Trieste, anno 2025, ma forse prima. Il vento, come sempre, forte, gelido e che ti segna il volto. Le ragazze, bellissime come sempre, che passeggiano sul lungomare. E poi i turisti, tanti, che scendono felici dalle navi da crociera e non ci pensano un secondo a risalire sulle gondole che qui, in pochi anni, sono diventate un business da milioni di euro. Ma come, le gondole non stavano a Venezia? Per capire che è successo, occorre fare un passo indietro di qualche anno.
Torniamo nel presente
A Venezia, nel 2019, ma in realtà ben prima, c’è il problema delle “grandi navi”, vale a dire navi da crociera che, anziché limitarsi a un normale approdo nella fascia periferica della città lagunare, regalano ai passeggeri l’ebbrezza di un giro turistico a bordo, con tanto di passaggio nel bacino di San Marco. Voglio dire, San Marco, mentre te ne stai nella tua nave da crociera, è un po’ come stare a bordo dell’Enterprise mentre attraversi gli anelli di Saturno. In realtà, nel caso di Venezia, non si tratta di una scelta così pretestuosa e turistica come sembra. Questi bestioni del mare, infatti, arrivando dalla bocca di porto del Lido, tramite il canale di San Nicolò, proseguono per l’unica via possibile per mezzi natanti dal peso superiore alle quarantamila tonnellate: canale di San Marco, poi canale della Giudecca, per arrivare, infine, alla meta finale che è il porto crocieristico della Marittima.
Un business da oltre 600 milioni
Il fatto che Venezia sia una città sull’acqua, romanticherie a parte, porta a pensare che ogni metro di superficie liquida sia utilizzabile per la navigazione, ma questo è vero, al massimo, per un’imbarcazione leggera come una gondola (e comunque no, non provate a dire a un gondoliere di andare in un punto X o Y, ci sono regole ferree da seguire anche in questo caso, altrimenti il vaffanculo scatterà automaticamente e a ragione). Una nave da crociera ha bisogno di un percorso molto specifico e, anche se può sembrare paradossale, quello che passa per San Marco è, da sempre, il migliore dal punto di vista marittimo. Questo, però, senza considerare altri tipi di conseguenze, come i danni provocati dal moto ondoso, esacerbato dai mezzi crocieristici. Venezia è una città in equilibrio precario, molto precario, e chi la ama, giustamente, mette nell’equazione proprio questi problemi. D’altra parte c’è il problema che una città che vive in un equilibrio così precario ha delle spese enormi da sostenere e il settore crocieristico contribuisce a coprirle. Stando a un dato della Cruise Lines International Association (CLIA), che raggruppa le principali compagnie crocieristiche, l’impatto economico del settore, su Venezia, è di 436,6 milioni di euro l’anno, a cui se ne aggiungono circa 170 milioni di euro in servizi indotti. Parliamo di più di 600 milioni di euro l’anno, pari a circa il 3,2% del PIL locale, con un’occupazione di oltre 4200 persone. Da una parte, dunque, è impossibile proseguire su questa strada, o meglio su questo canale, per motivi ambientali e di sicurezza. Dall’altra, rinunciare a questi introiti rischierebbe di mandare in bancarotta la città.
Un piccolo incidente, per un grande problema
Quanto accaduto ieri, vale a dire un incidente proprio tra una nave da crociera e un battello, che ha provocato il ferimento di 5 persone, è solo l’ultimo dei campanelli di allarme che sottolineano come sia necessario prendere dei seri provvedimenti. Di per sé, diciamocelo, l’incidente è poca cosa, e tutto sommato ricade in quel margine di sfiga che qualsiasi città contempla. Che si tratti di un incidente tra tre Lamborghini sulla 5th Avenue a New York, uno scontro tra quattro Harley-Davidson sulla Sunset Boulevard a Los Angeles, o la collisione tra una nave e un battello. Certo, fa scena, lo so, ma quando pensate a Venezia dovete pensarla come una città che di base vive gli stessi patemi di Milano, o per meglio dire di Roma e sfighe urbane a base di metro bloccate e strade bucherellate, solo con tanta acqua nel mezzo e quindi tanti problemi in più. Da quel che si legge, l’incidente di ieri è il frutto di una goffa manovra, come ne accadono in altre città portuali del mondo, ma è stato preso come pretesto per ricordarci che da quel 2012 son passati già sette anni. Ah, giusto, tocca fare un altro salto indietro, poi giuro che smetto.
Il 13 Gennaio del 2012, purtroppo, viene ricordato per il disastroso naufragio della Costa Concordia, dove persero la vita 32 persone. In quell’occasione ci si rese conto che c’era bisogno di regole più stringenti per il traffico sotto-costa delle grandi navi da crociera e il pensiero, a quel punto, andò anche a Venezia e la sua situazione. Gli allora ministri dell’ambiente e dello sviluppo economico stabilirono, col decreto Clini-Passera, che occorreva porre delle limitazioni al traffico di grandi navi nella città lagunare, ma aggiungendo la non trascurabile postilla “non appena le autorità marittime avranno individuato vie alternative di transito”. Che è un po’ come dire che vogliamo imporre la pace nel mondo “non appena tutte le guerre saranno terminate”. Tutto e nulla. Tant’è che furono le stesse compagnie crocieristiche ad auto-limitarsi, in attesa di quello che, nel 2017, diventò “il Comitatone”. Una sorta di consorzio interministeriale che studiò una vita di passaggio alternativa, con ingresso dalla bocca di Malamocco, passaggio per il canale dei Petroli e arrivo al terminal di Marghera. Solo alcune navi, sulla base di un non meglio precisato algoritmo, verrebbero selezionate per continuare la trionfale sfilata nel bacino di San Marco.
Esiste una soluzione?
Riassumiamo. Da una parte chi pensa alla salute di Venezia e non vuole le navi da crociera. Dall’altra chi sostiene che il settore crocieristico porta un sacco di soldi e il passaggio da San Marco va visto come un inevitabile “bonus” da elargire a chi investe nella città. Nel mezzo, schiere di mezze opinioni che vanno dal selezionare alcune navi per il passaggio e altre no, nel trovare rotte diverse e distanti, nello scavare canali ex novo per crearne di nuove, nel trasbordare i passeggeri su navi più piccole e fargli fare il giretto turistico fronte San Marco con queste, nel richiedere l’intervento dell’Enterprise per offrire un pacchetto all inclusive “anelli di Saturno + bacino di San Marco”. Se vi siete fatti l’idea che a Venezia, in questo momento, ci sia un enorme conflitto di idee e interessi, avete solo scalfito la superficie del problema. Perché la verità è che Venezia è soggiogata a una moltitudine di parametri tecnici, ma anche a una moltitudine di pareri fin troppo contrastanti che partono dal “meglio una città povera ma felice” (ma se rimarrà povera sarà pure costretta ad affondare e in tempi nemmeno troppo lunghi), per arrivare a un “meglio una città ricca e senz’anima” (e ho idea che l’esito sarebbe comunque lo stesso). Esiste una soluzione, vera, al problema? Non ho competenze per esprimermi, ma mi permetto di suggerire che i turisti da crociera andrebbero, semplicemente, considerati come normali turisti che arrivano con mezzi privati e, come tali, vanno trattati. Se decidi di arrivare a Venezia in auto, e fatto salvo per pochi eletti che vogliono farsi spennare, ti conviene lasciarla a Mestre o in Riviera del Brenta, e raggiungerla coi mezzi pubblici. Se prendi l’aereo arrivi a Tessera e prendi l’apposito vaporetto. Vorrà dire che le navi da crociera si fermeranno un po’ più in là e San Marco sarà ammirata da un vaporetto, e fidatevi che è uno spettacolo splendido, oppure dimenando le terga e godendosela sui due piedi. Così sarà accontentato chi pensa al denaro e pure chi, invece, vorrebbe trasferire baracca e burattini a Trieste. Ma con tutto quel vento, pagheresti per un giro in gondola e te ne faresti uno con l’autoscontro.