Meno venti. Entro il 2040 il New York Times, il quotidiano più famoso del mondo, scomparirà dalle edicole. O almeno questa è la profezia, con un che di apocalittico, fatta da Mark Thompson, amministratore delegato dell’azienda che gestisce l’importante brand giornalistico.
La previsione tiene conto di quanto è successo al New York Times dall’inizio del 2020. Per due trimestri di seguito i guadagni generati dalla parte digital del giornale hanno superato quelli del quotidiano cartaceo; in meno di sei mesi hanno scelto di sottoscrivere un abbonamento digitale al New York Times più di 660mila nuovi lettori e il 25% di loro ha deciso di investire sui canali verticali, come quello della cucina, del network informativo.
“Il New York Times è stato uno dei primi giornali a prevedere una sottoscrizione per la sua parte digitale”, sottolinea Marianna Bruschi, giornalista della divisione digitale del Gruppo Gedi e autrice di Unicorni in Redazione, un podcast che racconta l’evoluzione, ancora in corso, del giornalismo attraverso testimonianze di professionisti operanti all’estero o che si sono distinti in Italia. “Hanno dedicato tempo alla ricerca del modello che oggi risulta essere un caso di successo a livello internazionale. In Italia, da questo punto di vista, siamo ancora alla fase 1, di studio”.
“Il lettore vuole essere ascoltato senza dover fare, per forza, una domanda esplicita”, continua Bruschi. “Ha bisogno di un’informazione che sia vicina a ciò che affronta ogni giorno. Questo trend si è visto bene durante il lockdown. In quel periodo c’è stato una copertura informativa senza precedenti a livello nazionale. Nonostante ciò i siti locali hanno avuto un exploit perché hanno saputo offrire tutte quelle informazioni che i media più grandi non riuscivano dare. Le redazioni devono cogliere i temi, i problemi e le necessità del territorio”.
La fruizione di notizie locali è in costante aumento in Italia. Le testate riconducibili al Gruppo City News – quello dei vari “today”, come MilanoToday, NapoliToday e via dicendo – sono seguite, solo su Facebook, da 12 milioni di persone. Di questa audience fanno parte i 750mila utenti che si sono registrati ai singoli siti. Per capire il reale impatto di questa specifica tipologia di notizie è sufficiente prendere in esame le copie cartacee e digitali vendute dai più importanti quotidiani italiani che, in media, raggiungono tra le 40mila e le 180mila persone ogni giorno.
“È necessario stare dove ci sono le persone”, spiega Bruschi. Quindi anche su TikTok, per esempio, dove il Washington Post per primo ha aperto un canale apposito dove fa video divertenti come quelli che vanno forte sul social, solo con il suo brand. Tramite questo canale, il quotidiano raggiunge quasi 600mila persone e ha macinato dalla sua apertura più di 24 milioni di like. Il Washington Post su TikTok è figlio della strategia di Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, che da quando ha rilevato il quotidiano nel 2013 ne ha risanato le disastrose finanze e l’ha fatto crescere portando, nei tre anni successivi, 60 nuove assunzioni – un allargamento del team che è stato necessario per gestire appunto novità come TikTok o le newsletter tematiche, uno dei tanti nuovi servizi lanciati dal giornale.
“La newsletter risponde a un’esigenza specifica del lettore che oggi trova più comodo ritrovare nella propria posta un contenuto accurato che può leggere quando ritiene più opportuno,” spiega ancora Bruschi. “L’informazione oggi è liquida”. E infatti, dall’inizio del 2020 e a causa anche della pandemia, gli utenti che usano questi specifico strumento sono aumentati del 10% rispetto all’anno precedente. Un altro settore in crescita è quello dei podcast. “I podcast si adattano alle esigenze delle persone che mentre si spostano faticano a leggere o a guardare un video”. Il 70% dei podcast, infatti, viene ascoltato da mobile.
Il cambio di scenario impone quindi inevitabilmente un cambio di skills. Come ha raccontato Federica Cherubini del team Digital News Project presso l’Istituto Reuters, all’estero sono in aumento le figure ponte che hanno sia una formazione giornalistica ed editoriale che abilità riconducibili al marketing. Dopo anni e anni passati a raccontare il multitasking altrui, insomma, è arrivato il momento in cui anche i giornalisti ci si devono adattare se vogliono continuare a fare il loro lavoro.