Pavel Durov, la vita in fuga del genio di Narcogram | Rolling Stone Italia
Una vita sul filo del rasoio

Pavel Durov, la vita in fuga del genio di Narcogram

Eroe digitale o facilitatore di azioni criminose? Ritratto di un innovatore ribelle che sembra uscito da una serie Netflix. La difesa della privacy che ha trasformato Telegram nella mecca degli spacciatori. La resistenza alle pressioni dei governi. I quattro passaporti. La Russia e l’Italia. Delitti e segreti

Pavel Durov, la vita in fuga del genio di Narcogram

Pavel Durov

Foto: Manuel Blondeau/AOP Press/Corbis

Alla fine Pavel Durov con cinque milioni di euro di cauzione è riuscito a garantirsi la libertà vigilata sul suolo francese, ma facciamo qualche passo indietro. Il brillante ma enigmatico fondatore di Telegram sembra uscito da un romanzo su hacker, spionaggio e attivismo. Nato a San Pietroburgo nel 1984, padre di tre figli, ha una personalità magnetica. È un anti-Musk ma con più attributi di lui, non urla ma combatte, viene minacciato dai servizi segreti russi ma non si fa intimorire, per poi farsi arrestare in Francia col sorriso.

È noto tanto per l’avversione per l’autorità quanto per l’ambizione in campo tecnologico. E sì, ha anche un debole per il nostro Paese, dove ha vissuto. Torino è stata una delle tappe fondamentali della sua vita, come ha raccontato a pochi fortunati. Dietro il suo fascino da genio ribelle si cela un uomo costantemente in fuga, che ha accumulato cittadinanze come fossero figurine Panini, dal passaporto russo a quello di Saint Kitts e Nevis, fino a quello francese. In effetti, coi suoi quattro passaporti, Durov sembra un James Bond o un Arsenio Lupin dei social, sempre pronto a sfuggire alle grinfie dei “nemici”.

Durov e il fratello Nikolai, nati a San Pietroburgo come Putin e l’ormai defunto Prigozhin, fondano nel 2006 VKontakte, che col tempo diventa il social di pro-russi, prostitute, no-vax, small brain e nazifascisti. VKontakte è una sua creatura, nasce come copia cheap di Facebook. Per molti anni ha mantenuto la grafica e l’interfaccia praticamente uguali a quelle del primo Facebook, tanto da farla sembrare l’equivalente della Fiat 124 prodotta a Togliattigrad. Non è un caso se vediamo ancora oggi a Mosca sfrecciare a fianco di silenziosissime Tesla delle Lada 124 con alettone da Formula 1 e tubi di scarico aperti e rumorosissimi.

Ebbene, dopo la copia cutre di Facebook, come si direbbe in Spagna, i Durov hanno una grande idea: unire le funzionalità di un messenger come WhatsApp a quelle di un social e consentire un livello di anonimato degno del dark web grazie al sistema di cripting semiproprietario MTProto. Succede l’impensabile: i trafficanti di droga, i distributori di pedopornografia, i gruppi terroristici colgono l’opportunità offerta dal livello di protezione assicurato dal sistema e si spostano in massa di Telegram.

Telegram è di gran lunga superiore a qualunque altro social network, eccetto forse TikTok. Brilla per l’incredibile flessibilità: può trasformarsi in un negozio online, in un canale chat, in un’applicazione gestibile direttamente dalla chat. È un sistema di viralizzazione a pagamento interessantissimo grazie alla funzione Boost e all’advertising che si può pagare con la criptomoneta di Telegram. Sono tutte cose che Elon Musk può solo sognare e che non riuscirà mai a realizzare perché la piattaforma di Twitter/X non è nata per questo scopo.

X è nato per offrire news in tempo reale: dopo pochi secondi un tweet può essere letto in qualunque parte del globo ed è questa l’unicità di Twitter, ed è qualcosa di difficile realizzazione dal punto di vista tecnico. Telegram, invece, ha saputo evolversi e diventare molto più di un semplice social network, un risultato che Musk probabilmente invidia profondamente.

Narcogram sbaraglia il dark web nella vendita di droghe online

Soprannominato dagli addetti ai lavori Narcogram, Telegram supera in quanto a volume di acquisiti di droga il dark web, a cui rimangono solo ordini di una certa importanza. Approfittando della notorietà della piattaforma e dell’utilizzo da smartphone, nascono tante piccole Amazon delle droghe. In Italia diventa il Glovo o l’UberEat delle sostanze proibite.

In qualunque città è possibile entrare in contatto con un plug, ovvero uno spacciatore moderno, non di quelli al parchetto, sempre attivo su Telegram e collegato a rider che si occupano delle consegne in città. Spesso i plug di cocaina, crack e hashish operano dall’estero e coordinano le consegne su una città o un quartiere totalmente impuniti grazie alla sicurezza del sistema.

Se vi dovesse capitare di sentire nominare il plug in qualche “canzone” trap che state disgraziatamente ascoltando, non confondetelo con un sex toy.

Canali di vendita droghe in italia con consegna postale o tramite rider. Fonte: Metatron Analytcs, WOM Srl

Gli americani e i russi cercano di accedere ai segreti degli utenti

In una delle rare interviste che ha concesso, Durov ha dichiarato che l’FBI ha cercato di corrompere un programmatore di Telegram per ottenere accesso alla piattaforma e ai dati degli utenti, un fatto che evidenzia l’importanza cruciale del controllo delle comunicazioni in un contesto geopolitico complesso. In Russia, il sistema di sorveglianza SORM III consente già al governo di monitorare gran parte delle comunicazioni dei cittadini, ma Telegram rimane una delle poche piattaforme al di fuori di questo controllo.

Le voci che girano sulla richiesta da parte della Francia di fornire le chiavi di decrittazione del protocollo MTProto sono false. Dal punto di vista di Telegram comprometterebbe in modo totale la sicurezza della piattaforma. Sarebbe come dare alle autorità un passe-partout universale. Pensiamo, per analogia, alle chiavi delle stanze di un hotel. Ogni stanza ne ha una, ma esiste un passe-partout che il personale può usare per accedere a qualsiasi stanza. Se Telegram concedesse un accesso del genere, significherebbe rendere la piattaforma vulnerabile non solo alle forze dell’ordine, ma anche a malintenzionati esterni, compromettendo così la privacy e la sicurezza di tutti gli utenti.

L’alternativa potrebbe essere l’implementazione di un sistema simile a quello adottato da altre piattaforme social che facilitano la collaborazione con le forze dell’ordine aprendo canali ufficiali e fornendo per esempio dati come indirizzi IP o numeri di telefono di singoli utenti che utilizzano la piattaforma per scopi illeciti, che è cosa ben diversa dal consegnare le chiavi di decrittazione di tutte le conversazioni.

Durante Euromaidan in Ucraina nel 2014 il governo russo ha chiesto a VKontakte di fornire i dati personali degli organizzatori delle proteste e di chiudere le pagine legate ai movimenti di opposizione. Durov ha rifiutato non per motivi politici, ma per difendere il diritto alla privacy degli utenti. Il rifiuto ha segnato l’inizio delle crescenti pressioni su di lui, culminate nella decisione di lasciare la Russia dopo che le forze governative hanno preso il controllo di VK, costringendolo a cedere le sue quote e ad abbandonare il Paese.

L’arresto: il genio ribelle e le conseguenze delle sue scelte

L’arresto di Durov a Parigi il 24 agosto  non è solo un colpo di scena degno di un film di James Bond, ma anche la naturale conseguenza di anni di tensioni tra il fondatore di Telegram e le autorità di vari Paesi. Durov ha sempre presentato la sua piattaforma come un bastione della libertà di espressione, ma le accuse a suo carico — tra cui pedopornografia, traffico di droga e riciclaggio di denaro — mostrano che, a volte, la libertà di parola cammina su un filo molto sottile.

È altamente plausibile che Durov fosse consapevole della possibilità di un arresto, considerando la sua lunga storia di scontri con le autorità. Giravano voci tra gli addetti al settore, tra Europol e C3N (ne parliamo più avanti) di un suo imminente arresto e di questo avevo scritto sul mio oramai defunto account di Twitter molti mesi fa.

Durov ha evitato di fornire informazioni alle forze dell’ordine di vari Paesi, proteggendo i dati degli utenti di Telegram anche a costo di attirare su di sé accuse gravi. La scelta di acquisire la cittadinanza francese, avvenuta nel 2021, potrebbe essere stata un errore strategico. Ha infatti finito per renderlo più vulnerabile agli attacchi legali da parte delle autorità francesi, portandolo al centro di un’indagine che lo ha costretto a confrontarsi con un sistema giudiziario meno permissivo di quelli a cui era abituato.

Arrivano i super hacker con la erre moscia

La storia dell’arresto di Durov è degno di una serie su Netflix ed è stato possibile grazie al lavoro della sezione J3 di Junalco, unità d’élite francese specializzata nella lotta contro la criminalità informatica. Questa unità, insieme al Centro per la Lotta contro i Crimini Digitali (C3N) e all’Ufficio Nazionale Antifrode (ONAF), rappresenta la punta di diamante della battaglia della Francia contro il crimine online. Utilizzando strumenti di analisi cibernetica avanzati e collaborando con agenzie internazionali, queste unità hanno dimostrato di essere estremamente efficaci nel tracciare e fermare attività criminali complesse nel cyberspazio.

E qui entra in gioco una considerazione cruciale: l’Italia dovrebbe prendere esempio dalla Francia. Da noi la lotta alla criminalità online è ancora troppo frammentata, con competenze distribuite tra varie agenzie e senza una vera e propria unità d’élite centralizzata. C’è urgente bisogno di creare una task force specializzata composta dai migliori hacker italiani ed esperti di social engineering, per rendere l’Italia leader nella lotta alla criminalità informatica.

Custode della libertà di espressione o rifugio per criminali?

Dopo essere stato costretto a lasciare la Russia a causa delle pressioni governative e del “sequestro” di VKontakte, Durov ha adottato una strategia di sicurezza personale che include l’acquisizione di multiple cittadinanze per proteggersi e restare in libertà. Tuttavia, con Telegram ha creato non solo un rifugio per chi cerca di sfuggire alla censura, ma anche una piattaforma che, purtroppo, è diventata terreno fertile per attività illecite, come del resto succede con tutte le attività che proteggono l’anonimato, vedi ad esempio le cryptomonete.

Le accuse di mancata collaborazione con le autorità riguardo alla pedopornografia, al traffico di droga e al riciclaggio di denaro hanno gettato un’ombra sulla piattaforma. Anche se Telegram non è pensata per essere una terra di nessuno dal punto di vista legale, la sua struttura e la resistenza di Durov a cedere alle richieste governative hanno creato un ambiente che, in alcuni casi, ha facilitato attività criminali. Durov, paladino della privacy, potrebbe aver sorvolato su alcune responsabilità fondamentali nel mantenere la piattaforma sicura per tutti.

Il paradosso della popolarità: Telegram continua a crescere

Paradossalmente, l’arresto di Durov ha prodotto l’effetto opposto a quello che le autorità probabilmente speravano. Invece di danneggiare la reputazione di Telegram, ha spinto l’app al vertice delle classifiche di download, con un incremento significativo di nuovi utenti. Questo non fa altro che rafforzare la posizione di Durov come innovatore ribelle, amato da milioni di utenti in tutto il mondo, ma odiato da molti governi.

La sua fortuna personale, stimata in oltre 11 miliardi di dollari, non sembra destinata a diminuire. Anzi, l’arresto ha contribuito a trasformare Telegram da un servizio di nicchia percepito da alcuni come rifugio per attività illecite in un vero e proprio social network di fama internazionale. E il rilascio su cauzione di 5 milioni di euro, potrebbe essere stato l’investimento migliore che Durov abbia mai fatto: un costo relativamente modesto per una marea di popolarità, considerando che è un personaggio che difficilmente concede interviste.

Il fascino del ribelle che cammina sul filo del rasoio

Beh, diciamocelo: Durov ci sta simpatico perché ha vissuto a Torino e ha saputo apprezzare il nostro Paese come pochi. Inoltre, con i suoi quattro passaporti, il suo profilo da Lupin III e la sua storia di ribellione contro i governi oppressivi, esercita il fascino del personaggio che sfida il sistema in modo audace. Senza contare che conduce una vita riservata e lontana dai riflettori, che sicuramente ha imparato a mantenere grazie all’esperienza in Russia, e questo aggiunge un alone di mistero che lo rende ancora più interessante.

Pavel Durov è uno di quei personaggi che continuano a sfidare il sistema, camminando sul filo del rasoio, tra legalità e ribellione. Forse ha fatto errori, ad esempio nella gestione dei contenuti illeciti sulla sua piattaforma, ma non si può negare che il suo impegno per la libertà di espressione abbia avuto un impatto globale. Mentre aspettiamo di vedere come si risolverà la sua vicenda legale in Francia, non possiamo fare a meno di chiederci: Pavel Durov è un eroe moderno della libertà digitale o solo un uomo che gioca col fuoco?

Perché ha sbagliato?

Ha sbagliato perché non ha aiutato a sufficienza le agenzie di sicurezza nella lotta ai criminali, tra cui i pedofili che purtroppo trovano rifugio su Telegram, che è diventato inoltre cassa di risonanza della propaganda pro-russa e no-vax.

La mancanza di collaborazione di Telegram con le forze dell’ordine europee ha creato una situazione incredibilmente complessa e frustrante per chi è incaricato di proteggere i cittadini, specialmente i più vulnerabili. Non fornendo un canale di comunicazione con le autorità, Telegram ha costretto gli investigatori a ricorrere a metodi laboriosi e costosi, come l’infiltrazione sotto copertura nelle chat della piattaforma. Questo approccio, per quanto ingegnoso, è molto elaborato, lento, stressante e si è rivelato spesso inefficace nel combattere i criminali e i pedofili che operano su Telegram, lasciando alle forze dell’ordine poche opzioni per agire in tempo e prevenire reati gravi.

Immaginate un gran numero di agenti costretti a passare ore all’interno di chat criptate, cercando disperatamente di entrare in contatto con criminali pronti a commettere atrocità, come abusi sui minori. Gli agenti si trovano a combattere contro il tempo e contro le barriere imposte da un social network che, in nome della privacy, si rifiuta di collaborare. Questo non solo rende le indagini molto più difficili, ma aumenta i costi in modo esponenziale, con risorse che potrebbero essere utilizzate più efficacemente se Telegram avesse adottato un approccio più responsabile.

Non sorprende quindi che, appena ne hanno avuto opportunità, le autorità francesi abbiano deciso di agire contro Durov, facendo scattare l’ordine di arresto e ponendo fine a quella che vedono come una latitanza di responsabilità da parte del fondatore di Telegram, puntando a far rispettare la legge e a proteggere i cittadini da minacce reali e immediate. E diciamolo, gli agenti del C3N, molti dei quali con un passato da hacker, si sono tolti qualche sassolino dalle scarpe, specialmente dopo che Durov nel 2019 ha rifiutato la proposta di Macron di trasferire la sede di Telegram da Dubai a Parigi. Forse quell’incontro gli è valso la cittadinanza francese, ma non ha portato Telegram in Francia.

Una cosa è certa, questa azione cambierà la percezione del senso di impunità dei titolari di social network e in questo momento conosco solo un social che è nelle mani di una sola persona… Ne vedremo delle belle.

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