Appena il fumogeno tocca terra, gli si avventano sopra in cinque. Il primo lo copre con un cono del traffico, il secondo lo spegne versando dell’acqua dal buco superiore, il terzo li nasconde alle telecamere con un ombrello aperto e gli altri due fanno da guardia. Oltre che una maschera antigas, indossano tutti un casco giallo (per proteggersi dai poliziotti), occhiali scuri (per non farsi identificare dalle autorità) e uno zainetto con dentro un ombrello (contro lo spray urticante) e un laser verde (per disturbare le telecamere degli agenti che provano a inquadrarli). Sono i ragazzi di Hong Kong, e sono i manifestanti più tecnologici al mondo.
Interesting way how #HongKong protesters deal with tear gas
— Ali Özkök (@Ozkok_A) July 28, 2019
Sono scesi in strada agli inizi di giugno, per protestare contro una nuova legge sull’estradizione che avrebbe consentito alla Cina di processare nei suoi tribunali gli abitanti di Hong Kong accusati di crimini gravi. Secondo i manifestanti l’estradizione comporterebbe una gravissima intrusione cinese; porterebbe in dote al Paese più grande del mondo un’arma micidiale per arrestare gli oppositori (gli basterebbe accusarli di qualcosa) e rappresenta l’ennesimo passo verso una crescente ingerenza di Pechino nella vita di Hong Kong, che dal 1997 è una regione amministrativa speciale cinese e chiede sempre più autonomia. Gli scontri con la polizia sono iniziati presto e ricordano quelli della Rivoluzione degli ombrelli del 2014. Rispetto ad allora, quando vennero arrestati in quasi mille, i ragazzi di Hong Kong hanno affinato le tecniche di protesta e di sabotaggio, facendosi ancora più efficaci, organizzati e prudenti.
L’obiettivo, ancora prima che protestare, è quello di sfuggire al Grande fratello della polizia che lavora giorno e notte, on e offline, per identificare gli autori delle proteste. I ragazzi hanno concordato di non conservare alcun messaggio o contatto nei loro cellulari e di compartimentare le comunicazioni. Si coordinano principalmente tramite Telegram. Hanno formato tanti piccoli gruppi e designato delle singole “staffette” incaricate di muovere le informazioni. Creano dei cuscinetti nel flusso della comunicazione ed evitano che la polizia rintracci in un sol colpo tante persone confiscando il cellulare di un singolo manifestante.
L’altro sito usato è Lihkg, una piattaforma simile a Reddit. È nei suoi gruppi di discussione che sono nati i principali poster che girano nel web di Hong Kong e talvolta vengono affissi sui muri della città. Sono discussi in gruppo, disegnati da artisti che partecipano alla protesta e poi condivisi via Bluetooth. Le grafiche sono di ispirazione orientale e manga, gli slogan invitano a tener duro. Uno dei più fortunati è quel “Be water” (“Sii acqua”) usato da Bruce Lee per incoraggiare la fluidità e l’adattabilità in ogni situazione.
Hong Kong protestors are on another level. Here they’re using lasers to avoid facial recognition cameras. A cyber war against Chinese artificial intelligence. pic.twitter.com/t1hIczr5Go
— Alessandra (@alessabocchi) July 31, 2019
Un altro poster, simile al cartello di un cantiere, ricorda ai manifestanti gli oggetti da portare: caschi, occhiali, maschere antigas e laser. I puntatori laser, in particolare, sono diventati forse l’oggetto più riconoscibile della protesta: vengono usati per evitare che le telecamere della polizia riprendano i volti dei manifestanti, per poi riconoscerli e incriminarli. E quando due settimane fa uno studente a capo di un sindacato studentesco è stato arrestato solo perché aveva in casa un puntatore, centinaia di persone sono scese in piazza e inscenato uno scenografico “laser show”.
Perché gli va dato atto: i ragazzi di Hong Kong hanno un particolare talento nel creare un forte impatto visivo. L’ultima prova l’hanno data venerdì, quando hanno formato una catena umana di 40 chilometri. In 100 mila si sono ritrovati sotto i grattacieli e in mezzo alla strada tenendosi per mano e bloccando mezza città.
Adesso, i simboli della loro protesta sono diventati addirittura dei tatuaggi. Un artista locale dell’isola ha offerto di tatuare gratis per tutto il mese di luglio gli oggetti simbolici di queste settimane. In circa 100 si sono fatti disegnare un ombrello, una benda su un occhio insanguinato (simbolo contro gli abusi della polizia) e il fiore dell’orchidea, simbolo di Hong Kong. “Un cliente mi ha detto che voleva un tatuaggio per commemorare questi giorni”, ha raccontato il tatuatore che ha preferito rimanere anonimo. “E per poterlo mostrare un giorno a suo figlio”. Come prova di aver partecipato alla protesta più tecnologica degli anni 10.