“Signor ministro, mi guardi negli occhi. Vorrei che riflettesse la prossima volta, quando annuncia qualcosa come sicura, che tutto questo diventa pubblicità ingannevole quando non si verifica”. Così Alessandro Marescotti, professore e presidente di Peacelink, si è rivolto il 24 aprile al vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio, arrivato a Taranto per incontrare i lavoratori dell’Ilva e le realtà sociali del territorio. Un intervento diventato virale sul Web, merito anche alla testa bassa del leader 5 Stelle e al vistoso imbarazzo di fronte alla rabbia di chi lo fronteggiava al microfono. Alle scorse elezioni il M5S aveva preso quasi il 50% in città, un plebiscito che pare destinato a non ripetersi.
All’incontro ha detto la sua anche Michele Riondino, uno degli attori italiani più apprezzati e padrino dell’ultima edizione della Mostra del cinema di Venezia. Tarantino, 40 anni, nel 2012 è stato tra i fondatori del Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, che si batte per chiedere che tutela della salute e dell’ambiente siano coniugati con l’occupazione all’Ilva, la più grande acciaieria d’Europa, che dà lavoro a quasi 15mila persone e che ha causato migliaia di morti per le emissioni di sostanze tossiche. Solo pochi giorni fa sono stati diffusi i dati dell’Osservatorio dei Consulenti del Lavoro nel 2018: Taranto è stata la maglia nera per numero di malattie cancerogene legate al lavoro, 164.
Non stupisce che la città si senta tradita, dalla politica e non solo. Con questo sentimento nel 2013 era nata l’idea di celebrare a modo proprio il Primo Maggio e organizzare un concerto alternativo a quello di piazza San Giovanni a Roma. Una tradizione che da allora si è rinnovata, con nomi importanti della musica alternativa e non solo che si sono succeduti sul palco ionico. Quest’anno sarà la sesta edizione, con una lineup che va da Capossela a Elio, dai Colle der Fomento ai Tre allegri ragazzi morti. Michele Riondino è direttore artistico dell’evento assieme a Roy Paci e Diodato, e da lì partiamo nella nostra chiacchierata.
Tutto pronto?
Direi che ci siamo, anche se rimane un po’ dell’agitazione che precede sempre i grandi eventi. Le aspettative sono alte, perché la manifestazione è cresciuta enormemente negli ultimi anni. Ma siamo felici di quello che abbiamo costruito e soprattutto di aver riportato all’interno della Festa dei Lavoratori temi che erano spariti dalla giornata.
Le cose stanno ancora così?
Noi siamo nati perché ritenevamo che si fosse perso il senso del 1 maggio, che nell’evento di piazza San Giovanni si fosse creato un silenzio assordante attorno a certe urgenze. Forse era inevitabile, visto quanto sindacati siano lontani dalle tematiche che dovrebbero affrontare, anzitutto il diritto a un lavoro sicuro, che a Taranto non è garantito.
La vostra diatriba con Cgil, Cisl e Uil va avanti da tempo.
All’Ilva hanno firmato un accordo con un gestore che continua a fare lavorare gli operai a stretto contatto con l’amianto, che non fa nulla per ammodernare impianti vecchi e pericolosi per la salute di lavoratori e cittadini. Si continua ad affrontare la vicenda Ilva solo con le lenti dell’occupazione, quando il primo giudice che indagò sullo stabilimento stabilì che l’azienda avesse abusato del suo diritto a fare profitto a scapito della salute. Il sindacato è andato dietro a questa logica. Per questo la nostra piazza è sempre necessaria.
Perché allora rifiutate l’etichetta di contro-concerto?
Semplicemente perché da noi non è la musica la protagonista. Il nostro palco è come lo sgabello dello Speaker’s Corner di Hyde Park, in cui i territori in lotta per i propri diritti possono dire la loro. Tra un intervento e l’altro c’è un musicista che fa il suo lavoro…
C’è un pezzo che attendi più di altri?
Sono molto contento che Vinicio abbia accettato anche quest’anno di esserci e amo molto il suo nuovo pezzo, Povero Cristo, il cui video è stato girato a Riace. Tra l’altro avremo in collegamento Mimmo Lucano. Poi sono curioso di sentire il set congiunto di Max Gazzè e Elio, e una generazione fortissima come quella rappresentata da Epo e Andrea Laszlo De Simone.
Da anni si dice che il Primo Maggio sia un rito stanco. Ora tra lotta per le mance ai rider e il tremendo dibattito attorno al reddito di cittadinanza, pare sia quasi diventato un rito assurdo…
Il vero problema è il nuovo modo di fare politica, in cui si usano e abusano temi che dovrebbero essere di tutti come la salute. Questo ha fatto perdere credibilità ai partiti e fiducia i cittadini, anche perché si gioca a confondergli le idee. Per questo crediamo che l’1 maggio rimanga fondamentale, per tenere vivo un dibattito attorno a certi temi e certe priorità.
Sarà anche un primo maggio antifascista, visto che il clima generale?
Nel modo più assoluto. I valori dell’antifascismo sono attualissimi: oggi il fascismo è sempre più prepotente, seppur in forme nuove. Non si può festeggiare l’1 maggio e dichiararsi oltre l’antifascismo. Ora più che mai.
Veniamo ai giorni scorsi e alla presenza del ministro Di Maio in città. Cosa ti rimane di quell’incontro?
Poco. Non ha detto nulla di nuovo, le sue parole sulla riconversione rinnovabile della città non stanno in piedi senza un percorso di chiusura graduale degli impianti. Noi lo diciamo da anni e prima lo diceva anche il Movimento. L’altro giorno, invece, Di Maio è arrivato da noi e con una parvenza di innocenza ha detto che non ha mai sostenuto la chiusura degli impianti. Ci avevamo creduto, li abbiamo votati e siamo delusi. Ma anzitutto da noi stessi, da quello che noi tarantini permettiamo da anni a certi personaggi di dire e fare.
Spiega meglio.
Sono deluso dal fatto che abbiamo creduto alle promesse di Di Maio e dal fatto che la sua venuta in città non sia stata accompagnata da grandi proteste. Dal fatto che continuiamo a permettere ai sindacati di raccogliere adesioni nelle fabbriche, senza mai difendere la qualità della nostra vita. Dall’aver permesso a Riva (il vecchio padrone dell’Ilva, ndr) di fare tutto quello che voleva. Io ce l’ho prima di tutto con la nostra indolenza, che per fortuna a volte lascia il posto a piccole scintille di vita e non rassegnazione. Oggi vedo una nuova generazione che, a differenza della mia, non è più schiava del ricatto occupazionale e vuole occuparsi della cosa pubblica.
Perché Di Maio doveva guardarvi negli occhi, come chiedeva Marescotti?
Quell’espressione ha fatto molto parlare. Ma non è stata la parte più interessante del suo discorso, quanto quella in cui ricordava a Di Maio tutte le promesse disattese sulla sicurezza e la salute dei cittadini, tutte le menzogne che continua a dire. All’epoca dei social ogni bugia diventa una verità, il che rende i dati diffusi da Di Maio – l’avvenuto abbassamento del 20% delle emissioni – una verità per qualcuno. E questo non lo possiamo accettare.
Hai detto di aver votato 5 Stelle in passato. Voterai alle elezioni europee?
No, farò scheda bianca. Torno a non avere nessun tipo di rappresentanza, non mi fido di nessuno. E ritengo che il mio voto sia troppo prezioso per darlo al meno peggio, sarebbe squalificante per me e per la politica. A Taranto sono tanti, temo, a pensarla così. Un anno fa ci siamo fidati del Movimento Cinque Stelle. Ora mi sento di mettere la mano sul fuoco sul loro tracollo.