Ora che Joe Biden è stato dichiarato vincitore delle elezioni presidenziali 2020, Donald Trump sta minacciando di non accettare il verdetto delle urne.
La situazione in cui si trova Trump, quella di un presidente sconfitto dopo il primo mandato durante un periodo di crisi nazionale, non è nuova. George H. W. Bush perse le elezioni del 1992 contro Bill Clinton – l’ultima volta in cui il Partito democratico era riuscito a vincere in Georgia – in una situazione simile.
In quell’occasione, il discorso con cui Bush aveva riconosciuto la vittoria di Clinton era stato breve, amaro e un esempio di un patriottismo che Trump non sarà mai in grado di dimostrare. “L’America deve sempre venire prima di ogni altra cosa”, aveva detto Bush. “Il popolo ha parlato e rispettiamo il verdetto della democrazia”.
Bush aveva incoraggiato gli americani a unirsi dietro il vincitore. “Vi chiedo di supportare tutti il nostro nuovo presidente”, aveva detto, “a prescindere dalle nostre differenze, tutti noi americani abbiamo lo stesso obiettivo: di rendere questo Paese, il Paese più grande del mondo, sempre più stabile e sicuro, e di garantire a ogni americano la possibilità di realizzare il sogno americano”. Si era poi rivolto ai giorni, esortandoli a non farsi spaventare e “tenere lontani dal pubblico servizio per via del fumo e delle fiamme di un anno di campagna elettorale o per le brutture della politica”.
Quel discorso, che è stato pronunciato una generazione fa, ci ricorda di come una transizione pacifica di poteri dovrebbe funzionare – e di quanto Trump abbia sconvolto le norme di civiltà degli Stati Uniti.
Potete guardarlo tutto qui sotto:
Oppure leggere qui una trascrizione molto condensata:
Be’, ecco come la vedo io. Ecco come la vediamo e come dovrebbe vederla tutto il paese: il popolo ha parlato, e noi rispettiamo il verdetto della democrazia. Ho appena chiamato il governatore Clinton a Little Rock e gli ho fatto le mie congratulazioni. Ha condotto una campagna elettorale forte. Gli auguro il meglio alla Casa Bianca.
E voglio che il Paese sappia che l’intera amministrazione lavorerà a stretto contatto con il suo team per assicurare una facile transizione di potere. C’è un lavoro importante da fare, e l’America deve sempre venire prima di ogni altra cosa, quindi noi ci schiereremo con il nuovo presidente e gli auguriamo il meglio.
E a tutti coloro che hanno votato per me, specialmente qui ma in tutto il Paese, vi ringrazio per il vostro sostegno. E abbiamo combattuto una bella battaglia e ci abbiamo creduto, e credo che abbiamo tenuto alto l’onore della presidenza degli Stati Uniti.
Ora vi chiedo di supportare tutti il nostro nuovo presidente, e a prescindere dalle nostre differenze, tutti noi americani abbiamo lo stesso obiettivo: di rendere questo Paese, il Paese più grande del mondo, sempre più stabile e sicuro, e di garantire a ogni americano la possibilità di realizzare il sogno americano.
E vorrei ringraziare così tanti di voi che avete lavorato insieme a me per migliorare l’America e per cambiare il mondo, letteralmente… ma stasera non è una sera da grandi discorsi, anche se vorrei condividere un messaggio speciale con i giovani americani. Rimango assolutamente convinto che siamo una nazione in ascesa. Abbiamo attraversato un periodo straordinariamente difficile, ma non fatevi spaventare, non fatevi tenere lontani dal pubblico servizio per via del fumo e delle fiamme di un anno di campagna elettorale o per le brutture della politica.
Per quanto mi riguarda, io cercherò ancora modi di aiutare le persone. Ma ho in programma di impiegarmi con profitto nel settore dell’essere nonno. E nel trovare modi di aiutare gli altri. Ma vi prego, giovani di questo Paese, partecipate al processo politico. C’è bisogno del vostro idealismo. C’è bisogno della vostra forza. C’è bisogno della vostra convizione.
E di nuovo, i miei ringraziamenti e le mie congratulazioni al governatore Clinton, al suo vice il senatore Gore, e il mio ringraziamento speciale a ciascuno di voi, che siete stati dalla mia parte in ogni singola battalgia politica. Dio benedica gli Stati Uniti d’America. Grazie, grazie mille.
Questo articolo è apparso originariamente su Rolling Stone US