Quello che oggi appare a molti come il caso politico più importante degli ultimi anni è sbrigato dalla giustizia russa nel giro di tre ore in una stazione di polizia nella città dormitorio di Khimki, alle porte Mosca. È lì che l’attivista Alexei Navalny ha ricevuto una nuova condanna a 30 giorni di carcere, per avere violato i termini della libertà condizionata. Navalny ha atteso la sentenza nella sala riunioni di una caserma di provincia: pareti ingiallite, scaffali di una libreria completamente vuoti e due bandiere sistemate accanto a una macchina per le fotocopie, come se il potere russo con i suoi riti e i suoi simboli avesse deciso di mostrare in modo improvviso e tutto sommato volontario ogni spigolo della decadenza che l’opposizione denuncia da anni, e contro la quale proprio Navalny ha stabilito i termini della sua azione politica.
A curious detail: in the Khimki police station where @Navalny is on trial today you can see portrait of Genrikh Yagoda, the head of NKVD secret service in 1934-36, hanging on the wall.
He supervised show trials and was the person who launched the GULAG.https://t.co/9SOvS9qVGU pic.twitter.com/m0syMW3T0I
— Alex Kokcharov (@AlexKokcharov) January 18, 2021
I confini di questo scontro sono ormai conosciuti. Navalny, 44 anni, è il leader di un movimento populista che ha conquistato visibilità a partire dalle grandi proteste del 2011 con a una serie di spettacolari inchieste su corruzione e malgoverno. L’impegno politico e un programma per molti versi radicale gli sono costati violenti attacchi personali e una lunga serie di guai giudiziari: anche il verdetto di quest’oggi è il risultato di un vecchio processo per appropriazione indebita con pena sospesa. Gli agenti della polizia lo hanno arrestato ieri, al controllo passaporti dello scalo Sheremetevo una volta rientrato da Berlino. Nella capitale tedesca era arrivato in coma lo scorso agosto dopo un malore dovuto – secondo le agenzie di intelligence europee – a un veleno da guerra chimica chiamato novichok. Lui stesso ha preso parte all’indagine con cui i siti investigativi Bellingcat e The Insider Russia sostengono di avere dimostrato la responsabilità dei servizi segreti russi.
Nei mesi scorsi Francia e Germania hanno offerto asilo all’attivista. “Questa è casa mia, sono felice di essere qui”, ha detto Navalny una volta tornato in patria. “Io non ho paura e non dovete averne nemmeno voi”. Secondo Alexander Baunov del centro di ricerca Carnegie di Mosca, in questi anni Navalny non sta combattendo semplicemente contro il Cremlino, ma anche dentro l’opposizione russa. Il suo obiettivo è assumerne la guida, e quello non è un ruolo che si può svolgere stando comodamente seduti a Berlino.
Contro l’arresto e la condanna di Navalny si sono schierati il futuro presidente degli Stati Uniti Joe Biden e le principali cancellerie europee, che chiedono anche un’inchiesta sull’avvelenamento subito da Navalny la scorsa estate. Ma sul caso le autorità russe non paiono disposte al confronto. Per vent’anni il presidente, Vladimir Putin, ha governato la Russia nel nome della stabilità politica ed economica: il problema è che adesso la stabilità sta marcendo, e il processo nella caserma di Khimki dice parecchio dello stato in cui una parte consistente dell’amministrazione sta precipitando – molto più di quanto possa aggiungere alla vicenda personale di Navalny.
“Sui social network molti chiedono la rivoluzione, ma la rivoluzione è una cosa seria”, avverte il direttore del quotidiano Nezavisimaya Gazeta, Konstantin Remchukov, parlando alla radio Eco di Mosca. L’analista politico Andrei Kolesnikov ha usato sul sito internet VTimes.io le parole un oscuro filosofo di inizio Novecento di nome Vassily Rozanov per spiegare quel che avviene nel Paese in questa fase. Di fronte all’improvvisa ascesa dei bolscevichi, Rozanov scriveva: l’Impero è svanito in due giorni, al massimo tre; si è letteralmente disintegrato un giorno feriale, un mercoledì qualsiasi, che non differiva dagli altri mercoledì. Allo stesso modo, sostiene Kolesnikov, la Russia che Putin ha costruito appare oggi un sistema stabile, ma i segnali di una potente erosione interna non possono più essere ignorati: il rischio è scomparire in un paio di giorni.