Ieri mattina, un articolo di Dagospia ha alzato un polverone nel mondo dei media e del giornalismo italiano: accusava Imen Boulahrajane, 26 anni, famosa sui social come Imen Jane e per essere una giovane economista con il pallino della divulgazione, di non essere laureata in Economia come diceva. I dubbi di Dagospia erano nati dopo che durante un evento online organizzato da Goldman Sachs Jane si era presentata ancora una volta come economista ma qualcuno tra il pubblico, insospettito, aveva chiesto in cosa fosse laureata: nessuna risposta.
Oltre alla sua fama social – circa 300mila follower su Instagram – dovuta ai suoi video in cui faceva la rassegna stampa e spiegava l’economia con parole semplici, Imen Jane è co-fondatrice di Will, una startup di giornalismo online che come riporta Repubblica ha raccolto 1,2 milioni di euro di investimenti ed è stata celebrata come un modello per il giornalismo del futuro. Sia per il suo essere a tutti gli effetti un’influencer di attualità ed economia sia per la sua attività di giovane imprenditrice, lo scorso marzo Jane era stata inclusa tra i 30 under 30 da tenere d’occhio di Forbes Italia.
L’articolo di Dagospia ha alzato un polverone, appunto, facendo finire il nome di Imen Jane in trending topic su Twitter e sulle homepage di tutti i siti di news, e ha dato inizio alle sue 24 ore di passione. Nelle sue storie su Instagram, Boulahrajane ha azzardato una difesa piuttosto raffazzonata: ha ammesso di non essere laureata, ha spiegato che il vortice di successo in cui è finita negli ultimi anni le ha fatto trascurare gli studi, ha detto che sapeva che prima o poi questa cosa sarebbe venuta fuori e che aveva già intenzione di rimettersi a studiare. E ha chiuso citando altri grandi personaggi che non sono laureati, come Piero Angela.
E qui sta l’assurdità della cosa: quanto è davvero importante nel 2020 avere o non avere una laurea? Soprattutto nel caso di Imen Jane, che una laurea non ce l’ha ma che si è costruita una professionalità con le cose che ha fatto, dalla divulgazione alla sua attività imprenditoriale. Il fatto che improvvisamente tutto ciò non abbia più alcun valore è semplicemente assurdo. Altrettanto assurdo, ma forse più scusabile, è millantare nel 2020 una laurea che non hai – più scusabile perché, ci insegna questo e il più celebre caso di Oscar Giannino, il pezzo di carta privo di valore è ancora per assurdo un pass necessario per entrare in certi ambienti. E quindi negli Stati Uniti c’è la cultura del college dropout che lascia gli studi, costruisce qualcosa fuori e poi magari tornare nella sua università come relatore; in Italia bisogna millantare le triennali.
Intanto volavano gli stracci nel mondo del nuovo giornalismo online su Instagram, per ora popolato da startup di outsider dei canali del giornalismo tradizionale. Marco Cartasegna, bocconiano, ex tronista ad Amici e oggi fondatore di Torcha, un’altra startup di media su Instagram simile a Will, ha fatto una serie di storie sul suo profilo (anche lui 300mila follower) dedicate alla questione. “Di mitomani è pieno il mondo, lei si aggiunge alla lista” scriveva nella prima, per introdurre il racconto della sua esperienza con Imen Jane. In pratica i due avrebbero fatto qualche aperitivo insieme, condiviso i loro progetti di nuovo giornalismo digitale e poi lei sarebbe sparita per fondare Will, con l’accusa velata di aver tratto ispirazione dalle idee di Cartasegna.
Alla fine della giornata, mentre su Instagram i profili di Will e Boulahrajane venivano invasi da commenti negativi – riassumibili in: “avete lanciato un progetto che portava alta la bandiera della lotta alle fake news e adesso viene fuori che era tutto basato su una fake news” – Alessandro Tommasi, l’altro socio co-fondatore di Will, faceva delle storie per annunciare (lui) le dimissioni di Imen Jane dall’azienda, spiegando che si sarebbe presa del tempo per ritornare a studiare e “colmare questo gap” prima di tornare a lavorare a Will. Il tutto in uno stile burocratico da Unione Sovietica, lontano anni luce dal modello di trasparenza e piglio di Will. E in più ammettendo implicitamente che l’azienda era già da settimane a conoscenza della cosa e di averla insabbiata sperando non venisse fuori – anche questo poco compatibile con i valori del progetto.
In tutto ciò, al termine della sua giornata di passione, di Imen Jane non si hanno notizie: ha fatto le storie in cui si giustificava, ha cambiato bio sui social togliendo quell’equivoco “economista” ed è tornata a studiare. Cancellata nel giro di 24 ore, la durata di una Instagram story, con la stessa rapidità del modello di giornalismo bignami che propone.