Pete Buttigieg, segnatevi questo nome. Anche se non l’avete mai sentito nominare. Anche se sembra impronunciabile. Anzi, cominciate ad esercitarvi: si dice «buttegieg», con le g morbide. Secondo il New York Times, potrebbe essere il primo presidente gay degli Stati Uniti. Secondo il Washington Post, il primo presidente millennial. Mercoledì mattina, Pete Buttigieg ha annunciato di aver formato un comitato esplorativo per candidarsi alla presidenziali del 2020, che è la procedura formale seguita da chiunque voglia partecipare sul serio, aggiungendosi alla già folta schiera di sfidanti Democratici di Donald Trump: le senatrici Kamala Harris, Kirsten Gillibrand, Elizabeth Warren, Amy Klobuchar e il sindaco di San Antonio Julián Castro, cui si potrebbero aggiungere l’ex deputato Beto O’Rourke, i senatori Cory Booker e Sherrod Brown, il patron di Starbucks Howard Schultz, l’ex sindaco Mike Bloomberg e molti altri, tra cui il più importante di tutti, ovvero l’ex vicepresidente Joe Biden.
Buttigieg (ricordatevi: si pronuncia buttegieg ) si è presentato con un video di due minuti che racconta chi è e perché vuole guidare il paese. Trentasette anni, apertamente omosessuale e sposatosi in diretta streaming su YouTube, eletto e rieletto con l’ottanta per cento dei voti sindaco di South Bend, la quarta città dell’Indiana, cintura industriale e stato conservatore, volontario in Afghanistan mettendosi in aspettativa da sindaco, Rhodes Scholar a Oxford, come Bill Clinton, e laureato ad Harvard, sconfitto l’anno scorso nel tentativo di scalare il Partito democratico, ma convinto che adesso sia arrivato il suo momento, Buttigieg rappresenta la nuova leva di millennial democratici in politica, come Alexandria Ocasio-Cortez che però essendo ventinovenne non si può ancora candidare alla presidenza perché la Costituzione americana prevede un’età minima di 35 anni.
«Non bisogna essere Sherlock Holmes per capire che con questo video Pete Buttigieg fa un chiaro appello generazionale – ha commentato su Twitter David Axelrod, lo stratega e primo scopritore di Barack Obama – Si tratta della più improbabile delle sfide senza speranza, ma questo gay di 37 anni, veterano della guerra in Afghanistan, ha una storia straordinaria da raccontare».
La storia che Buttigieg vuole raccontare è palese: non si può tornare indietro, non possiamo cercare rifugio nella grandezza del passato, dobbiamo distogliere lo sguardo dallo specchietto retrovisore, bisogna essere coraggiosi e guardare al futuro perché si sta affacciando sulla scena pubblica una nuova generazione di persone che ha vissuto le sparatorie nelle scuole, che si preoccupa dei cambiamenti climatici, che pretende nuovi diritti, che ha combattuto le guerre post 11 settembre e che vuole abbandonare la politica del passato.
Certo Buttigieg è piccolino, omosessuale, ha un nome impossibile, tanto che il suo sito elettorale si chiama semplicemente peteforamerica.com, ma è anche mancino come cinque degli ultimi sette presidenti degli Stati Uniti ed era stato individuato da Obama come il futuro del Partito Democratico. Ma anche l’elezione di Donald Trump sembrava impossibile, così come l’ascesa di Ocasio e di altri. Buttigieg contesta la visione nostalgica di Trump, il mantra su Make America Great Again, ma anche quella di Hillary Clinton che andava in giro dicendo che non c’era da preoccuparsi perché l’America è già grande, come la splendida canzone, Already Great, di Neil Young.
No, non è così, dice Buttigieg, Trump è stato eletto perché, a modo suo, riconosceva «i gravi problemi dell’economia e della democrazia americana» che la generazione dei millennial vive quotidianamente. Da qui l’appello generazionale. Quando il Washington Post gli ha ricordato che l’ex vicepresidente Biden, che sarebbe il favorito in caso di candidatura anti Trump, dice di sé stesso di essere «la persona più qualificata in tutto il paese a ricoprire il ruolo di presidente», Buttigieg ha risposto: «Lo era anche Hillary».