Il diritto alla casa è il grande assente di questa campagna elettorale | Rolling Stone Italia
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Il diritto alla casa è il grande assente di questa campagna elettorale

Nei programmi dei partiti c’è spazio solo per chi una casa ce l’ha già: i bisogni delle persone senza dimora non vengono mai affrontati esplicitamente, se non in maniera superficiale o repressiva. Eppure, due anni e mezzo di pandemia avrebbero dovuto farci capire quanto avere una casa sia importante

Il diritto alla casa è il grande assente di questa campagna elettorale

Foto di VINCENZO PINTO/AFP via Getty Images

Da inizio anno a oggi sono morte in Italia 273 persone senza dimora, quasi trenta in più di quante sono morte in tutto il 2021. L’aumento dei decessi – che nella maggior parte dei casi è causato da incidenti, episodi di violenza o suicidi – non sembra preoccupare i principali partiti politici italiani, che nei loro programmi per le elezioni del 25 settembre non affrontano mai esplicitamente i bisogni delle persone senza dimora, se non in maniera superficiale o repressiva.

Nonostante l’indagine più rigorosa dell’ISTAT abbia rilevato che in Italia ci siano più di due persone che vivono in strada ogni mille abitanti, il termine “persone senza dimora” appare per esteso solo nel programma di Italexit, il partito euroscettico e no green pass dell’ex senatore del Movimento Cinque Stelle Gianluigi Paragone, che propone che i «centri h24» siano «maggiormente diffusi sul territorio».

«Non sorprende la presenza residuale del tema ‘persone senza dimora’ nei programmi politici. La comunicazione pubblica, e in particolare la campagna elettorale, sono così distanti dalla realtà che gli aspetti più dolorosi e marginali sono i primi a essere elusi», commenta Cristina Avonto, presidente della Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora. «In questo scenario i centri h24, pur utili e necessari, sono emblematici di un modello che lavora sul contenimento del disagio, con un taglio assistenziale e orientato all’emergenza», aggiunge, sottolineando che per contrastare l’emarginazione adulta esistono oltre venti tipologie di servizi diversi rispetto ai centri, come unità di strada, mense, docce, ambulatori e dormitori, per citarne alcuni.

«Chi potrebbe non valutare positivamente la proposta di ‘maggiore diffusione di centri h24 per persone senza dimora’? Per delineare una seria visione e scelta politica sul tema bisognerebbe chiedersi: perché puntare sui centri? quale tipo di risposta offrono? se ne conosce l’efficacia? quanto hanno contribuito, negli anni, a ridurre la grave emarginazione o migliorare la qualità di vita delle persone accolte?», si interroga Avonto, secondo cui in Italia non mancano i fondi, ma una visione politica complessiva, capace di unificare e dare una prospettiva comune a interventi di natura diversa.

Dal 2014, infatti, in Italia è iniziata la sperimentazione dell’Housing First, un modello di intervento che parte dal principio che la casa sia un diritto umano di base e quindi non il punto di arrivo dopo un percorso di cura, ma il primo passo verso l’autodeterminazione, il benessere e il reinserimento sociale. Per finanziare l’Housing First e altri centri di servizi sono stati stanziati fondi statali e comunitari, mentre due importanti progetti sulla grave emarginazione adulta (Stazioni di Posta e Housing Temporaneo) sono state inserite nel PNRR. Negli ultimi anni è stata inoltre estesa la possibilità di ricevere il reddito di cittadinanza alle persone senza dimora, seppur con qualche difficoltà legata al tema della residenza anagrafica (secondo l’ISTAT, solo due terzi di chi vive in strada dichiara di essere iscritto all’anagrafe e avere la residenza in un Comune italiano).

«A oggi, grazie ai fondi usati con la programmazione comunitaria 2014-2020, molti comuni stanno constatando che investire nell’ accompagnamento all’autonomia abitativa e nell’Housing First con le persone senza dimora può concretamente spezzare il circolo vizioso di povertà cronica e vita in strada», spiega Avonto. Tuttavia, in mancanza di una scelta di fondo – superare l’homelessness favorendo un rapido inserimento abitativo assistito o accettare di avere le persone in strada e favorire l’accesso a servizi sempre più numerosi ed efficienti? -, l’Italia procede a tentoni. In Europa, invece, la direzione è ben chiara: da luglio dello scorso anno assicurare una casa a chi vive in strada o in condizioni di disagio è diventato uno degli obiettivi europei da raggiungere entro il 2030. Anche le proposte legate a temi che toccano da vicino i bisogni delle persone senza dimora, anche se non esplicitamente indirizzate a loro, come l’esclusione abitativa, la povertà energetica e le riqualificazioni degli immobili, vengono affrontate con superficialità.

È il caso della proposta del PD e di Unione popolare di costruire 500.000 nuovi alloggi popolari. «Non crediamo che creare nuovi alloggi sia l’approccio migliore, l’Italia è un paese decisamente cementificato; è urgente puntare al recupero del patrimonio edilizio pubblico esistente, pensare a incentivi da riconoscere ai proprietari di immobili che accolgono persone in difficoltà» e soprattutto «rafforzare le equipe multidisciplinari in grado di accompagnare singoli e nuclei familiari in percorsi di integrazione sociale», spiega Avonto.

Sia il contrasto alla povertà energetica che la riqualificazione di edifici pubblici sembrano mettere d’accordo a grandi linee tutte le forze politiche. In molti meno programmi si parla invece di sostegno ai costi energetici delle organizzazioni, che nel caso della Federazione si è tradotto in un “ridimensionamento di alcuni servizi (come docce e lavanderie) e aumento dei costi di gestione di appartamenti, ponendo una questione di sostenibilità di questi servizi, a discapito dei beneficiari”.

Quanto gli immobili, Avonto precisa che «ogni forza politica ha preso una parte delle attuali programmazioni e l’ha modellata secondo il proprio punto di vista. Il PNRR prevede già la ristrutturazione di immobili (prevalentemente pubblici) destinati all’abitare per persone senza dimora o nuclei in condizioni di grave disagio abitativo”. Nel caso del programma del centrodestra, queste misure vengono previste per gli immobili e le aree «in stato di degrado e di illegalità diffusa” e sono accompagnate da “norme più severe per gli atti contro il decoro». Secondo Avonto, tuttavia, «l’enfasi sul decoro rischia di moltiplicare soluzioni semplicistiche e allontanare sempre più un approccio complessivo al problema dell’homelessness che componga interventi di soccorso e tutela per chi vive il disagio grave accanto al rispetto dei bisogni della comunità e del territorio di poter vivere in sicurezza e condividendo la cura e il rispetto per gli ambienti che si abitano».

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