Questo lunedì 52 agenti di polizia penitenziaria sono stati arrestati nell’ambito di un’indagine su atti di violenza compiuti contro i detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere nell’aprile scorso, quando nel carcere c’era stata una rivolta in seguito a un caso di coronavirus nella struttura. Le accuse per gli arrestati vanno dai maltrattamenti alle lesioni personali e alla tortura, con anche reati di calunnia, favoreggiamento, frode processuale e depistaggio relativi ai tentativi di coprire le violenze sporgendo false denunce per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni contro i detenuti con l’aiuto di medici conniventi che avrebbero falsificato documenti per provarle.
Nell’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari i fatti vengono definiti “un’orribile mattanza”. Vi sono riportate conversazioni telefoniche intercettate tra i poliziotti che vi hanno partecipato, che dicono “li abbattiamo come i vitelli”, “domate il bestiame”, “non si è salvato nessuno”. E soprattutto, il quotidiano Domani ha pubblicato alcuni video esclusivi che mostrano le violenze in tutta la loro brutalità, girati dalle telecamere di sorveglianza.
In uno dei video, circa trenta detenuti sono fatti inginocchiare faccia al muro con le mani dietro la testa nell’area socialità del carcere, e lì vengono picchiati selvaggiamente con schiaffi e manganellate. Un altro video mostra un detenuto in sedia a rotelle preso a manganellate, in un altro si vedono i detenuti costretti a passare in mezzo a due file di poliziotti, che li picchiano selvaggiamente. Altri filmati mostrano detenuti pestati da diversi agenti contemporaneamente, trascinati per terra e umiliati. Alla fine dei pestaggi, 14 detenuti saranno messi in isolamento: uno di questi, Hakimi Lamine, si ucciderà.
Le immagini delle violenze che provengono dal carcere di Santa Maria Capua Vetere ricordano in modo inquietante altre violenze che sono rimaste impresse nella coscienza collettiva del Paese: quelle della scuola Diaz e del carcere di Bolzaneto durante il G8 di Genova 2001, definite “la più grave violazione dei diritti umani in un Paese democratico dopo la seconda guerra mondiale”. Da allora sono passati vent’anni, ma a quanto pare il tema della violenza poliziesca in Italia, specie all’interno delle carceri, è ancora drammaticamente attuale.