Ieri il 46enne veneziano Edy Ongaro, che dal 2015 combatteva con le milizie separatiste del Donbass, è morto a causa dell’esplosione di una bomba.
Ongaro era scappato dall’Italia dopo una rissa in un bar di Portogruaro, in provincia di Venezia, dove aveva colpito il gestore del locale con un calcio all’addome, scagliandosi alla fine anche contro un carabiniere. Subito dopo è fuggito in Donbass, dove dal 2015 si è arruolato con i separatisti della brigata Prizrak, composta soprattutto da combattenti reclutati dall’estero.
Per i filo-russi era diventato una specie di eroe, incurante di rischiare la vita sotto le bombe pur di combattere contro il governo di Kiyv, al fianco «di tutti i civili neo-russi che hanno visto l’inferno in terra».
La notizia è stata confermata a Repubblica da un conoscente di Ongaro, in contatto con alcuni attivisti italiani di estrema sinistra che, attualmente, si trovano in Donbass.
Contrariamente a quanto si possa pensare, Ongaro non aveva simpatie destrorse; anzi, si definiva «un internazionalista antifascista impegnato a lottare contro le ingiustizie nel mondo».
Ongaro «era un compagno puro e coraggioso ma fragile e in Italia aveva commesso degli errori», ha scritto su Facebook il Collettivo Stella Rossa – Nordest, a cui il miliziano veneto era legato. «In Donbass ha trovato il suo riscatto, dedicando tutta la sua vita alla difesa dei deboli e alla lotta contro gli oppressori. Ha servito per anni nelle fila di diversi corpi delle milizie popolari del Donbass fino alla fine dei suoi giorni». Per il collettivo, l’auspicio è che il “martirio” di Edy Ongaro «serva a rompere il castello di bugie di questa guerra, ma soprattutto a rilanciare la lotta antifascista e internazionalista. Il sacrificio di Edy mostri la forza del proletariato che saprà portare al trionfo del comunismo». «Ti salutiamo Compagno Partigiano con il motto che ti era tanto caro: “Morte al fascismo, libertà al Popolo”», ha concluso il post.