa anche da Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che in occasione della pubblicazione dei dati dell’ultimo monitoraggio della situazione coronavirus in Italia, relativi alla settimana tra il 7 e il 13 ottobre, ha lanciato un appello a presidenti di Regione e sindaci per inasprire le misure di contenimento. “Le misure del nuovo Dpcm sono insufficienti in alcune aree del Paese, bisogna integrarle con lockdown locali”, afferma Cartabellotta, raccomandando di “intervenire tempestivamente con misure restrittive locali per circoscrivere i focolai, non perdere il controllo della curva epidemica e prevenire il sovraccarico degli ospedali, anticamera di lockdown più estesi”.
Nella settimana in questione, infatti, i contagi sono raddoppiati, i ricoveri in ospedale sono cresciuti del 40% e quelli in terapia intensiva del 61%. A fronte di un aumento moderato dei casi testati (passati da 429.984 a 505.940) i nuovi casi rilevati sono aumentati in modo esponenziale (da 17.252 a 35.204) e il rapporto tra il numero dei test effettuati e il numero di positivi trovati è quasi raddoppiato (dal 4% al 7%)
Secondo Cartabellotta, gli effetti del nuovo Dpcm “oltre a non poter essere valutati prima di tre settimane, saranno in parte neutralizzati dall’incremento esponenziale dei contagi e dall’ulteriore sovraccarico dei servizi sanitari dovuto alla stagione influenzale” e se non si interviene ora con misure restrittive locali nelle zone più colpite – mini-lockdown compresi – un nuovo lockdown “è dietro l’angolo”.
Anche il premier Conte sembra essersi reso conto che la situazione è seria. Di fronte ai dati di ieri si è espresso di nuovo sulla possibilità di un secondo lockdown, e stavolta non per rifiutarla categoricamente ma per aprire alla possibilità. “Io non faccio previsioni per Natale, io faccio previsioni delle misure più idonee, adeguate e sostenibili per prevenire un lockdown”, ha detto Conte, “però dipenderà molto dal comportamento di tutta la comunità nazionale, questa è una partita in cui vinciamo o perdiamo tutti”. E ha aggiunto: “Ora affronteremo questa nuova ondata con grande senso di responsabilità, smettiamola di far polemiche e discorsi astratti, dobbiamo essere concreti”.