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Nel caso in cui non fosse chiaro, Papa Francesco è la popstar del secolo

Sa entrare nelle nostre case in punta di piedi, dice cose di buon senso, fa infuriare le folle bigotte e salva Fabio Fazio dalla consueta sassaiola mediatica del giorno dopo: non ha i superpoteri, ma poco ci manca

Foto da RaiPlay

Spesso il consesso mediatico – quello più cattivo e cinico in assoluto, sempre alla ricerca dello scalpo dello sventurato di turno – ha potuto contare su solidi appigli per fare della (facile) ironia sulle doti da intervistatore di Fabio Fazio: etichettato a più riprese come “agiografo” (come accadde in occasione dell’ormai celebre colloquio con Obama, a tutti gli effetti una monumentale marchetta encomiastica), costretto a incassare tacitamente una marea di insulti, tra un “fratacchione” di Vincenzo De Luca e un “cocco dei salotti” di Gianluigi Paragone, negli ultimi anni il conduttore di Che tempo che fa è stato il bersaglio di una specie di intifada mediatica, foraggiata da una platea sempre pronta a cogliere ogni occasione possibile per distruggere il suo operato e, quando possibile, mettere in campo ogni strategia utile a foraggiare la rabbia degli haters – la più famosa delle quali è quella di sbattere in prima pagina i suoi “eccessivi compensi” con toni enfatici, ormai un classicone della cronachetta da quattro soldi nostrana che siamo costretti a subire passivamente ogni anno.

Ieri, però, anche i detrattori più radicali hanno dovuto ricredersi: durante l’intervista a Papa Francesco (un appuntamento storico, che consegna ai posteri la prima intervista rilasciata da un pontefice in diretta televisiva), con un raro guizzo di genialità e incoscienza, Fazio è riuscito finalmente a sbottonarsi quel tanto che basta per riuscire nell’impresa di pronunciare la domanda delle domande, consentendo a Bergoglio di rompere definitivamente la quarta parete della sacralità: «Lei si sente mai solo? Ha degli amici?».

Una richiesta inaspettata, che ha aperto uno spiraglio inedito sulla sfera più intima del leader dei leader, quello più importante in assoluto. Intendiamoci: abbiamo avuto diverse dimostrazioni della semplicità per nulla banale di Papa Bergoglio, che sin dall’inizio del suo mandato ha provato a presentarsi ai propri fedeli nella maniera più umana possibile, dall’iconico «Se uno mi offende la madre gli do un pugno» allo schiaffo sulle mani di una fan un po’ troppo esagitata. E poi ci sono la passione per il calcio, il tifo acceso per il San Lorenzo, la rinuncia al lusso dell’appartamento papale, addirittura una copertina su Rolling Stone: indizi che delineano il profilo di un leader che, mantenendo ferma la solennità del suo ufficio, sembra non disdegnare le passioni popolari e, anzi, quando possibile prova ad abitarle (del resto, quanti pontefici vanno personalmente a comprare i dischi direttamente in negozio? E quanti hanno registrato un album rock-progressive?). Eppure, una domanda così semplice non l’aveva mai pronunciata nessuno, forse perché suona troppo banale persino per il Fazio di turno. Eppure, è stata talmente tanto banale da fare il giro e diventare oro colato.

Grazie alla folgorazione di Fazio, abbiamo avuto accesso a un Bergoglio inedito, che sognava di tagliare fette di carne e riempire borsoni di denaro, che ha amici veri fuori dai recinti del Vaticano e che conosce alla perfezione i luoghi comuni italiani: «Ho degli amici che mi aiutano, conoscono la mia vita», ha risposto. «Io ho delle mie anormalità ma sono un uomo comune, che ha amici, mi piace stare con gli amici, ho bisogno di loro. Le amicizie mi danno forza, ho bisogno degli amici, sono pochi ma veri». Anche l’aneddoto del macellaio restituisce l’immagine di un sovrano normalizzato: «Da piccolo volevo fare il macellaio», ha confessato, perché «affascinato da tutti quei soldi che metteva in borsa», sottolineando che «questa è la parte genovese del mio sangue» (eccoli, i luoghi comuni) e che «anche i piemontesi badano ai soldi, ma i genovesi di più». Non è mancato neppure l’ennesimo scandaglio sulla sua ormai nota passione musicale: «Un porteño che non balla il tango non è un porteño», ha detto, riferendosi alla sua infanzia a Buenos Aires.

La parentesi nazional-popolare, però, è stata l’anticamera di un j’accuse in cui Bergoglio ha toccato tutti i temi dell’agenda politica, dal “crimine” che l’Unione Europea sta compiendo con i migranti («Con i media guardiamo tutto, è una tragedia, poi non guardiamo più», ma «non basta vedere e necessario sentire, toccare») all’ammassarsi delle micro-plastiche in mare, fino al tratto distintivo di questi tempi nevrotici, ossia un’aggressività che permea ogni aspetto della vita, reale o virtuale che sia: «Il problema dell’aggressività sociale è stato studiato bene da psicologi e quindi non ne parlo. Sottolineo solo quanto è cresciuto il numero dei suicidi giovanili. C’è un’aggressività che scoppia, pensa al bullismo nelle scuole, è un problema sociale, non di una sola persona. L’aggressività va educata, c’è un’aggressività positiva è una distruttiva». Un’aggressività che prende le mosse da parole sbagliate: «Comincia con una cosa piccola, con la lingua, con il chiacchiericcio. Il chiacchiericcio nelle famiglie, tra le persone distrugge l’identità».

In ultima analisi, il Papa non ha lesinato una dura reprimenda all’istituzione che rappresenta: «Oggi il male della Chiesa più grande è la mondanità spirituale», ha detto a un Fazio annuente e più rapito del solito. «È una Chiesa mondana. Questa mondanità spirituale fa crescere il clericalismo, una cosa brutta, una perversione della Chiesa, che porta a posizioni ideologicamente rigide. Così l’ideologia prende il posto del Vangelo».

Le reazioni del giorno dopo dimostrano un altro tratto distintivo del Papa: è inviso a buona parte del mondo cattolico, fa schiumare di rabbia collitorti e comare come nessuno. Anche in questo caso, la coalizione dei bacchettoni italiana non ha perso occasione per criticare il suo aplomb da “icona mediatica”, come Stefano Fontana, che in un delirante articolo su La Bussola Quotidiana ha definito la presenza di Bergoglio nel programma «una questione seria», che «denota infatti una accentuata secolarizzazione (o sconsacrazione) del papato», giungendo addirittura a paragonare l’intervista a un episodio della rivoluzione comunista cinese, quando «Mao faceva sfilare nudi i Mandarini per mostrarne la ridicola debolezza una volta dismesse le solenni vesti cerimoniali e una volta fatti scendere dagli scranni del potere ieratico».

L’intervista di ieri è l’ennesimo tassello del processo di “poppizzazione” di Papa Francesco: è la popstar del secolo, sa entrare nelle nostre case in punta di piedi, dire cose di buon senso, fa infuriare le folle bigotte con troppo tempo libero e riesce addirittura salvare Fazio dalla consueta sassaiola mediatica del giorno dopo. Che dire: non ha superpoteri, ma poco ci manca.

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