Razzismo sistemico, la vera pandemia americana | Rolling Stone Italia
Politica

Razzismo sistemico, la vera pandemia americana

Le proteste per la morte di George Floyd ce lo dimostrano: il razzismo è la vera condizione pregressa degli Stati Uniti. E proprio come per le statistiche relative al coronavirus, il vero numero delle sue vittime è incalcolabile

Razzismo sistemico, la vera pandemia americana

Caroline Brehman/CQ-Roll Call, Inc via Getty Images

È passata solo una settimana da quando Derek Chauvin, che allora era ancora un agente della polizia di Minneapolis, ha premuto il suo ginocchio sul collo di George Floyd per quello che, catturato in video, è sembrato un tempo lunghissimo. In totale il tutto è durato 8 minuti e 46 secondi, e per quasi 3 di questi minuti Floyd era già privo di conoscenza e aveva smesso di dire “per favore, non riesco a respirare”.

Michael Freeman, procuratore distrettuale della contea di Hennepin dove si sono svolti i fatti, ha incluso la precisa scansione temporale nel fascicolo d’accusa che ha depositato venerdì. Chauvin, l’unico dei quattro agenti coinvolti nel caso che sia stato arrestato finora, è stato accusato di omicidio di terzo grado e omicidio preterintenzionale di secondo grado. Tutto ciò non ha fatto rallentare minimamente le proteste, forse perché ormai in gioco c’è ben più dell’omicidio di Floyd. Come  ha detto a Rolling Stone Patrisse Cullors – stratega politica, fondatrice di Reform LA Jails e tra i fondatori del movimento Black Lives Matter – dopo l’arresto di Chauvin: “per fare in modo che la polizia risponda davvero delle sue azioni dopo tagliargli i fondi e devolvere quei soldi al sistema sanitario nazionale. La nostra economia ha dato la priorità alla violenza e al terrore rispetto alla salute”.

L’affermazione di Cullors ha sottolineato il fatto che la violenza poliziesca resta parte di una crisi sanitaria. Questo aspetto è stato molto evidente anche nelle conclusioni preliminari dell’autopsia di George Floyd effettuata dal medico legale della contea, che appare alla fine del fascicolo depositato da Freeman: “non sono state trovate evidenze fisiche a supporto di una diagnosi di asfissia traumatica o strangolamento. Il signor Floyd aveva condizioni di salute presistenti, tra cui una malattia delle coronarie e l’ipertensione. L’effetto combinato dell’essere stato immobilizzato dalla polizia, delle sue condizioni di salute presistenti e di potenziali sostanze intossicanti nel suo organismo ha contribuito alla sua morte”. (La famiglia di Floyd ha richiesto un’autopsia indipendente, e i suoi risultati pubblicati ieri hanno contraddetto quelli del medico legale della contea. In questo caso la morte è stata il risultato di “asfissia causata dalla riduzione del flusso sanguigno al cervello”, con la pressione esercitata sul suo collo e sulla sua schiena come fattori scatenanti).

Un singolo arresto non sarebbe mai stato abbastanza per fermare la ribellione in corso in tutto il Paese contro il razzismo sistemico e le forze di polizia. Ma prima di arrestare o portare in tribunale uno qualsiasi degli altri tre agenti coinvolti nel caso, il procuratore distrettuale ha deciso di guardare lo stato di salute della vittima.

Se dobbiamo esaminare chi e cosa abbia ucciso George Floyd dobbiamo parlare di razzismo, la condizione di salute pregressa degli Stati Uniti d’America. È una pandemia culturale che contnua a uccidere il Paese e che sta facendo marcire l’idea stessa di America dai tempi della schiavitù, oltre 400 anni fa. Com’è stato per coloro che in tempi antichi sono stati sfruttati per il loro lavoro per costuire gli Stati Uniti, le cause della morte di questo Paese sarebbero state naturali se non ci fosse stato il razzismo come condizione pregressa.

Oggi, coronavirus e polizia sono minacce letali per i manifestanti. La pandemia di COVID-19 continua a uccidere i neri in modo sproporzionato negli Stati Uniti, tre volte più dei bianchi. Per quanto riguarda la violenza della polizia, il tasso è pià variabile: i neri in Minnesota sono il 20 percento di tutte le vittime della polizia nonostante siano appena il 5 percento della popolazione. Sia il virus che la violenza poliziesca sono state state armi rivolte contro la popolazione nera in modo molto aperto ultimamente. Quante persone hanno deciso di correre rischi con il virus in occasione del finesettimana del Memorial Day, fregandosene dei pericoli per le comunità nere? Quanti di loro si sono uniti alle proteste questa settimana, affermando di lottare per i diritti dei neri? Quanti poliziotti hanno sparato lacrimogeni durante una pandemia di un virus che colpisce il sistema respiratorio, rendendo ancora più attuale la frase simbolo “non riesco a respirare”? 

Il pericolo spropositato corso i neri durante la pandemia non è stato abbastanza per tenere i ristoranti e i negozi chiusi e le persone isolate e mascherate, ma oggi le autorità di diverse città stanno ordinando coprifuochi e le aziende chiudono e rinforzano le loro vetrine per paura di proteste che finora sono state in larghissima parte pacifiche. E i governi cittadini stanno pagando gli straordinari alle forze di polizia, dedicando i loro ridotti budget a proteggere la proprietà privata e non le persone. Tutto questo succede mentre manifestanti bianchi con armi da guerra hanno costretto i legislatori ad aprire le sale da bowling e i parrucchieri mentre il potere non batteva ciglio, e chiaramente nemmeno la polizia. 

A fasi alterne nella loro storia, gli Stati Uniti hanno sofferto di un aperto rifiuto o un’inabilità collettiva a risolvere o perlomeno a riconoscere il problema del razzismo, in particolare all’interno delle forze di sicurezza. Da nessuna parte il problema è più evidente, forse, che nella dipendenze delle città da una sistema di sicurezza che dev’essere completamente ripensato. I soldi che le città e gli Stati potrebbero usare per ricostruire le loro comunità vengono invece spesi in sempre più repressione. 

Se i Repubblicani in particolare promuovono la violanza poliziesca, i politici di ogni colore le forniscono finanziamenti per cifre di oltre 100 miliardi di dollari l’anno. Solo a Minneapolis, una forza di polizia che dal 2013 al 2019 ha ucciso i neri a una media 13 volte più alta dei bianchi ha ricevuto nello stesso periodo continui aumenti di budget dal sindaco Jacob Frey – lo stesso che il Presidente Trump oggi vorrebbe farci crede sia un liberal che ha paura di andarci pesante con le proteste. Solo l’anno scorso, il sindaco Democratico di Minneapolis ha aumentato i fondi del dipartimento di polizia della città di 2,4 milioni di dollari allo scopo di assumere altri 14 agenti. “Sappiamo che ogni dollaro che diamo alla polizia è un dollaro che non stiamo investendo nella prevenzione della violenza”, aveva detto a WCCO-TV un membro di Reclaim the Block Coalition in quell’occasione.

La natura corrosiva del razzismo è evidente non solo nel comportamento della polizia ma anche in quello dei singoli individui. Quel video diventato virale qualche settimane fa in cui si vede una donna a Central Park, a New York, che tiene al guinzaglio il suo cane mentre minaccia di chiamare la polizia contro Christian Cooper, un nero che stava facendo birdwatching, è spaventoso com’è spaventosa la beata apatia dei bianchi che stanno seguendo le indicazioni di Trump sulle riaperture negli Stati Uniti nel bel mezzo di una pandemia. La disoccupazione è alle stelle, una crisi abitativa è dietro l’angolo e l’impatto di tutto questo è peggiore per le comunità nere. Nello stesso momento, l’intero paese sta a seguire le sparate del Presidente su Twitter.

Il suprematismo bianco di questi tempi, unito alla natura grottesca dell’omicidio di Floyd, ha reso le proteste di piazza un fenomeno nazionale con dimensioni che non si vedevano dalla rivolta di Ferguson sei anni fa. Il presidente ha più volte aizzato la polizia a commettere ancora più violenze e ha condannato i manfiestanti chiamandoli “thugs”, “teppisti”. Ha persino minacciato di violare il Posse Comitatus Act e mandare l’esercito nelle città americane per far reprimere le proteste con le armi. Già nel 2017, durante un discorso alla polizia, Trump aveva incoraggiato gli agenti a commettere violenze; oggi vede le proteste che diventano violente come risposta ai metodi spicci che lui stesso ha detto alla polizia di utilizzare. Per un breve momento questo weekend Trump è andato a nascondersi nel bunker sotto la Casa Bianca. Era davvero in pericolo? Ma per favore. La sua era una sparata da reality show, solo fatta dal Presidente degli Stati Uniti. Piuttosto che guidare il Paese, Trump preferisce nascondersi e fare la vittima – anche se il brutale omicidio di George Floyd è ancora fresco nella nostra memoria.

Il comportamento di Trump durante questa crisi dovrebbe ricordarci di quanto sia poco patriottico il suprematismo bianco, perché le persone che vogliono migliorare questo Paese sono quelle in piazza, indignate per ciò che è successo a Floyd, a Breonna Taylor e a moltissimi altri. (Possiamo parlare di quando presunti infiltrati stiano rendendo le cose più difficili per i manifestanti pacifici, ma i veri “infiltrati” sono i poliziotti come Chauvin, che per la maggior parte non vivono nei quartieri in cui operano).

Il fatto che per tutta la sua storia la violenza sia sempre stata la chiave per ottenere progresso e unità è una prova di quanto ci sia da correggere negli Stati Uniti. Il razzismo ha costituito questo Paese sin dalla sua fondazione e per tutta la sua crescita. Porre fine a quest’influenza, sia dal punto di vista personale che sistemico, è un lavoro di demolizione. Ciò che vediamo nelle proteste di oggi sono le lezioni apprese nella lunga storia di rivoluzioni in questo paese,  da persone che capiscono che senza commettere violenza non sono mai stati ottenuti diritti di nessun tipo. Non è più una questione di quanto e se i bianchi tollereranno le nostre morti per mano della polizia – o del coronavirus, per quel che vale. I neri sono stanchi di morire senza che importi a nessuno. Gli Stati Uniti sono in fiamme oggi perché la stessa forza che uccide i loro cittadini neri sta anche facendo marcire le loro radici.

Proprio come per le statistiche relative al coronavirus, il vero numero delle vittime della violenza poliziesca è incalcolabile. Settimane come quella appena trascorsa esauriscono la forza spirituale delle comunità nere. I genitori di bambini neri hanno pianto di paura, lo stress di tutto ciò ha messo in pericolo la loro stessa salute. Sarebbe facile dare la colpa della differenza di mortalità tra americani bianchi e neri – che dipendente anche dal genere – a differenze di alimentazione o a differenze salariali, anche se persino quelle sono influenzate dal razzismo sistemico e hanno il loro ruolo. Ma il dolore e la paura degli americani neri, che sanno che non possono protestare pacificamente per una riforma della polizia senza che la stessa polizia li tratti ancora peggio sono cose vere, tangibili e onnipresenti. Le vediamo nei rampanti e spesso immotivati abusi subiti da manifestanti, semplice passanti e persino giornalisti.  

Ma agli americani basta guardare, se riescono, il video dell’omicidio di Floyd per avere la prova di quanto corrosivo può essere il razzismo sistemico. Nonostante la famiglia di Floyd voglia presentare contro Chauvin accuse ancora più gravi sostenendo che abbia avuto l’intenzione di uccidere, è ancora più disturbante pensare che probabilmente non è stato così. Probabilmente non aveva l’intenzione di uccidere, semplicemente non gli importava nulla di uccidere o meno George Floyd. Chauvin ha tenuto le mani in tasca per tutto il tempo mentre premeva con il ginocchio sul collo di Floyd fino a ucciderlo. Il che sottolinea solo quanto poco sia rilevante l’intenzione nel commettere un atto razzista del genere. Razzismo non vuol dire odiare la tua vittima. Vuol dire non considerla nemmeno un essere umano.