Alla fine è successo: il generale Vannacci è scomparso con la stessa velocità con cui ha invaso i media italiani. L’autore del bestseller Il mondo al contrario è stato l’argomento di punta degli editoriali giornalistici, ha occupato ogni singolo spazio televisivo e infestato i social tra detrattori e apologeti fedelissimi. Oggi, il militare prestato al mondo dell’editoria continua la sua marcia pubblicitaria, ma i risultati sono enormemente ridimensionati: pochi giorni fa, ospite di Nicola Porro a Quarta Repubblica, Vannacci si è presentato in studio come opinionista contro gli attivisti climatici, ma la sua presenza è passata in sordina raccogliendo poco meno del 5% di share (in media con il programma e molto al di sotto delle precedenti ospitate realizzate sulla scia del libro).
Un esempio recente dell’indifferenza generale che da due mesi ha colpito il personaggio dell’estate 2023, progressivamente oscurato prima dal caso Giambruno, poi dalla crisi di Gaza, e infine dalla sua stessa mediocrità, tant’è che il tour, letterare o elettorale, si è progressivamente spostato dalle città a pochi paesini. Adieu dibattito mortifero agostano, ombrelloni e mojito da spiaggia: il Generale Vannacci è stato la sbornia estiva che ci siamo meritati. Ora che è calato l’autunno, possiamo riavvolgere il nastro e riguardare con freddezza un terribile filmino delle vacanze.
Partiamo dall’opera, Il mondo al contrario: per la destra dura e pura un manifesto politico, per la sinistra un opuscolo neofascista sovversivo. Eppure il libro del Generale non è nulla di tutto questo. Senza voler minimizzare la gravità di avere un saggio del genere a firma di un esponente di alto grado delle gerarchie militari, il libro della discordia è niente di più, e niente di meno, che un mischione di luoghi comuni scritti con la prosa (e la posa) di un post su Facebook. Ma quale neofascismo: Il mondo al contrario è un concentrato di qualunquismo di destra (e già fornendogli un etichetta lo categorizziamo per i posteri) che si gioca la carta abusata del “libero pensiero” per auto-conferirsi profonde velleità, come dimostrato in esergo dalla citazione di Benedetto Croce (sugli italiani che cercano il pelo nell’uovo ma poi se lo magnano, il pelo, e con che gusto). Evidente, non siamo mai sazi di scomodare l’intellettuale abruzzese.
Ma arriviamo a riassumere una volta per tutte il contenuto di quest’opera, e non parliamone mai più: la lobby gay comanda i media, ci sono troppi immigrati, la società multiculturale è un errore, l’ambientalismo è ideologico, Putin è simpatico perché a prescindere da tutto comunque ha il pugno di ferro sui criminali e i clandestini cattivi, e poi certo, l’Europa ci impone troppe tasse e via dicendo. Il tutto decorato da un vero sempreverde: “non si può più dire niente, a morte il politicamente corretto”.
Bene. Trecento pagine per giungere alla conclusione che tutti si aspettavano: Il mondo al contrario è la raccolta dei commenti che ogni zio populista lascia sotto i commenti delle testate online (o, peggio, del tuo profilo Instagram). Ciò nonostante, la cosa è sfuggita di mano. L’indignazione (giusta) per la paccottiglia scritta da Vannacci è degenerata in una sovraesposizione mediatica che l’ha reso centrale anche nel panorama politico. Tra i principali responsabili, ovviamente, Matteo Salvini. Ai tempi dell’uscita de Il mondo al contrario, il leader della Lega si è speso in un’accorata difesa del generale – arrivando a un esagerato quanto banale paragone con Giordano Bruno – sostenendo che avrebbe comprato il libro in nome della libertà di opinione perché «prima di giudicare, commentare, è necessario leggere».
Ancora oggi non ci è dato sapere se l’abbia effettivamente letto. È stato palese dal primo momento che dietro la volontà di difendere “il libero pensiero” ci fosse il desiderio di erodere consensi da destra a Giorgia Meloni, puntando sui duri e puri delusi dalle giravolte governiste. Non a caso, poco dopo la polemica tra il ministro Crosetto e Vannacci, a quest’ultimo sarebbe arrivata una proposta di candidatura alle europee da parte di Salvini (oltre a quella di Forza Nuova, gentilmente declinata, e il corteggiamento di Alemanno), candidatura apparentemente sfumata visto il tracollo mediatico del Giordano Bruno in divisa. Dall’altra parte della barricata, numerosi giornalisti, cercando di sbattere il mostro in prima pagina, hanno regalato a Vannacci una pubblicità martellante (e gratuita) che ha portato un libretto autoprodotto in cima alla classifica di Amazon. Ora è tutto finito, il fenomeno è sfumato, il prestigiatore è nudo. Le scorie però restano. Le mirabolanti imprese della “Operazione Vannacci” ci rimarranno addosso per un po’.