Sarà anche pubblicità e immagine, ma avere un sindaco che si presta a intervistare l’astro nascente della musica italiana è un privilegio. Un privilegio perché ci ricorda che esistono anche politici sul pezzo come Beppe Sala, il sindaco di Milano. Intervistare Mahmood, il vincitore dell’ultimo festival di Sanremo, per quanto paracula, è una scelta forte, un messaggio diretto a quel resto d’Italia che si è schierato dalla parte dell’odio.
L’incontro avviene a orario aperitivo, al Rocket di Milano, con una fila all’ingresso che nemmeno per il firmacopie del trapper del momento. Un scelta che si scaglia, con veemenza, contro le stronzate filoleghiste e sovraniste di chi ha pensato, scritto e detto scemenze come “il festival di Sanremo dev’essere degli italiani”. Anche perché, come ha ripetuto lo stesso Mahmood in circa 740 miliardi di interviste, lui è nato a Milano. E lo ripete anche oggi: “Gli haters, gli ignoranti, i razzisti mi dicono di tornare al mio paese, ma il mio paese è Milano”. Perché l’ignoranza è una bestia dalle mille teste che si propaga come pestilenza tra i più deboli.
Il motivo di questo incontro, come ripete Sala a più riprese, è celebrare un esempio positivo: la storia di un ragazzo milanese di seconda generazione che ce l’ha fatta come stimolo, ispirazione e speranza. Il tutto raccontato senza retorica, sottolineando come questo sia possibile solo attraverso dedizione, impegno, studio. In una serie di simpatici scambi che vanno dai gusti musicali (Sala è fan di Florence And The Machine, Mahmood di Venerus) alle ispirazioni (Gioventù Bruciata nasce sui tram di Milano e nel quartiere periferico di Gratosoglio), il momento più intenso è quando i ruoli si ribaltano e Mahmood pone al sindaco la domanda da un milione di euro: “Perché noi giovani dovremmo credere ancora nella politica?”. La risposta di Sala, recuperando quando dichiarato alla manifestazione del 2 marzo, è di un’onestà disarmante: “Quello che posso dirvi è di non lasciare la politica solo ai politici”.
L’incontro tra Sala e Mahmood è un messaggio di una città che, ancora una volta, si dimostra ben localizzata nel presente e con la testa proiettata nel futuro. Una città che parla di Europa, di cultura e culture, in forte contrasto con il sentimento populista di questi anni. Milano è e resta una città inclusiva, aperta, schierata dalla parte di chi ha bisogno. O come ha detto lo stesso Mahmood: “Io non sto con chi odia, io sto dalla parte del diritto alla vita”.
Questi eventi sono piccole situazioni che non salveranno il mondo da questa deriva razzista, ma servono a ribadire concetti positivi come integrazione e uguaglianza che, per quanto sembrino scontati, oggi hanno più che mai bisogno di essere rispolverati e tirati a lucido.