Rolling Stone Italia

È possibile “ignorare” la candidatura di Vannacci?

Per alcuni, anche all’interno della Lega, è il punto più basso della carriera politica di Matteo Salvini (che punta a non fare l’attesa figuraccia alle Europee). Il Partito Democratico dice “non parliamone” facendo post dedicati, e anche in casa Fratelli d’Italia l’aria non è serena

Foto da Instagram Partito Democratico

Ok, in questi anni ne abbiamo viste di ogni, e in effetti in parte era prevedibile – cioè, le voci si rincorrevano da settimane. Ma la verità è che forse non siamo davvero pronti alla candidatura con la Lega del generale Vannacci, arrivata con tempismo agghiacciante lo scorso 25 aprile.

Passi l’ennesimo cambio di rotta, peraltro intuibile, di Salvini, che prima ha voluto rivendersi come moderato e poi, dopo aver scoperto che Meloni, in vista delle prossime Europee, lo stava già facendo e anche meglio di lui, è tornato a spingere sull’acceleratore, probabilmente disperato all’idea di una euro-figuraccia a livello di voti. Ma la verità è che giocarsi il tutto per tutto con un generale sospeso dall’esercito per undici mesi dopo la storiaccia di Il mondo al contrario, e che ha appena rincarato la dose con un’intervista alla Stampa cha è già cultura condivisa, tra condanne agli «omosessuali che ostentano», il sempreverde «Mussolini era uno statista» e l’ormai famigerato «classi per i disabili», ecco, uno così è troppo, per (quasi) tutti.

È troppo sicuramente per il Partito Democratico, che nonostante da tempo sapesse, appunto, della possibilità che si candidasse, non è riuscito a metterci un argine, e il massimo che ha cavato dalla situazione è un post sui social in cui una banda con scritto “IGNORALO” copre la faccia del generale. Un post talmente ben fatto – per chiarezza, grafiche, idee di fondo, tutto – che è diventato virale, non facendo altro che mandare in tendenza Vannacci stesso. È vero che spesso è difficile ribattere punto per punto a oscenità come le sue, ma neanche fare così pare in definitiva utile.

Ma è troppo, il generale, anche per Fratelli d’Italia, o almeno così stanno dando a vedere dalle parti di Meloni. L’immagine da veicolare in vista delle Europee è, appunto, quella di un partito molto conservatore e reazionario, ma affidabile e comunque non antisistema. La Russa, noto fuoriclasse di sparate se si tratta di antifascismo, pur indossando i guanti di rito ha ammesso che il generale «dice scemenze» quando invoca le classi separate per i disabili. Evidentemente c’è un limite anche per lui. L’idea di Vannacci è di mettere gli alunni con difficoltà – è stato abbastanza vago, in sostanza parla di chi non riesce a stare al passo degli altri – in aule apposite, così da premiare il merito di chi va più svelto e (ehm) aiutare in maniera specifica chi ha problemi: una sorta di apartheid, alla faccia dell’integrazione – ma d’altronde, se non ci crede in termini culturali, perché «va contro l’idea di Patria», come mai dovrebbe farlo in questi?

Anche il Ministro della Difesa Crosetto – vicinissimo a Meloni, ma che è un tecnico, non un politico – se l’è presa con Vannacci, con cui da tempo ha attriti personali, ironizzando su come l’elezione di un generale sospeso dal proprio ruolo «sarà un bene per l’esercito» e dicendo che «non ha senso per le istituzioni». In entrambi i casi, non è dato sapere dove finisca il calcolo e cominci la buona fede.

Crippa, il vice di Salvini, l’ha invitato a candidarsi a sua volta, ma è uno dei pochi all’interno della Lega a ad appoggiare la nomina. L’ala più moderata, da Fedriga in giù, ha sconfessato Vannacci, agghiacciata dalle sparate del generale e soprattutto dall’eventuale danno d’immagine che potrebbe portare la sua elezione con la Lega. Per ora, comunque, Salvini e il generale tirano dritti e fanno spallucce, non rispondono alle accuse se non con sportività e diplomazia, mischiando un malcelato senso di superiorità (in cui il segretario della Lega è un maestro) al profilo basso di chi comunque non può permettersi di inimicarsi fino in fondo i suoi pezzi grossi o quelli di Meloni.

D’altronde la situazione della Lega, si sa, è drammatica: oscilla tra l’8 e il 9%, un punteggio misero rispetto al passato, e arenarsi sotto la soglia del 7 significherebbe la fine dell’esperienza di Salvini come leader. La nomina di Vannacci è un tentativo per salvare la baracca, un mix di cinismo con cui parlare alla pancia del Paese e sincerità (non può essere tutto calcolo politico, dai) che li mette tutti su posizioni molto estreme. Ma è anche un rischio. C’è chi dice che potrebbe spostare fino al 3% dei voti, un’enormità contando che un anno fa era uno sconosciuto – o forse, paradossalmente, è anche per questo – e il tenore dei suoi argomenti. Certo, evidentemente c’è chi la pensa come lui, ma dalla politica ci si augura un argine a certi impulsi, non uno sfogo senza freni.

Sempre secondo le prime proiezioni, non dovrebbe sfilare consensi a Meloni, che ormai ha uno zoccolo duro abbastanza fedele, ma pescare da chi finora non ha votato, assecondando le fantasie antisistema e superomiste («la vita è stata dura con me» è il claim che chiude l’intervista alla Stampa, e per lui giustificherebbe tutta la sua politica) di una parte d’Italia. Però è anche vero che alcune sue uscite, come quella sui disabili, a maggior ragione perché poco politica, potrebbero da un altro lato indebolire la Lega stessa, portandole via, in parte, quei voti di chi la ritiene “troppo”. Ecco, tra questi, a futura memoria, non c’è Salvini.

Iscriviti