Le proteste del movimento Strajk Kobiet, da noi noto come Women’s Strike, non sono bastate. Mercoledì 27 gennaio il governo polacco guidato dal partito sovranista-clericale Legge e Giustizia (Prawo i Sprawiedlywosc, alias PiS) ha reso noto di aver pubblicato in Gazzetta ufficiale la sentenza con cui lo scorso 22 ottobre la Corte costituzionale definiva illecito l’aborto in caso di malformazione del feto. Tradotto: l’annunciato irrigidimento della legge sull’aborto si è concretizzato, d’ora in avanti in Polonia sarà legale abortire solo in caso di pericolo di vita per la donna incinta o in caso di gravidanza dovuta a incesto o stupro.
Immediata la reazione dei dimostranti, che già nella serata di mercoledì si sono adunati a Varsavia e in altre città polacche contro una legge su cui lo scorso novembre si era espresso anche il Parlamento Europeo, dichiarando in una risoluzione che una norma così restrittiva “mette a rischio la salute e la vita delle donne”, dal momento che la maggior parte degli aborti legali in Polonia, fino al 98 per cento, viene praticata proprio in caso di gravi e irreversibili malformazioni fetali.
Ma l’attuale maggioranza di destra sostenuta dal presidente Andrzej Duda, con Mateusz Morawieki nel ruolo di premier e che vede in Jarosław Kaczyński il suo uomo forte, non sembra avere intenzione di fare passi indietro. E Julia Przylebska, presidente della Corte costituzionale polacca – che, ricordiamo, da un anno è controllata dall’esecutivo – ha descritto la risoluzione del PE come “un tentativo senza precedenti d’interferenza nelle questioni interne del sistema politico polacco, che non sono regolate nei trattati europei”.
“Esortiamo il mondo intero a scendere in piazza, esprimete la vostra rabbia come credete, ma fatelo”, ha detto Marta Lempart, una delle leader del movimento Strajk Kobiet che da quattro anni guida le proteste e che negli ultimi mesi, di fronte al carattere sempre più autocratico del governo capeggiato dal PiS, ha allargato il suo campo d’azione puntando non solo a una normativa meno severa sull’interruzione di gravidanza e alla difesa dei diritti delle donne, ma anche a far cadere Kaczyński e la sua squadra.
“Faremo di tutto per garantire che anche i casi di gravidanze molto difficili, quando è certo che il bambino nascerà con gravi deformazioni per poi morire, finiscano comunque con un parto, in modo tale che quel bambino possa comunque essere battezzato e seppellito”, aveva affermato lo stesso Kaczyński già nel 2016, sostenuto dalla Chiesa cattolica polacca. Una posizione fortemente criticata dall’opposizione di centro-sinistra, che da tempo richiede un referendum sull’aborto.
In particolare, il liberale e progressista Rafał Trzaskowski – il sindaco di Varsavia che lo scorso luglio ha perso le elezioni contro l’attuale presidente polacco Andrzej Duda per un soffio – ha osservato che la decisione di pubblicare in Gazzetta ufficiale la sentenza della Corte Suprema è stata presa “contro la volontà dei polacchi” e sul suo profilo Twitter ha fatto sapere che “non sono solo le donne a scendere in piazza, è l’intera nazione che ne ha abbastanza”.
Va ricordato che lo scorso autunno il governo polacco aveva rinviato la pubblicazione della sentenza della Corte Suprema in risposta alle crescenti proteste di piazza contro la stessa – ma a quanto pare si trattava di una mossa volta solo a calmare le acque. In ogni caso il movimento di protesta Strajk Kobiet non si è mai fermato e alle sue rivendicazioni hanno man mano aderito un crescente numero di persone di ogni sesso ed età, attivisti LGBTQ+, studenti e le più svariate categorie professionali: tassisti, agricoltori, imprenditori e anche medici, insoddisfatti, tra le altre cose, del modo in cui la maggioranza di destra al potere sta gestendo l’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia di coronavirus.
Il malcontento è ora ai massimi livelli. “Bastardi. #pseudosentenza #pseudotribunale”, ha scritto su Twitter Barbara Nowacka, parlamentare dell’opposizione. Dal canto suo, l’attivista Antonina Lewandowska ha sottolineato come già prima dell’inasprimento della legge sull’aborto “tra le 100mila e le 200mila donne erano costrette a ricorrere all’aborto clandestino o a recarsi all’estero, in genere in Repubblica Ceca, Germania, Slovacchia o Ucraina, per praticarlo”.
Proprio nei giorni scorsi Strajk Kobiet/Women’s Strike aveva pubblicato sul suo sito web i risultati di un sondaggio secondo cui il 69% dei polacchi sarebbe dalla parte del movimento di protesta. Movimento che ha anche denunciato violenze da parte della polizia contro i manifestanti. “Dall’inizio di novembre la pandemia è diventata una giustificazione per ricorrere a tecniche di contenimento che creano solo tensione, visto che quando riempiamo le strade le forze dell’ordine ci intimano di andare a casa nel momento stesso in cui ci accerchiano senza lasciarci vie di fuga”, aveva raccontato Karolina Micula a Rolling Stone lo scorso dicembre.
“La polizia ha inoltre iniziato a utilizzare spray al peperoncino. In più ci sono stati arresti e casi di persone manganellate mentre manifestavano in maniera pacifica”. Gli attivisti del movimento di protesta non hanno comunque intenzione di stare zitti, né di rinunciare alla loro battaglia: “Siamo arrabbiati”, hanno scritto nelle scorse ore su Instagram. E in riferimento alla recente legalizzazione dell’aborto in Argentina: “Gli argentini non si sono arresi, non ci arrenderemo nemmeno noi”.