Livorno, dì qualcosa di sinistra, quantomeno dì qualcosa, difendi una pecora dalle pecore. Invece niente. Livorno tace o manda i vigili a far multe (un’atteggiamento un po’ da spioni, in gergo criminale da infami, oppure simile a quello che che si apprende sui social quando si segnala qualcuno). È questo il segno dei tempi e ce ne siamo accorti grazie a Peora, finita sulle cronache locali e nazionali, assieme al suo padrone multato per averla portata a spasso sul lungomare tutta dipinta.
Andiamo per gradi. Peora è il nome in dialetto (si legge come si scrive, con la “c” aspirata tipica della Toscana) della pecora di Valerio Trafeli, un 26enne che vive vicino al mare, nella sua fattoria o “esperimento sociale” come la chiama lui, campando dei frutti della terra e portando avanti uno stile di vita filosoficamente encomiabile. Non inquina, non rompe le palle a nessuno, non fa lo schiavo otto ore al giorno al pc e ripulisce l’ambiente. Ce ne fossero.
Valerio e Peora sono stati protagonisti di un fatto di cronaca perfetto per attirare commenti superficiali e condanne sul web, ma che merita di essere approfondito. Dopo aver usato dei colori naturali per decorare la sua amata amica a quattro zampe (la ama davvero, come potete capire osservando il loro rapporto dall’account Instagram @valetrafe), Valerio è andato a farsi un giro sul lungomare. Non propriamente vestito, solo con un telo bianco e a sua volta col petto dipinto, ok, ma non è questo il punto.
Forse questo giovane strambo, forse l’allarmismo di qualche animalista convinto che la “peora” fosse schiavizzata o soffrisse, ha fatto sì che i due fossero segnalati alle autorità dai passanti. Ecco che è scattata la multa, la multa molto kafkiana e simbolica. Il motivo? Nel regolamento comunale “è vietata la colorazione degli animali per qualsiasi scopo”. 50 euro, la scialba cifra della multa, basta per la triste diagnosi: Livorno non c’è più. o almeno la Livorno che conoscevamo, quella del detto: “Se vuoi fa’ come ti pare vieni a Livorno”.
In quella Livorno, uno come Valerio dovrebbe essere una bandiera. Quella Livorno era una città che già alla fine del 1500, con l’emanazione delle leggi livornine da parte del Granduca di Toscana, divenne un faro del cosmopolitismo, dell’accoglienza, della libertà di culto, delle minoranze (ad esempio: Cosimo De Medici ospitò gli ebrei perseguitati dall’Inquisizione e ospita tutt’ora una delle comunità più importanti d’Europa).
Senza andar troppo indietro nei secoli Livorno è stata anche la città più “rossa” della Toscana, quella in cui è nato il PCI, quella considerata anche nella vulgata popolare una sorta di roccaforte dell’accoglienza, quella che si è opposta per decenni all’apertura dell’Esselunga come se fosse una medaglia da appuntarsi al petto.
E adesso? Come mai Livorno sente il bisogno di multare Valerio invece di chiudere un occhio, come mai si sfoga rabbiosa coprendolo di sberleffi e insulti sui social negli articoli in cui si parla di lui invece di difenderlo? Valerio
non ha mai letto Thoreau, ma fa quello che fece lo scrittore americano quando si ritirò e scrisse Walden ovvero Vita nei boschi, il capolavoro che ha ispirato gli hippie, il giovane Jon Krakauer reso celebre dal film Into the Wild e altri migliaia di viaggiatori. Valerio e Peora sono figure di cui abbiamo bisogno per non perire sotto al fuoco incrociato di migliaia di like di influencer del cavolo e delle loro campagne di marketing, dei loro slogan, della loro omologazione, delle loro ideologie che ci vengono subdolamente spacciate per valori.
Valerio avrà forse infranto un regolamento comunale ma santoddio a volte si da più esempio di civiltà a tutelare un eccentrico, a chiudere un occhio. Cosa è diventata Livorno: la Brianza? Siamo in un momento storico assurdo, la gente è in una bolla di paura da un anno e dà segni di cedimento, Valerio dice che voleva solo portare in giro un po’ di allegria, ma qualcuno non aveva voglia di ridere. E ci sta. Però ecco questo ragazzo e la sua assurda
Peora fanno parte di una tradizione antica, ormai forse in estinzione, di spiriti liberi. Per conoscerle in rapporto a questa città che ha nel DNA la libertà e il sorriso andatevi a leggere il Repertorio dei matti della città di Livorno di Marcos y Marcos curato da Paolo Nori, le pagine del Sardelli e del Vernacoliere, andate ad ascoltare Bobo Rondelli o Nada, rispolverate le poesie di Caproni o perdetevi nel tratto di Modigliani. Quella è la Livorno che ci manca. Questa qui, non si sa cosa sia.