Diciamolo fuori dai denti: per gli elettori storici del Carroccio Matteo Salvini è una disgrazia, il peggior segretario su cui la Lega potesse contare in una fase di transizione così delicata, che l’ha vista sprofondare nei sondaggi al 15,1% (il picco più basso dal 2014).
L’inizio delle ostilità in Ucraina avrebbe suggerito a qualsiasi capo politico di adottare un atteggiamento estremamente prudente – a maggior ragione nel caso di Salvini, dato che il leader leghista viene puntualmente descritto come una marionetta mossa dal Cremlino per fare egemonia culturale in Italia. Una tesi confermata a più riprese da anni di t-shirt griffate Putin sfoggiate fieramente in mondovisione e dalle acrobazie linguistiche che l’ex ministro dell’Interno ha compiuto negli ultimi tre mesi pur di non evidenziare le responsabilità del suo nume tutelare nell’invasione in corso. E invece no: in un raro impeto di masochismo, Salvini sembra aver deciso di cogliere l’occasione della guerra non tanto per cancellare la sua non invidiabile nomea di emissario moscovita a Roma, come il buonsenso imporrebbe, quanto piuttosto per palesare ulteriormente la sua ammirazione per Vladimir Putin – premurandosi di scegliere il momento perfetto, ossia quello in cui i rapporti tra la Russia e Italia sono più tesi che mai – e ridurre al lumicino quel che rimane della sua credibilità, tanto nei confronti del governo che appoggia quanto verso il suo stesso partito.
Questa innata capacità di farsi sbertucciare in pubblica piazza è stata resa ancora più evidente dai “tentativi diplomatici” un po’ fantozziani in cui l’ei fu capitano si è prodigato negli ultimi mesi. Potremmo addirittura coniare un nuovo principio di proporzionalità diretta: più Salvini si allontana dalla sua comfort zone fatta di slogan populisti pronunciati urbi et orbi e shitposting ossessivo di gattini e nutella, più la sua immagine pubblica ne esce ulteriormente clownificata.
Quando è all’estero per dare seguito alle sue “missioni” (…) Salvini perde la sua tradizionale sicumera da “sciur Mario” e si trasforma in una sorta di fenomeno dell’ansia da prestazione, il Kareem Abdul-Jabbar dell’imbarazzo istituzionale.
Solo per fare un esempio, è ancora viva nella memoria di tutti noi il duro colpo che Salvini ha incassato in Polonia a marzo, quando Wojciech Bakun, sindaco della cittadina di Przemysl ed esponente del partito di destra radicale Kukiz’15, lo ha ridicolizzato nel bel mezzo del tour che il leader del Carroccio aveva organizzato per riabilitare la sua immagine pubblica in senso pacifista, rinfrescandogli la memoria e ricordando a una platea parecchio nutrita (e, grazie all’eco che ne è seguita, all’Europa intera) il passato d’oro filo-putiniano del numero uno della Lega.
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Se osservati attraverso questa lente, gli “incontri segreti” che lo hanno visto protagonista nelle scorse settimane – e che stanno monopolizzando le prime pagine dei quotidiani – sono soltanto l’ennesima conferma di questo assunto. Per chi avesse perso qualche passaggio, ecco un riepilogo: uno scoop realizzato dal giornalista di Domani Emiliano Fittipaldi ha rivelato che, all’insaputa del governo, il segretario leghista avrebbe portato avanti un tentativo di “diplomazia parallela” per porsi come intermediario nelle trattative di pace tra Russia e Ucraina.
Il “piano” sarebbe stato portato avanti tramite una serie di riunioni tra Salvini e l’ambasciatore russo in Italia Sergej Razov, sotto la regia occulta di un personaggio che, fino a poche ora fa, era avvolto nell’anonimato più totale: l’ex parlamentare di Forza Italia Antonio Capuano, che diversi quotidiani stanno dipingendo come una specie di consulente-ombra per la politica estera del leader leghista, il suo Henry Kissinger in salsa nostrana. Allo stato attuale, di questa eminenza grigia pressoché sconosciuta alle cronache si sa pochissimo: 51enne perito elettronico, eletto deputato giovanissimo con Forza Italia nel 2001, esercita la professione di avvocato da pochissimo tempo – si è laureato in giurisprudenza nel 2018 presso l’Università telematica “Guglielmo Marconi”. Alcune voci lo accreditano come avvocato dell’ambasciata del Kuwait in Italia, mentre altre hanno messo in luce la sua vicinanza con alcuni regimi autoritari e i suoi ottimi rapporti con l’ambasciata russa in Italia.
In particolare, sempre stando all’inchiesta di Domani, dall’inizio del conflitto Salvini e Capuano avrebbero incontrato Razov in ben 4 occasioni: le prime tre a marzo e l’ultima nella prima settimana di maggio. Il contenuto degli incontri è ovviamente sconosciuto all’opinione pubblica, ma i motivi di interlocuzione tra il partito italiano più fedele alle direttive di Mosca e il personale diplomatico russo sono tantissimi. Ad esempio, i colloqui potrebbero avere avuto lo scopo di chiarire la posizione ambigua della Lega nei confronti di Mosca – è cosa nota che un’ala del partito, quella filo-europeista che fa capo a Giancarlo Giorgetti, avversa apertamente l’operato di Putin – o rappresentare l’occasione ideale per discutere delle sanzioni imposte dall’Occidente. Inoltre, le riunioni avrebbero dovuto preparare il terreno per la tanto sbandierata visita di Salvini a Mosca, in cui il segretario pianificava di incontrare i membri del governo russo per negoziare la fine della guerra in Ucraina e, citando le sue parole, rappresentare presso il Cremlino «il sentimento della maggioranza degli italiani».
L’operato di Salvini ha scatenato – e quando mai – la reazione imbarazzata del governo, che ha fatto sapere di essere all’oscuro di ogni trattativa e di non vedere di buon occhio la circostanza che un leader di partito, privo di qualsiasi incarico, agisca in segreto per conto dell’Italia, rivendicando un ruolo diplomatico che non gli compete in maniera alcuna. Un imbarazzo rafforzato dalle dichiarazioni a singhiozzo che l’anonimo Capuano ha rilasciato ai giornali nelle scorse ore. Il superconsulente di Salvini ha infatti fatto sapere di aver redatto un vero e proprio piano di pace da inviare a Mosca, con tanto di coinvolgimento diretto del Vaticano in veste di “garante morale”. Le dichiarazioni hanno indotto il Comitato per la sicurezza della Repubblica (Copasir) a valutare l’apertura di un dossier per chiarire quale possa essere il ruolo della nuova eminenza grigia salviniana in questa storia.
Tra incontri avvolti dal segreto e l’inatteso exploit di un super esperto avvolto da un’aura di mistero, l’ennesima epopea diplomatica di Salvini non poteva che risolversi in un disastro. In attesa di chiarire i contorni della faccenda, l’unica certezza che abbiamo è che il segretario leghista è ancora uno dei principali sponsor di Putin e avversari dell’Europa nel nostro Paese.