Quella tra Le Iene e le cure “alternative”, “sperimentali” che spesso però non curano nulla è una storia che dura da tempo, almeno dai giorni del metodo Stamina di Davide Vannoni contro le malattie neurodegenerative che secondo Umberto Veronesi ripercorreva “il canovaccio delle vicende Bonifacio e Di Bella” – dove il primo era un medico che negli anni Settanta voleva curare il cancro con lo sterco di capra e il secondo l’inventore di una “cura per il cancro” assolutamente inefficace e truffaldina.
Ora, con l’emergenza coronavirus, la trasmissione è tornata di nuovo a trattare temi medici e a spingere una fantomatica terapia: quella con il plasma iperimmune. In un servizio di qualche giorno fa infatti Le Iene vanno in alcuni ospedali in cui si usa la terapia col plasma iperimmune, chiedono ai medici se tra i pazienti che l’hanno ricevuta ci sono stati morti e poi chiedono ai pazienti guariti se la terapia ha funzionato (e loro rispondono di sì, perché dopotutto sono guariti, anche se non necessariamente per merito del plasma). Il servizio è stato visto anche dall’immunologa Antonella Viola, professoressa di Patologia generale all’Università di Padova, che in un lungo post su Facebook si è scagliata contro la trasmissione, dicendo che il servizio delle Iene è un esempio di come “distruggere il metodo scientifico in una manciata di minuti”.
C’è in giro un servizio pseudo-giornalistico che vorrebbe dimostrare come la terapia col plasma iperimmune sia la cura a portata di mano per il COVID-19″, scrive Viola, prima di spiegare “cosa sappiamo di questa terapia” – da un punto di vista medico, decisamente più attendibile di quello che possono portare Le Iene.
“Come sappiamo ormai tutti, si basa sull’utilizzo della parte liquida del sangue (che contiene anche anticorpi) di persone che sono guarite dal COVID-19. Si prende il sangue, si separa il plasma e si utilizza per i pazienti, cercando di fornire loro un’arma in più: gli anticorpi prodotti da chi è già guarito”, spiega Viola. “In linea di principio, potrebbe funzionare, ma anche no. Questo perché ci sono moltissime variabili in gioco; per nominare le più importanti: la concentrazione di anticorpi neutralizzanti nel plasma donato, la concentrazione di anticorpi nel sangue del paziente, lo stato infiammatorio/immunitario del paziente, la tempistica e il dosaggio di somministrazione, lo stadio della malattia”. E prosegue: “Per questi motivi, è molto difficile capire se la terapia funziona, perché in assenza di protocolli standardizzati (concentrazione di anticorpi fissa, condizione del paziente, modalità e tempi di somministrazione) la variabilità è troppo alta”. Per ora, aggiunge Viola, sulla base degli studi esistenti “non c’è evidenza scientifica che il plasma iperimmune sia di beneficio per i pazienti” e “i dati non sono sufficienti per suggerire la terapia con il plasma come efficace nella cura dei pazienti COVID-19”.
Dopo questa spiegazione medica, Viola passa all’attacco delle Iene spiegando perché il servizio che hanno fatto loro sul plasma iperimmune è molto pericoloso: mina la ricerca scientifica che non si pronuncia in favore della terapia perché non ha ancora abbastanza prove, genera aspettative nei malati e nelle loro famiglie che vorrebbero farsi curare con il plasma iperimmune e non capiscono perché non gli sia concesso. E tutto per fare audience, magari anche scatenando una polemica di cui si parlerà per qualche giorno.
“Saremmo tutti felici di poter dire che il plasma iperimmune funziona ed è uno strumento in più per affrontare il virus, e forse un giorno lo potremo comunicare con entusiasmo. Ma per il momento, dobbiamo basarci sui fatti e non creare false aspettative: non ci sono evidenze che questa terapia funzioni. Servono studi controllati e randomizzati per arrivare presto ad una conclusione definitiva”, conclude Viola nel suo post.
Insomma, per l’ennesima volta una trasmissione come Le Iene si occupa di medicina senza avere le competenze per farlo e fa un danno alla comunità per un guadagno personale. Una cosa che era già grave di suo quando si trattava di Stamina, figuriamoci adesso nel bel mezzo della pandemia.