Ieri pomeriggio il vicepresidente del Consiglio e ministro del lavoro Luigi Di Maio ha pubblicato a social unificati la fotografia di un foglietto con l’elenco delle promesse (secondo lui) mantenute dal suo partito nella nuova legge di bilancio. È un semplice pezzetto di carta, probabilmente strappato dal diario dove il ministro appunta i compiti per casa, dove accanto a ogni voce è evidenziata in giallo la parola FATTO, come una sorta di lista della spesa governativa.
Si tratta della versione liceale, DIY e a basso costo – dev’essere dura governare con il fiato della commissione UE sul collo, ma dal capo politico della forza più digitale del paese ci aspettavamo almeno un paio di slide – del mitologico balcone da cui si era affacciato per annunciare al suo popolo lo sfondamento del deficit al 2,4%. Peccato che la legge di bilancio non sia ancora stata approvata – quindi di FATTO al momento non c’è niente, a parte forse lo stesso Di Maio -, e quando lo sarà non conterrà molte delle cose che per il capo politico dei 5 stelle sono già belle che pronte.
Breve elenco per i più distratti: evitare l’aumento automatico dell’IVA è tutto meno che una conquista epocale (è stato rimandato regolarmente da tutti i governi in carica dal 2014 a oggi, gialloverdi compresi); reddito di cittadinanza e quota 100 sono state mozzate dalla Commissione e non ci è ancora dato sapere se e come funzioneranno; il taglio alle spese militari è risibile e anche ridicolo a pochi giorni dalla conferma dell’investimento sugli F35, così come lo è vantarsi di un aumento dello 0,5% dei fondi alla ricerca. Abolizione della povertà? Non pervenuta.
Insomma, dopo i “pochi mesi, al massimo anni” di Toninelli, la stampa “top secret” delle tessere per il reddito di cittadinanza della Castelli e le retromarce su Tap e Tav, il partito di maggioranza del governo del cambiamento si fa notare per l’ennesima figura da tonni. Per non parlare del vicepremier, che stavolta è riuscito nella grande impresa di farsi prendere per il naso dall’uomo più educato e gentile dell’universo mondo, il conduttore storico di Art Attack Giovanni Muciaccia, che ha scritto: “Ho idea che Luigi Di Maio abbia un po’ esagerato nel guardare Art Attack da piccolo, non trovate?”. Da piccolo?